“Malgrado tentativi ripetuti, non sono
mai arrivato alla fine delle «Memorie di Adriano»”. Tutte finezze così, per 600
pagine – 400 nella traduzione lodevolmente compressa di Francesco Bergamasco,
ma ugualmente dense.
Un polpettone, scollato, indigesto.
Carrère rifila al lettore i suoi vecchi progetti, dice, su san Paolo, duecento
pagine, san Luca, altre duecento, come fossero la preistoria delle sue biopsie di
successo, Limonov, Phlip K. Dick. Più
altre duecento di se stesso: la sua attività, e inattività, le sue famiglie, la
madre, l’eccezionale madrina Jacqueline, l’amico costante Hervé, la “visione”
del Cristo, che ha colpito anche lui. Omaggio indiretto alla filosofia di Ernst Bloch: “Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un
cristiano può essere ateo”, il paradosso di “Ateismo nel cristianesimo. Per una religione dell’Esodo
e del Regno”, 1968, ed è tutto dire, il lettore dovrebbe - avrebbe dovuto - essere avvisato.
La cosa migliore è il porno serale su
internet, nel rifugio alpestre dove gni anno Carrère si purifica con l’Hervé buddista.
Ma sono solo quattro pagine. Anche il “grande Roustang”, decano emerito della
psicoanalisi, il santone che salva Carrère, che scopriremo essere un gesuita
spretato, autre a suo tempo di una lacrimosa “iniziazione alla vita
spirituale”. Ma questo è proprio poche righe, la masturbazione gli viene
meglio.
Volendolo prendere sul serio, è una
riedizione di Renan nell’età dell’Acquario. Di uno scetticismo così, per dire:
un po’ di yoga, un po’ di psicoanalisi, la scoperta che il sesso può piacere, e
naturalmente molta “visibilità”: social, giornali, tv, conferenze, festival. Contro
la religione. Cioè no, contro il cristianesimo, come vuole l’Europa al declino:
contro il proprio brodo di cultura. “Il «Credo» in ogni sua frase è un insulto
al buon senso”, e cose del genere.
La fede, che propone come tema del
malloppo, Carrère ha vissuto come un’infatuazione, in parallelo con la
psicoanalisi. Un’esperienza che ha confinato - freudianamente? – tra le carte
del processo Romand nel 1993 a cui si è appassionato e di cui ha scritto, uno
che aveva ucciso moglie, figli e genitori dopo che per quindici anni aveva
fatto credere di essere medico. Che ci azzecca? Niente – tre anni di crisi
mistica invece dei quindici di bugie di Romande hanno risparmiato le mogli e i
figli di Carrère, e Hélène Carrère d’Encausse?
Sgangherato, fin dall’inizio. Dove
sovrappone il serial “Revenants”, a cui collabora, alla religione. E sembra pure divertirsi.
Una ricetta anche: un po’ di
“Revenants”, un po’ di Philip K. Dick, “il Dostoevskij del nostro tempo”, una
lettura sparsa di Nietzsche, e la cosa è fatta. Il cristianesimo? Invenzione
del bizzarro tessitore di Corinto, l’ebreo grecizzato Paolo di Tarso.
Niente ha più successo del successo, è
proprio vero – i campioni ti possono rifilare qualsiasi cosa, ogni appunto
sperso.
Emmanuel Carrère, Il Regno, Adelphi, pp. 428 € 14
Nessun commento:
Posta un commento