Cinque secoli di storia, dall’attacco alla Sicilia tra
l’Ottavo e il Nono secolo, dopo un primo approccio nel 652, fino a metà Trecento. Un altro Mediterraneo,
un altro Sud. Con un curioso effetto apologetico dell’islam, di tutto ciò che è
arabo e musulmano. Ma forse è l’effetto dell’uso delle fonti arabe, molto più
vasto che in altri studi. Che sono esse stesse molto ammirate dei mondi, musulmano
e cristiano, che trovavano nel Sud Italia. Oppure – o anche – l’effetto della
ripresa degli studi sui musulmani in Italia, fermi a Michele Amari, 130 anni
fa. Con curiose anticipazioni peraltro degli schemi odierni. L’immigrazione
invadente, dal Maghreb, dall’Africa, dalla Spagna, “in una situazione spesso di
vera e propria emergenza umanitaria”, per epidemie carestie, scontri. Il jihad, costante, determinato, invasivo.
L’invasione non si limitò al Sud: furono investire anche Roma e Ostia, nell’estate
dell’846, il litorale toscano, la Liguria con l’Appennino e fino in Piemonte. Né
mancano le lotte intestine, di potentati e tribali – non settarie o di
confessione: a Palermo la Kalsa siita conviveva col Cassero sunnita. Ma con una
differenza: le guerre etniche o religiose non hanno la precedenza – non sono più
gravi: cruente, distruttive – di quelle dinastiche, oggi si direbbe nazionali.
Il jihad ha già
invaso Roma
L’attacco a Roma ha un percorso istruttivo. Napoli
ha chiamato in aiuto gli arabi di Sicilia contro i longobardi che la
insidiavano. Gli stessi longobardi, poi, si dividono e chiamano gli arabi. Gli
arabi dei contendenti longobardi alla fine si mettono insieme e marciano su
Benevento, la capitale longobarda del Sud. E subito dopo, nell’agosto del’847, su Bari – vi costituiranno un
emirato che durò vent’anni.
Principi e imperatori longobardi si distinguono per
l’incapacità. Che gli arabi di Sicilia tenteranno di mettere a frutto. Un primo
tentativo d’invasione della penisola è fermato nel 902 a Cosenza da un attacco
ferale di diarrea del califfo Ibrahim. Nel 934-5 l’assedio è portato a Genova.
Nel 950-52 di nuovo alla Calabria bizantina, conquistata. Ma per poco: il
califfo omayyade si allea con i bizantini contro i fatimidi, gli arabo-berberi
che dal Maghreb attaccavano l’Italia, e la flotta fatimide vieve distruttura di
fronte a Reggio.
Alla sommatoria, dell’824 al 968 è un secolo è mezzo
di razzie. Ma non è tanto alla storia miltare che Feniello è interessato. Più
gli urge comunicare il senso di comunità che, malgrado le ostilità continue,
comuni del resto al mondo cristiano, regnava in quei secoli. Di massima
effervescenza al Sud. Attorno alle navi di A amalfi, e in rivoli dispersi: fu una
stagione d’oro. Mai il Sud è stato così ricco, le relazioni di mercanti e
viaggiori arabi, o arabizzati, e la profusa documentazione della Genitsa ebraica al Cairo, i minuziosi registri
di commercio per più secoli a valiere dell’anno Mille, ne dicono solo
meraviglie e lasciano intuire un’economia florida. Le sete si producono in Calabria
per tutto il ricco mercato mediterrano, il lino a Napoli, grano e vino in Sicilia
e in Puglia. Il fulgore si conclude con un mesto § “Da Nord del mondo a Sud d’Europa”.
Da Nord del mondo mediterraneo, islamico – i cui dinari e tarì hanno soppiantato
il solidus bizantino, il “dollaro del
Mediterraneo”. Un mesto passaggio con la conquista latina, via Normanni.
Resta il quesito: perché il jihad sul Sud fallì, malgrado le fose dispiegate, mentre la
conquista riuscì ai Normmani in poco tempo e con poche forse? Le risposte sono
varie, che Feniello elenca. Ma eccettua la più probabile: la religione.
Un libro repertorio. Con molte illustrazioni a
colori, e una serie di indici: una vastissima bibliografia, carte dettagliate
storico-geografiche, i nomi.
Amedeo Feniello, Sotto il segno del leone,
Laterza, pp.306, ill. € 13
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