Interminabile
il tormentone – da ultimo ieri su “la Repubblica”, con una prima pagina del demografo
milanese Rosina, sui figli che, “anche con un lavoro”, non lasciano la casa dei
genitori. Infiniti lutti creando alla demografia (non mettono su famiglia), e
alla stesa economia (non mettono su casa). Con gli psicologismi di rito: l’incertezza,
l’insicurezza, la crisi.
Trent’anni
o più da quando De Rita impose il tema, e nessun passo avanti. Anzi, col
gigantesco passo indietro di quando l’economista Tommaso Padoa Schioppa, ministro
del Tesoro, portò la questione in Parlamento, forte di suoi figli che disse
bamboccioni. Mentre la spiegazione è proprio economica, ed è sotto gli occhi di tutti – questo
minisito lo ha detto più volte: uno stipendio oggi non compra una casa. Neanche
uno stipendio buono. Anche due stipendi hanno difficoltà a comprarla.
A parità di potere d’acquisto il reddito medio
italiano è al livello di vent’anni fa, 1996, questo è un calcolo dell’Istat.
È come questo sito spiegava ultimamente: “Uno
stipendio, un lavoro bastava fino a due generazioni fa per mantenere la
famiglia, acquistare casa, cioè
pagare il mutuo, e perfino risparmiare. Si facevano anche vacanze lunghe, non
una settimanella scappa e fuggi. Oggi non bastano due stipendi, e comprare casa
è affardellarsi per tutta la vita attiva. Il reddito è taglieggiato. La
capacità di spesa è cronicamente ridotta, da un carovita tanto elevato quanto
negato”
“La
deflazione che si lamenta è solo statistica – “ufficiale”. È il gelo della
spesa e degli investimenti, ma per effetto del carovita, non di un crollo dei
prezzi. Dove questo si produce, per alcune materie prime, non riguarda le
nostre economie – semmai ne è un effetto, è un effetto della domanda depressa”.
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