Ribelle, ma
non del tutto. Irretita nella nota scandalosa solitudine della passione politica
divorante. “Il mio stato mentale”, scrive nell’ultima lettera, nel 1930, “ non
è molto piacevole. Se solo avessi qualcuno con cui parlare di tutti i miei
guai, voglio dire qualcuno che mi comprendesse, come te, Edward” – Edward Weston.
Conscia probabilmente dell’impasse in cui s’era imbucata come attivista del
Pcus, il partito Comunista sovietico, anche se non tenterà di uscirne, malgrado
le tante morti e i tradimenti, fino alla sua proprio morte nel 1942, a Città del Messico, sola. “Mi viene spesso in mente la bellissima frase di Nietzsche che mi hai
citato”, così chiude l’ultima lettera a Weston: “Quel che non mi uccide mi
rende più forte. Ma ti assicuro che il periodo che sto vivendo mi sta quasi
uccidendo”. Peccato, come nota Cappellini: “La fotografia autentica possiede
semrpe qualcosa di sovversivo e rivoltoso”.
La plaquette è una scelta delle lettere di Tina Modotti a Edward
Weston, curata da Francesco Cappellini, con
una presentazione e una nota biografica. Un ritratto a tutto tondo del
personaggio, e della sua speciale arte di fotografare, in poche pagine illuminanti,
anche per la scelta delle foto, una trentina.
Weston fu
compagno di Tina e suo maestro di fotografia a Hollywood. Dove Assunta Adelaide
Luigia Modotti, ragazza fatale, era protagonista nel 1920, a ventiquattro anni,
di film dimenticati. Dopo una prima esperienza americana a San Francisco, dove
nel 1913 aveva raggiunto diciassettenne il pade inquieto migrante, dal nativo
Friuli. I due viaggeranno a lungo anche im
Messico, tra le rivoluzioni. Fino a che Weston se ne ritornò negli Stati Uniti
da solo, non condividendo l’impegno “organico” della compagna nella politica, e
la coppia si romperà a fine 1926.
In Messico
Tina approfondì l’arte delle sue “nature morte”, fotografie semplici di
complessità. A Berlino, nel 1928, proverà anche a farsi fotografa di strada. Ma
la politica la divora, e l’anno dopo abbandonerà la fotografia – che quindi ha esercitato
per un quinquennio, peraltro poco applicata, lasciando in tutto un paio di
centinaia di cliché. Finirà amante di Vittorio Vidali, uno che ne aveva molte, “compagno
di vita ma soprattutto di missioni più o meno segrete”. Per lo più non
onorevoli, benché per conto del Partito: dalla mattanza degli anarchici in
Spagna all’assassinio di Trockij. Sempre, come dice Cappellini, “fiduciosa nell’onestà
del suo lavoro”. Che però non è più la fotografia ma la propaganda del Komintern,
l’organizzazione di Stalin.Tina Modotti, Irrecuperabile ribelle, Via del Vento, pp. 42 € 4
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