Un’aurea trattazione, che dice tutto dell’islam
come lo conosciamo alla prima pagina, benché risalga al 1980: “In un’era come
la presente, nella quale il sentimento religioso sembra in molte parti del
mondo affievolirsi notevolmente, l’Islam è fra le religioni una delle più
attive e vitali”. Ma dire l’islam una religione è improprio: “Dīn “(che usualmente si traduce poco
esattamente come «religione» nelle lingue occidentali) è qualcosa che abbraccia
sia la nostra religione sia la nostra politica, è regola di vita, legge, mentre
le mancano le connotazioni sacerdotali-ritualistiche”.
Dice anche, sempre nell’introduzione, come
avrebbe potuto, potrebbe, essere un altro islam: “L’islam ha subito fin dalla
seconda metà dell’Ottocento una profonda rielaborazione ad opera di quel
«modernismo» che, al contrario del movimento cattolico dallo stesso nome, non
presenta, dal punto di vista islamico, caratteri di vera e propria «eresia» ed
è andato sempre più conquistando ampi strati – anche popolari – di musulmani”.
Del “nuovo” islam trattando all’ultimo capitolo, sulla contemporaneità, ma il
libro è del 1980. Due ispiratori enucleando, Mohammed Iqbal e Moahmmed Abduh, poi
annegati dall’onda fondamentalista del khomeinismo – e dalla rincorsa antisciita,
antiraniana, del wahabismo in funzione pilota dei sunniti. Che sono, dice subito
Busani, il 90 per cento dei musulmani. E non sono anti-occidentali, si può aggiungere,
ma sì per battere il khomeinismo anche su questo terreno. Prorio mentre il
khomeinismo si accorda con l’Occidente… - non bisogna divagare, la
levantinizzazione è sempre in agguato nel mondo islamico prossimo.
In sei capitoli vengono esposte e
comentate la teologia, la legge, la mistica, le comunità non sunnite, specie lo
sciismo, la storia, la modernizzzione.Con un’utile guida alle trascrizioni
fonetiche. Un’appendice dello stesso Bausani sul movimento Bahai, derivato
dell’islam, cui lui stesso apparteneva. E due aggiornamenti a cura di Stefano
Allievi, al 1998: la bibliografia disponibile e “L’islam nel mondo”, un atlante
ragionato.
Alcune notazioni si segnalano ancora
oggi come “nuove”. Partendo dai fondamentali. “Caratteristica dell’islam” è
“l’assorbimento della teologia nella legge”: “Chiamare la legge religiosa
dell’Islam, la šarī’a, «diritto
musulmano» o «dirito canonico» è piuttosto equivoco”, e limitatvo, la šarī’a si occupa di tutto, dalle decime
alle pulizie corporali, nonché del culto e della preghiera. Sunna è propriamente “modo di fare” e
“modo di vita”, ed è “l’insieme del «contegno del Profeta» espresso con detti e
fatti tramandati dalla tradizione”, compresi “i silenzi del Profeta”.
Che altro? Gli studi islamici di
astronomia erano esatti e avanzati nel modo arabo e islamico fino al XIImo
secolo. Omar Khayyam era un matematico e astrologo. Il poeta pakistano Mohammed
Iqbal, capofila della scuola modernizzatrice del sub-continente indiano,
auspicava, prima del diluvio khomeinista e integralista, un “ritorno” del mondo
islamico alle radici razionaliste e attivistiche delle origini, il fatalismo e
la rassegnazione imputando agli influssi “greci”, alla penetrazione profonda,
nell’islam del X-XI secolo, del neo platonismo.
Su questo punto, però, la tesi del poeta
confligge con la storia. La cosa è notoria, e lo stesso Bausani precedentemente
la spiega, documentando “l’introduzione nel mondo islamico della filosofia e
della terminologia greche, attraverso il grande flusso di traduzioni” in arabo,
“opera per lo più di cristiani, che va dall’VIII al X secolo”. E attraverso i
Sabei di Harran, Alta Mesopotamia, comunità ellenistica che combina l’antica religione
astrale babilonese con la gnosi: parlavano arabo, e traducevano dal greco e dal
siriaco – era Sabeo il grande astronomo Al Battani (m.929). Ma è vero che la
tradizione greca che veicolavano era platonizzante.
L’islam è in sé meno fanatico degli
altri monoteismi. La teologia, pur ovviamente trascendentista, non è
irrazionalista. Le stesse leggi e il “messaggio del Profeta”, che ne sono
l’ossatura e vanno credute per fede nelle questioni escatologiche, di vita o di
morte, debbono essere credute se e finché non ripugnano alla ragione. Sono
pratiche e non sacramenti i suoi cinque pilastri: la professione di fede, la
preghiera, l’elemosina rituale, il pellegrinaggio e il digiuno – la professione
di fede è come il giuramento in tribunale, e basta per entrare nella
“comunità”.
Giusta anche la valutazione storica
del’islam, la cui espansione Bausani presenta come miracolosa: “Un espandersi
che in pochi anni (632-650) causò il crollo di una delle due maggiori potenze
mondiali di allora, l’Impero Persiano, e sconfitte e perdite territoriali
enormi all’altra, l’Impero Bizantino (paradossalmente è come se oggi l’Albania
sconfiggesse la Cina e l’Unione Sovietica!)”.
La condizione odierna della donna è
invece sicuramente oppressiva. Il velo non è precetto, è notorio, né nel
“Corano” né altrove. Anzi la donna deve
avere il volto scoperto nella preghiera, nel pellegrinaggio, e davanti al
futuro marito. Bausani, si spinge a dire che “l’Islam è, in genere,
antifemminista come il Cristianesimo”. Ma la donna non è nel cristianesimo,
nemmeno nel diritto canonico, “oggetto” di diritto.
Alessandro Bausani, L’islam, Garzanti, pp.223 € 13
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