domenica 21 agosto 2016

Secondi pensieri - 274

zeulig

Ateismo – È europeo, con appendici americane europee. L’Europa non ha mai prodotto una grande religione. Anzi, forse nessuna, a parte il culto dendrico ellenico, incrementato del sacrificio umano nel druidismo.

Ermeneutica – L’interpretazione – la critica – è illimitata e decisiva a partire da Schlegel: “Il critico deve delineare e inventare nuovi significati nell’opera d’arte che ha davanti. Quando questo non è più possibile, l’opera d’arte ha esaurito la sua vita interiore”. Fino a Walter Benjamin compreso, che tanto fu colpito da Schlegel – prima dell’alluvione decostruzionistico.

È curioso che nei suoi tanti scritti sull’interpretazione Eco non citi mai Benjamin, né Schlegel – una sola volta, in liste di autori.

Feticismo – Degli oggetti (merce) inerti è più forte che non di un essere animato, Walter Benjamian ha visto giusto. Più del pet e anche di un umano amato. È un’acquisizione che non pone alterità. Ed è più pratica, e di per sé immortale, a meno di perdita o incidente, o di furto. Ma è una funzione (pulsione) precedente alla “civiltà dei consumi” alla quale si imputa – il business dei consumi si si è conformato su di essa.

Futuro – “Tutto il futuro è passato” (W.Benjamin). Non si saprebbe concepire altrimenti. Ma di un passato incompiuto o scontento. E questo vale per la comunità (storia), che sempre progetta un futuro, come per il singolo – ancora Benjamin: “Il passato delle cose è il futuro del tempo dell’ «Io»”. Ma non il presente – il passato – contiene ne il futuro: lo prospetta, e lo necessita anche.
È molto della storia, il rinnovamento. C’è un passato in quanto c’è e ci sarà un futuro. I famosi posteri della gloria che ci tengono in vita. La memoria.

Giuda – Va col tradimento. Che oggi si nobilita, almeno nella figura sua propria, del Giuda vero o originale. Come quello che ha “fatto” il cristianesimo, ha permesso al cristianesimo di realizzarsi. Per aver portato Gesù alla Croce. Si direbbe un tradimento del tradimento.

Il capovolgimento non è nuovo, era opera dei vangeli gnostici, dai quali Borges e Caillois l’hanno ripreso. Via probabilmente De Quincey, che l’ha proposto un secolo e mezzo fa.
Il Giuda salvatore era “un’ipotesi tedesca” per De Quincey, un secolo e mezzo fa, “Giuda Iscariota”: “Giuda Iscariota condivise la comune delusione degli apostoli circa il regno terreno che, con l’avallo e gli auspici di Cristo, essi credevano predestinato e prossimo a maturazione per il popolo ebreo”. Decise allora di provocare il Cristo all’azione (alla crocefissione), di “comprometterlo”.
Come i suoi “fratelli apostoli”, così De Quincey sintetizza l’“ipotesi tedesca”, Giuda era calato nel “vecchio progetto biblico”, del Messia liberatore politico: “Nella loro mente, come nella sua, non si era ancora fatta strada l’intuizione della vera grandezza del messaggio cristiano”. Gesù era  il messia: “Attraeva a sé le folle”, e questo è il segno più sicuro della sovversione, ciò che più turba i poteri, quale ne sia la ragione, verità o dubbio: è “la paura del cambiamento” che “turba i monarchi”. Dunque, il Cristo è un rivoluzionario mancato. Non fosse stato per Giuda, che lo convince al sacrificio di sé.
Per lo stesso motivo poi Giuda finì male, suicida. Ma, benché suicida, De Quincey vuole che non si condanni. “Quanto più Giuda fu incline all’audacia, tanto meno può essere sospettato di ambiguità. Credeva di realizzare i più intimi propositi di Cristo”. E insieme “i desideri e le aspirazioni segrete della plebe di Gerusalemme”. C’è il male che nasce dal bene.

Giuda si suicida quando perde la fede, argomenta Amos Oz, che al personaggio, assente e anzi tabù nella tradizione ebraica, ha ora dedicato un romanzo – non storico, un romanzo di idee. Dopo aver spinto Gesù alla crocifissione, non regge all’idea del figlio di Dio morto.
In realtà, nel romanzo di Oz Giuda c’entra come provocazione, del traditore a fin di bene – lo stesso Oz essendo spesso qualificato in Israele di traditore per la sua posizione pacifista. Ma lieve. E più come una citazione, divertita e non, di Scholem Asch, scrittore yiddisch, polacco emigrato negli Usa – Shemuel Asch si chiama il protagonista di Oz, uno studente in crisi. Asch nel 1939, nel romanzo “Il Nazareno”, ne fece l’agente del Cristo: Giuda tradisce perché Cristo ne ha bisogno per completare il suo disegno.

Individuo – Si celebra perché è scomparso? A un qualsiasi analista o viaggiatore nell’ateismo, il sistema sovietico, per esempio Corrado Alvaro, la notazione era di rigore: “Il cristianesimo rimane sempre l’origine della concezione dell’individualità umana… Socialmente, oggi, è la fine della concezione cristiana dell’individuo; il bolscevismo fa dell’individuo un prodotto sociale, una conseguenza fisiologica e ambientale”. Il liberismo pure.

Opera aperta – È tipicamente la filosofia, opera della ragione.

Pace e guerra –Nello studio delle Relazioni internazionali ora in disuso, si erge ancora apodittico il voluminoso “Paix et guerre entre le nations” di Raymond Aron, 1962 – giunto rapidamente alla quarta edizione e poi scomparso anch’esso, come tanto altro nel 1968. “La teoria delle relazioni internazionali parte dalla pluralità dei centri autonomi di decisione, dunque dal rischio di guerra e, da questo rischio, deduce la necessità del calcolo dei mezzi”. Semplice? In teoria. “In pratica, certi teorici hanno proposto, per le relazioni internazionali, il modello sport, oppure economia, del fine razionale. Un solo scopo, la vittoria, grida il generale ingenuo, dimenticando che la vittoria militare dà sempre soddisfazioni d’amor proprio ma non sempre benefici politici. Un solo imperativo, l’interesse nazionale, proclama solennemente il teorico, appena meno ingenuo del generale come se bastasse agganciare l’aggettivo nazionale al concetto d’interesse per renderlo univoco. La politica tra gli Stati è una lotta per la potenza e la sicurezza, afferma un altro teorico, come se non ci fosse mai contraddizione tra questa e quella, come se le persone collettive, a differenza delle persone individuali, fossero tenute in razione di preferire la vita alle ragioni di vita”.
Lo sport c’entra. E anche l’economia. “La teoria di uno sport si svolge a partire dalla fine (far entrare il pallone in rete)”. La teoria dell’economia anch’essa si riferisce a una fine, per il tramite  della nozione di massimizzazione (benché si possano concepire diverse modalità di questo massimo)”. Nelle relazioni internazionali è “la condotta del diplomatico, dello stratega”, che “presenta alcune di queste caratteristiche”. Ma anche sul diplomatico “pesa il rischio di guerra”.

Paradiso –Un mondo chiuso: è una promesso di “altro”, non di liberazione-libertà. Quello terrestre era uno zoo: un mondo animale promiscuo, di coesistenza pacifica, interrotto dal vegetale, invasivo. Quello futuro è una promessa di quiete all’uomo faber, inquieto – di morte. Quello islamico promette tutto ciò che gli arabi originari non avevano e desideravano: acqua, prati, donne, ombra, etc.
È il luogo dl desiderio, perciò indefinito.

zeulig@antiit.eu

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