Bovary – È maschio, si
dice. La controprova è in “Gemma Bovery”, la commediola di Anne Fontaine.. – o
del romanzo grafico di Posy Simmonds su cui il film si basa. Dove “Bovery-Bovary”
è tutta nella fantasia di lui, il panettiere-narratore-prestigiatore della
situazione. Con la sintesi finale nei tre uomini, il marito, l’amante, il
narratore-Trickster, allineati dopo il funerale di Emma, che non sanno che
dirsi e che pensare, senza più l’“oggetto” vivo della loro romanza, ma
testimoni a vario titolo della romanza stessa..
In effetti, “Madame Bovary”, a leggerlo, ha tutta l’aria di una
fantasia maschile, e quasi una vendetta – una difesa da una pulsione
irreprimibile.
Una delle prime prove di Flaubert, “Un parfum à sentir ou les Baladins”,
ne è anche la “prova generale”. C’è nelle città, professa autorevole il
sedicenne futuro autore di “Bovary”, “un’atmosfera
corrotta e avvelenata che vi stordisce e vi inebria, qualche cosa di pesante e
di malsano, come queste grigie nebbie della sera che planano sui tetti. Mazza
(la protagonista, n.d.r.) aspirò quest’aria di corruzione a pieni polmoni, la
sentì come un profumo e per la prima volta; comprese allora tutto ciò che c’era
di largo e d’immenso nel vizio, e di voluttuoso nel crimine”. I biografi dicono
“Mazza” il ritratto di Mme Schlésinger, Élisa, una donna dagli amori plurimi di
cui Flaubert, da ragazzo e poi a lungo, si sarebbe voluto la grande passione. Élisa-Mazza-Emma,
non è nemmeno un gioco per enigmisti. “Un parfum à sentir” è, stringato e
crudo, quasi un manifesto, un’anticipazione degli spasmi di Emma Bovary. In forma
scopertamente di femmnicidio, per quanto consentaneo: il ragazzo (Flaubert) è
geloso, cattivissimo.
Dante
–
Non sarà anche scandinavo – oltre che islamico, e un po’ tedesco? I viaggi nell’altro
mondo si facevano nel Duecento anche in Norvegia, nel “Draumkvedet” e in altre
saghe – v. Peter Davidson, “The Idea of North”..
Don Giovanni – E.T.A. Hoffmann ne fa l’essenza del desiderio, che legge come lo spirito della vita, e insieme il suo demone, distruttivo. Ma non nel personaggio eponimo, quello che si intende per “don Giovanni”. Non nell’opera di Da Ponte e Mozart: qui, sostiene, “don Giovanni” è piuttosto donna Anna. Il don Giovanni dell’opera è spompato e inappetente. Anche frivolo, ma senza mai un desiderio , nemmeno di frivolezza. È donna Anna che vive vittima l’amore. Bruciata, dice Hoffmann, che ne fa anche la vera protagonista di Da Ponte e Mozart, dal “fuoco di una sensualità sovrumana”. In una serie di arie l’una iù intensa del’altra: “Crudele”, “Lascia o caro,\ un anno ancora allo sfogo del mio cor”, “Non mi dir bell’idolo mio!”….
U.
Eco –
La sua vena
è quella iniziale, scherzosa. L’allegria di “filosofi in libertà”, prima
produzione di Eco studioso-scherzoso, come lo ricorda anche Vattimo, suo più
giovane compagno di studi. Una raccolta di rimette e filastrocche facete, farcite di
fumetti satirici, firmate con lo pseudonimo joyciano Dedalus, per un volumetto
numerato oggi assai prezioso messo assieme dalle edizioni Taylor (Marianne
Abbagnano). Ripubblicata un paio di volte in “edizioni non venali”, e poi
inclusa nel “Secondo diario minimo”
Fruttero – È scrittore dickensiano. Non abbastanza “diffuso” come il modello, libero come avrebbe voluto, il lavoro in Einaudi l’ha represso, ma lo è al fondo, con un che di nostalgia. È di Dickens “A che punto è la notte”, titolo poi celebre di Fruttero e Lucentini, Il rifacimento di “Edwin Drood”. Il tono apparentemente disinvolto della narrazione.
Gesù ebreo – È un
tropo ricorrente tra gli autori ebrei, anche di Israele – da ultimo Amos Oz, “Giuda”.
Già nel 1981 Geza Vermes, storico, “Jesus the Jew”, riesumava e sistemava in
questo senso la figura del Cristo. Di cui, contrariamente alla tradizione ebraica
che, al meglio, lo liquidava come un maestro cinico errante, della disprezzata
cultura “greca”, lo ricollocava nell’attivismo carismatico in auge in Galilea
nel primo secolo della nostra era. E su questa base gli riconosceva i titoli
evangelici di profeta, messia, figlio di Dio, signore. Dandogli a suo modo
credibilità, all’interno della storia culturale ebraica.
Oz
si rifà invece a un filone letterario che da un secolo circa è (ri)fiorito, ai margini
del rifiuto ebraico del Cristo. Chiama il suo protagonista Shmuel Asch, in
omaggio allo scrittore Sholem Asch che nel 1939, nel
romanzo “Il Nazareno”, aveva tratteggiato Giuda come l’agente del Cristo: Giuda
tradisce perché Gesù ne ha bisogno per completare il suo disegno – per diventare
l’innominabile Cristo.
Hemingway – Si
celebra infine nuovamente il suo lato vitalista, amicone, ipersocievole per i
novant’anni del primo romanzo, “Fiesta (Il sole sorge ancora)”, che è sempre
stato e resta il suo più proprio. La depressione finale, per impotenza a
scrivere e alcool, l’una in dipendenza dall’altro, e il suicidio, il salto
saturnino. è quello che emerge nella sua vita spensierata ai trent’ani, quando
il padre si suicida.
Romanzo
a chiave, di sé e dei suoi amici del “jet set” insabbiati tra Madrid e Pamplona
a metà anni 1920, “Il sole sorge ancora” è il suo lato giornalistico, amicone,
degli anni in Europa, e poi, subito dopo la guerra, tra Cuba e la Florida.
Robusto, anche nella scrittura (professionale), il suo terzo romanzo, tre anni
dopo il primo, a trent’anni, “Addio alle armi”, sulla sua guerra mondiale
diciottenne sul fronte italiano, che stranamente non si cita nella tanta letteratura
per il secolo della Grande Guerra, ma si legge sempre come un capolavoro, e un
documento storico.,
Italiano – Il “carattere
italiano” Dickens assomiglia in “Giù con la marea” (ora nella raccolta “Guardie
e ladri”) ai fiumi di montagna, “che sono come il loro carattere nazionale: ora
assai docili, ora sfrenati improvvisamente a rompere gli argini, ora di nuovo in
calare”.
letterautore@antiit.eu
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