Dunque,
la Cina deve vincere a Rio la maratona, la gara dell’Olimpiade - o in difetto la 50 km. di marcia. Ci saranno per
la prima volta gli atleti “rifugiati”. I transessuali. E quelli 2.0, tutti selfie e, se donne, nude. Con un po’ di
antirussismo, non molto. Un’Olimpiade “laica”, come si vuole il Brasile dalle
fondazioni, cioè à la page, tutta
politicamente corretta. Ma non è un’Olimpiade politicizzata, non come quelle
della guerra fredda, Mosca, Los Angeles. È l’Olimpiade del business.
Un
business che si presenta con la bionda polposa Darya Igorievna Klishina, la
russa di Florida che salta più lungo di tutte, e quindi dotata di favolose
sponsorizzazione, per lei e per la società che la promuove, la Img – è Img che
ha cerato Klishina, come una star dello spettacolo, o dello sport spettacolo. Al
limite basso, dei poveretti, la trasferta carioca di un atleta in gara costa 20
mila dollari. Si spiega anche “la Cina”: da sola, con tutti i cinesi della
diaspora, dall’Oregon all’Australia e mezza Asia, raddoppia la audience.
Ma
è un mercato, Klishina compresa, che si anima di corruzione. Nelle vicende
della Iaaf, la federazione dell’atletica, la serie di discipline che resta
comunque al centro dell’Olimpiade. Una federazione dove fno a qualche mese fa
rubavano tutti, quindi molto provvista, benché dilettantesca. E si continua a
rubare ora, non più alla cassa ma col traffico delle influenze, con l’uso spregiudicato
del doping, e dell’antidoping – l’ascolto del docufilm di Bolzoni-“la
Repubblica” è agghiacciante.
Con
l’atletica russa allo sbando, “la Cina” vincerà molte medaglie, grideremo al
miracolo, e il circo continuerà.
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