“Il
terremoto non uccide, uccide piuttosto l’opera dell’uomo”, dice il vescovo alla
messa a Amatrice. Che consolazione è ? E che teologia? Si vede che il vescovo non
si è mai trovato dentro il terremoto, ma questa non è ragione valida.
Si
pensava la soperchieria culminata quattro anni fa col giudice Marco Billi
dell’Aquil, quello che condannò geologi e vulcanologi per non aver previsto il
terremoto. Ma non c’è limite al peggio. Il vescovo ha un suo paradiso, dove
occorre diffamare? Si vuole candidare, a sindaco, a onorevole, a un talk show?
In
tono con l’eulogio francescano in auge della bellezza del creato, il vescovo
loda i terremoti che hanno creato le montagne. E se ne creassero altre?
Dice
anche il vescovo: “Dio non è il capro
espiatorio delle nostre disgrazie”. No, e chi altro?
Al
vescovo piacerà il Dio dei terremoti, è possibile, ma non a molti.
Ci
sono morti romani nel terremoto, casi anche pietosi, e numerosi funerali a
Roma, ma nessuno si è fatto vedere. Invece per la diretta di Amatrice la
sindaca Raggi è in prima fila. Tallonata
da Zingaretti, il “governatore” della Regione. Una televisionata non si perde,
a costo di perderci una giornata.
Zingaretti
non si è voluto candidare a sindaco, rischiava. Ma ora non si perde Raggi, in
qualsiasi occasione, è l’ombra del sindaco. Si vede anche che non ha molto da
fare, buon per lui.
Trecento
morti per il terremoto, non meno di trecento responsabili del terremoto stesso:
geometri, imprenditori edili, parroci, vescovi, assessori, sindaci, vigili….Non
c’è giornalista che non ne scovi uno. Fa più morti la stampa che il sisma?
Bisognerebbe
mettere i giornalisti in un terremoto. Anche i vescovi e gli altri uomini della
provvidenza, civile e non.
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