lunedì 26 settembre 2016

Il Sud era ricco con gli arabi

Cinque secoli di storia, dall’attacco alla Sicilia tra l’Ottavo e il Nono secolo, dopo un primo approccio nel 652,  fino a metà Trecento. Un altro Mediterraneo, un altro Sud. Con un curioso effetto apologetico dell’islam, di tutto ciò che è arabo e musulmano. Ma forse è l’effetto dell’uso delle fonti arabe, molto più vasto che in altri studi. Che sono esse stesse molto ammirate dei mondi, musulmano e cristiano, che trovavano nel Sud Italia. Oppure – o anche – l’effetto della ripresa degli studi sui musulmani in Italia, fermi a Michele Amari, 130 anni fa. Con curiose anticipazioni peraltro degli schemi odierni. L’immigrazione invadente, dal Maghreb, dall’Africa, dalla Spagna, “in una situazione spesso di vera e propria emergenza umanitaria”, per epidemie carestie, scontri. Il jihad, costante, determinato, invasivo. L’invasione non si limitò al Sud: furono investire anche Roma e Ostia, nell’estate dell’846, il litorale toscano, la Liguria con l’Appennino e fino in Piemonte. Né mancano le lotte intestine, di potentati e tribali – non settarie o di confessione: a Palermo la Kalsa siita conviveva col Cassero sunnita. Ma con una differenza: le guerre etniche o religiose non hanno la precedenza – non sono più gravi: cruente, distruttive – di quelle dinastiche, oggi si direbbe nazionali.
Il jihad ha già invaso Roma
L’attacco a Roma ha un percorso istruttivo. Napoli ha chiamato in aiuto gli arabi di Sicilia contro i longobardi che la insidiavano. Gli stessi longobardi, poi, si dividono e chiamano gli arabi. Gli arabi dei contendenti longobardi alla fine si mettono insieme e marciano su Benevento, la capitale longobarda del Sud. E subito dopo, nell’agosto del’847, su Bari – vi costituiranno un emirato che durò vent’anni.
Principi e imperatori longobardi si distinguono per l’incapacità. Che gli arabi di Sicilia tenteranno di mettere a frutto. Un primo tentativo d’invasione della penisola è fermato nel 902 a Cosenza da un attacco ferale di diarrea del califfo Ibrahim. Nel 934-5 l’assedio è portato a Genova. Nel 950-52 di nuovo alla Calabria bizantina, conquistata. Ma per poco: il califfo omayyade si allea con i bizantini contro i fatimidi, gli arabo-berberi che dal Maghreb attaccavano l’Italia, e la flotta fatimide vieve distruttura di fronte a Reggio.
Alla sommatoria, dell’824 al 968 è un secolo è mezzo di razzie. Ma non è tanto alla storia miltare che Feniello è interessato. Più gli urge comunicare il senso di comunità che, malgrado le ostilità continue, comuni del resto al mondo cristiano, regnava in quei secoli. Di massima effervescenza al Sud. Attorno alle navi di A amalfi, e in rivoli dispersi: fu una stagione d’oro. Mai il Sud è stato così ricco, le relazioni di mercanti e viaggiori arabi, o arabizzati, e la profusa documentazione della Genitsa ebraica al Cairo, i minuziosi registri di commercio per più secoli a valiere dell’anno Mille, ne dicono solo meraviglie e lasciano intuire un’economia florida. Le sete si producono in Calabria per tutto il ricco mercato mediterrano, il lino a Napoli, grano e vino in Sicilia e in Puglia. Il fulgore si conclude con un mesto § “Da Nord del mondo a Sud d’Europa”. Da Nord del mondo mediterraneo, islamico – i cui dinari e tarì hanno soppiantato il solidus bizantino, il “dollaro del Mediterraneo”. Un mesto passaggio con la conquista latina, via Normanni.
Resta il quesito: perché il jihad sul Sud fallì, malgrado le fose dispiegate, mentre la conquista riuscì ai Normmani in poco tempo e con poche forse? Le risposte sono varie, che Feniello elenca. Ma eccettua la più probabile: la religione.
Un libro repertorio. Con molte illustrazioni a colori, e una serie di indici: una vastissima bibliografia, carte dettagliate storico-geografiche, i nomi.
Amedeo Feniello, Sotto il segno del leone, Laterza, pp.306, ill. € 13

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