Grillo
si riprende a Palermo i 5 Stelle, che da movimento erano diventati un partito:
“Sono io il capo politico”. Accantonando il direttorio, senza nemmeno nominarlo.
Ma d’accordo con Davide Casaleggio, che non ha le ambizioni di guru che aveva
il padre. Si sapeva http://www.antiit.com/2016/09/niente-direttorio-un-altro-assetto-per.html
ma
non si diceva.
Grillo,
sempre a Palermo, prende le distanze anche da Roma: “Decide la signora”. Dove
la signora Raggi non riesce nemmeno a nominare i suoi assessori, a 100 giorni
dall’elezione, ad avviare la sua giunta. E non trova dirigenti per le aziende
pubbliche, se non i soliti ex di qualcosa pensionati: chi ha ambizioni si tiene
lontano dalle aziende pubbliche romane, cioè dai capricci della sindaca,
palesemente inadeguata.
A
Palermo è anche il Grillo padre-padrone. Ipereccitato. Che straparla, a volte sconnesso,
incomprensibile. In tv ora dà licenza di andarci a chiunque, ma a parlare “solo
di programma”. Maestrino meticoloso. E vuole un nuovo regolamento, l’ennesimo,
per le espulsioni: il movimento, che per natura è confuso e limaccioso, lui lo
vuole puro.
Palermo
è stato una scena aperta. Ma non per i media. Passati dalla guerra a Grillo al conformismo
piatto – se non lo dice Grillo non è vero. L’ambizione è sempre servile.
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