Tra
ebrei e arabi c’è sempre il semitisimo: un’unità religiosa e culturale, anche
parecchio razziale. L’unità è ora finita nell’odio. L’arabista ebreo non lo
dice, non fece in tempo a misurare l’abisso, essendo morto cinquant’anni fa, ma
ne vede i presupposti. E tuttavia il giudaismo dice ancora semita, in linea con
la comune origine storico-tribale, anche se non del tutto.
Dopo
l’esilio, gli ebrei “non possono considerarsi Semiti puri sotto l’aspetto
antropologico”. Anche per “la parte che gli Ebrei, non in quanto popolo o
comunità religiosa ma in quanto classe sociale, hanno o sono ritenuti avere
nella società contemporanea”. Ma sono pur sempre parte del mondo semitico:
“L’isolamento nel quale i Giudei si sono mantenuti rispetto ai popoli
circostanti dall’esilio di Babilonia in poi e lo zelo religioso che ha
conservato riti, credenze e forme di pensiero antichissime hanno fatto sì che
anche nella mentalità ebraica contemporanea si possano constatare dei riscontri
singolari col tipo semitico primitivo”.
Ma
il titolo dice solo una parte del ricco volume, un’antologia del grande
orientalista del primo Novecento. Una larga introduzione del curatore, Fulvio
Tessitore, inquadra lo studioso in posizione eminente nell’orientalismo
italiano – scienza ora in disuso. Gli studi vertono sull’islam e il mondo
arabo, e sulla storia religiosa d’Israele: le caratteristiche dei pooli
semitici, la concezione di Dio in Israele, la figura di Meometto, ebraismo e
cristianesimo, la storia dei califfati, il coloniasmo e la formazione degli
Stati arabi un secolo fa.
Il
saggio sulla “Decadenza dell’Arabismo” spiega una verità troppo dimenticata del
mondo arabo. Che la sua decadenza imputa all’Occidente, al colonialismo – la polemica
islamista esecra “i crociati”, ma intende le potenze coloniali. Mentre questo
fu l’esito della decadenza araba, e non la sua causa. Il mondo arabo era già
finito con i turchi: “La conquista ottomana segna non soltanto la fine della
funzione degli Arabinella storia mondiale, ma anche quela della loro funzone di
creatori e promotori di civiltà”.
Il
saggio prosegue ipotizzando, sulla base della realtà di allora, il futuro quale
poi si è materializzato. Il mondo arabo entra “in un periodo di stasi, paragonable
per molti aspetti all’età bizantina, nel quale i valori di base non sono negati
né perduti, ma sono soltanto gelosamente conservati senza essere accresciuti;
nel quale lo slancio vitale, la ricerca appassionata del nuovo, la libera
critica delle verità ufficiali vengono meno, e subentra l’età del
conservatorismo tradizionalistico, della formulazione dogmatica,
dell’imitazione e del compendio meccanici; principî e metodi ai quali
s’ispirano così il pensiero scientifico come la fantasia artistica”.:
Giorgio Levi della Vida, Arabi ed ebrei nella storia, Guida, pp.
380 € 24
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