Bovary – È Flaubert, non è
Flaubert? Piperno, francesista, opina per il sì, come tutti. Ma, aggiunge, “se
ne vergognava da morire”. In realtà lo dice e non lo dice, perché ala fine paga
un tributo all’uso del discorso indiretto libero, mediante il quale umilmente
si calava nei panni dei suoi personaggi. Ma poteva andare più oltre: nei racconti
adolescenti Flaubert prospetta esplicitamente, li “dice” mentre li abbozza, i
suoi futuri “eroi”, Bovary, naturalmente, e Bouvard e Pécuchet, e anche i confusi
protagonisti di “L’educazione sentimentale”.
“Il racconto dei primi battiti del cuore”,
a quindici anni, scritto a diciotto, con trasporto, dà questo risultato tra i
pensieri: “Quanto alla virtù delle donne, ci credo più io di tanti campioni di
moralità, perché credo all’indifferenza, alla freddezza e alla vanità di cui
quei Signori non tengono conto”. È una delle “Memorie di un pazzo”. Fra tante
banalità, il giovane “pazzo” covava già Bovary. In quanto Federico,
nell’“Educazione sentimentale”, sarà “l’uomo di tutte le debolezze”, sfrontato
ma timido – e, aggiunge Thibaudet, “l’uomo che sogna la sua vita”.
Emma ricorre
ancora di più - sotto le spoglie, assicurano i biografi, di Mme Schlesinger, Elisa,
una delle tante fiamme del giovanissimo scrittore – in un racconto dei sedici
anni, “Passion et vertu”. Un “racconto filosofico”.che la verità dell’amore
cerca nella donna giovane, sposata e in trepida attesa: “C’è nelle grandi città
un’atmosfera corrotta e avvelenata che vi stordisce e vi inebria, qualche cosa
di pesante e di malsano, come queste grigie nebbie della sera che planano sui
tetti. Mazza (la protagonista, n.d.r.) aspirò quest’aria di corruzione a pieni
polmoni, la sentì come un profumo e per la prima volta; comprese allora tutto
ciò che c’era di largo e d’immenso nel vizio, e di voluttuoso nel crimine”. Il racconto
è, stringato e crudo, quasi un manifesto, un’anticipazione degli spasmi di Emma
Bovary – Élisa-Mazza-Emma, non è nemmeno un gioco per enigmisti Seppure in
forma qui di femminicidio, per quanto consentaneo - il ragazzo è geloso, cattivissimo..
Scrivere era del resto la “natura”
di Flaubert, il suo unico piacere, e in questo senso tutti i suoi personaggi
sono egli stesso – non potrebbe non usare il discorso indiretto libero perché
non scriveva altrimenti, oggettivando distaccato. Uno
che non può fare altro ma sente la scrittura come una fatica. Un giorno. Un
altro sente il desiderio di scrivere montare “come eiaculare”, scrive a Louise
Colet - “come fottere” a Taine.
.
Consigli – Di una
cinquantina di titoli dello “Speciale Estate” di “Tuttolibri”, pure
accompagnati dalle letture di una decina di scrittori, nessuno alletta – eccetto
i soliti noti e quasi classici, Amelia Rosselli, Flannery O’Connor, Gozzano. È come
dirsi fuori del tempo? Cioè sorpassati, non più in grado di capire, pur essendo
magari lettori onnivori. O fuori delle scelte dell’industria editoriale – le
case editrici devono pur vendere quache copia del “loro” autore.
Consumi – La “società
dei consumi” non viene col boom, con
gli anni 1960, ma con la prima guerra mondiale. Keynes, “Le conseguenze
economiche della pace”, trova nella grande guerra le radici della licenza sessuale:
“Più la guerra durava, più forte imponeva la sua impronta alla vita sessuale. …
L’onorabilità borghese era a mille anni luce”. E della scelta di consumare più
che di risparmiare: “La guerra ha svelato a tutti la possibilità del consumo, e
a molti l’inanità dell’astinenza… Le classi lavoratrici possono non più voler
praticare una così larga rinuncia. La classe capitalista, avendo perduto
fiducia nell’avvenire, può cercare di godere il più completamente delle sue
possibilità di consumo finché durano”.
Dizione – Dario
Fo, novant’anni, regge per due ore di fila una platea di tremila persone, in
una cavea all’aperto, microfonato certo ma sempre ben udito, distinto, in ogni
singola battuta dei suoi monologhi. Applaudito per questo in continuazione, capito
cioè e seguito minuto per minuto. Perché rispetta la dizione. Con la quale si è
formato: un attore è uno che si fa ascoltare. Recita per essere ascoltato più
che visto. Tutto il contrario della recitazione quale si presume da qualche
tempo, di attori che voltano le spalle, parlano fuori scena, mugugnano e fanno
un’arte di mangiarsi le parole invece di dirle. Specie le attrici. Queste per
un difetto forse di glottide, o forse di scuola – ammesso che la attrici vadano
a scuola, quando basta la bella figura. Un difetto fastidiosissimo al cinema,
di cui rompe ogni carisma – sarà per questo che non ci sono più grandi attrici italiane:
l’occhietto non è tutto, o la coscia.
Fanno
corsi di dizione oggi i politici, i manager, anche i semplici venditori porta a
porta, perché è parte di una corretta
(proficua) presentazione. Che è importante in molte professioni, ma non più,
evidentemente, nella recitazione.
Grande guerra - Glucksmann
sintetizza “La guerra come esperienza interiore” di Ernst Jünger come “una
filosofia della Grande Guerra” – non facendosi illusioni sulle “«esperienze
interiori» che animarono le due grandi ondate sterminatrici, rossa e nera”. Alla
quale curiosamente un altro pensatore-scrittore, egli pure coscritto in guerra,
può appaiare a sorpresa, Teilhard de Chardin. E perfino Keynes, che in realtà
indaga “le conseguenze psicologiche della guerra” sotto il titolo “Le conseguenze
economiche della pace”.
Teilhard
de Chardin ha molte pagine sulla guerra, raccolte in “Écrits du temps de la
guerre (1916-1919).. La più sorprendente è: “L’esperienza indimenticabile del
fronte è, a mio avviso, quella di una immensa libertà”. Che si acquisisce in
una sorta di denudamento, o spossessamento. La vita civile e la condizione di sodato
sono come il giorno e la notte: “Man mano che il retro sbiadisce in un lontano
più definitivo, la tunica ingombrante e divorante delle piccole e grandi
preoccupazioni di salute, di famiglia, di successo, d’avvenire… scivola tutta
sola dall’anima come un vecchio vestito. Il cuore fa pelle nuova”. Ma senza
perdere il senso del reale: “Ho sentito su di me il peso di un isolamento
terminale e definitivo, lo sconforto di quelli che hanno fatto il giro della
loro prigione senza trovarle via d’uscita…. Questa sera, nello scisma sanguinoso
che divide attualmente il mondo senza ricorso possibile ad alcun arbitro… ho
visto i bordi dell’umanità – ho visto il nero e il vuoto attorno alla terra”.
Interpretazione – Eo, che
da ultimo la criticava – ne criticava gli eccessi – ci ha sempre sguazzato. È come
dice Rorty, ironico senza ironia, già a proposito del “Pendolo di Foucault”,
che si sciroppò per intero: “Eco, decisi, ci sta dicendo che ora è in grado di
godere dei dinosauri, delle pesche, dei bambini, dei simboli e delle metafore
senza avere bisogno di tagliarne i morbidi fianchi alla ricerca di armature
nascoste” (“Il processo del pragmatista” in “Interpretazione e sovrainterpretazione”).“È
finalmente disposto”, continua Rorty, “ad abbandonare la sua lunga ricerca del
Piano, del codice dei codici”.
Inviato speciale – Un Montale
del 1949 su St. Moritz, riletto isolatamente sul “Corriere della sera”, è
desolante – St.Moritz è finita, niente più soldi, niente più avventure dello
spirito, e forse, chissà, niente più neve né ghiacciai (d’estate non si sa). Di
maniera, cioè: l’inviato scrive quello che il lettore si aspetta - quello che
lui o il suo direttore dicono che il lettore si aspetta. Chiunque altro avrebbe detto che il 1949 era
ancora tutto sommato un anno di dopoguerra, l’Autore no.
La stessa impressione non danno le corrispondenze di Montale in
volume. Dove invece si legge in scioltezza, brillante se non veritiero, col
gusto comunque dell’Autore, da centellinare e non scorrere e buttare. C’è l’autore in dettaglio e l’autore in bulk?
Plagio – Fra le tante
chicche, di cui la sua corrispondenza non
mai avara, Flaubert si scopre inavvertitamente plagiario. Di Balzac,
quando infine trova il tempo di leggerlo: una scena
di “Bovary” è uguale nel “Medico di campagna”, scrive, mentre “Louis Lambert”,
personaggio e titolo di un altro romanzo di Balzac, non è altri che l’amico suo
diletto morto giovane Le Poittevin, e
comincia “con una frase di «Bovary»”.
letterautore@antiit.eu
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