Non
è la burocrazia né l’affarismo della Ue ad allontanare i consensi, ma l’euro:
tutti i movimenti di protesta anti-Bruxelles, in Italia Grillo e la Lega, crescono
sull’avversione all’euro. Non alla moneta unica, come denominazione, che è comoda,
lo vedono tutti, ma ai danni procurati dall’euro. Che a pensarci sono
devastanti: hanno sfiancato il cosiddetto ceto medio, la metà dei cittadini
dell’Europa, indebolendo di conseguenza anche il quarto più povero: il 75 per
cento degli europei. Si dice la crisi, che va per il decimo anno, conseguenza
del crac bancario Usa nel 2007, ma da quello sono risanati tutti, l’Europa si
dissangua con l’euro.
Come
col Brexit in Gran Bretagna - effetto dell’euro anche se Londra non ne faceva
parte - dappertutto sono consolidati e crescono i movimenti anti-euro. In
Francia e in Austria, dove sono maggioranza, in Germania, forti di molti
intellettuali, anche economisti, e ora di un partito euroscettico, Alternative
für Deutschland, in Spagna, in Grecia ovviamente, in Olanda. La stessa libera
circolazione, altro imputato europeo nelle opinioni pubbliche nazionali, si
lega all’euro: Schengen è figlio-a di Maastricht.
Il
peccato d’origine, rimosso di forza, è capitale: il raddoppio dei prezzi
quindici anni fa. Che metodologie appositamente elaborate non hanno fatto
rilevare agli istituti di statistica, ma i consumatori hanno avvertito su tutti
i capitoli di spesa, giornalieri e per beni intermedi – anche in Germania, dove
l’euro si è voluto a due volte il vecchio marco. E i risparmiatori nel “dimezzamento”
, non solo psicologico, del capitale, e nel crollo successivo della
remunerazione del risparmio, fino agli interessi negativi: si paga per
risparmiare….
La
stabilità, che la Germania dichiara bene assoluto in un’Europa divisa e
anarcoide, è di fatto una camicia di Nesso. Due tratti molto negativi sono legati
in positivo con un trucco: bassi interessi in assenza d’inflazione, che di più
virtuoso? Ma il trentenne che ha preso il mutuo in banca s’accorge subito che
non è così. L’effetto reddito è azzerato. Lui non migliora e non può migliorare
la sua situazione reddituale, e quindi l’interesse da pagare pesa sempre,
ancorché contenuto.
Ancora
prima di arrivare alla deflazione dichiarata (statisticamente rilevata), essa c’era
di fatto. Il reddito da lavoro ristagna o s’indebolisce in termini di potere d’acquisto
– in Italia già per effetto della crisi del 1992. Il capitale non si riproduce
e anzi si strizza. La creazione di capitale è da un quindicennio limitata, tendenzialmente
coartata. Quando si produce – quantitative
easing – è a beneficio delle banche. I redditi cosiddetti medi - in realtà
il reddito della nazione, delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati - è imploso, chiuso in gabbia, e non ha vie d’uscita
(impieghi alternativi) possibili.
Pagare
per risparmiare ha dell’incredibile: una novità totale, e molto sciocca. Anche
una cosa che tutti sanno. Ma non si dice. E questo muove l’avversione: cos’è
questo euro, un complotto, che nessun giornalista se ne accorge? Il senso di abbandono, o di sfiducia, è totale.
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