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venerdì 9 settembre 2016

Letture - 273

letterautore

Bovary – È maschio, si dice. La controprova è in “Gemma Bovery”, la commediola di Anne Fontaine.. – o del romanzo grafico di Posy Simmonds su cui il film si basa. Dove “Bovery-Bovary” è tutta nella fantasia di lui, il panettiere-narratore-prestigiatore della situazione. Con la sintesi finale nei tre uomini, il marito, l’amante, il narratore-Trickster, allineati dopo il funerale di Emma, che non sanno che dirsi e che pensare, senza più l’“oggetto” vivo della loro romanza, ma testimoni a vario titolo della romanza stessa..
In effetti, “Madame Bovary”, a leggerlo, ha tutta l’aria di una fantasia maschile, e quasi una vendetta – una difesa da una pulsione irreprimibile.
Una delle prime prove di Flaubert, “Un parfum à sentir ou les Baladins”, ne è anche la “prova generale”. C’è nelle città, professa autorevole il sedicenne futuro autore di “Bovary”, “un’atmosfera corrotta e avvelenata che vi stordisce e vi inebria, qualche cosa di pesante e di malsano, come queste grigie nebbie della sera che planano sui tetti. Mazza (la protagonista, n.d.r.) aspirò quest’aria di corruzione a pieni polmoni, la sentì come un profumo e per la prima volta; comprese allora tutto ciò che c’era di largo e d’immenso nel vizio, e di voluttuoso nel crimine”. I biografi dicono “Mazza” il ritratto di Mme Schlésinger, Élisa, una donna dagli amori plurimi di cui Flaubert, da ragazzo e poi a lungo, si sarebbe voluto la grande passione. Élisa-Mazza-Emma, non è nemmeno un gioco per enigmisti. “Un parfum à sentir” è, stringato e crudo, quasi un manifesto, un’anticipazione degli spasmi di Emma Bovary. In forma scopertamente di femmnicidio, per quanto consentaneo: il ragazzo (Flaubert) è geloso, cattivissimo.

Dante – Non sarà anche scandinavo – oltre che islamico, e un po’ tedesco? I viaggi nell’altro mondo si facevano nel Duecento anche in Norvegia, nel “Draumkvedet” e in altre saghe – v. Peter Davidson, “The Idea of North”..

Don Giovanni – E.T.A. Hoffmann ne fa l’essenza del desiderio, che legge come lo spirito della vita, e insieme il suo demone, distruttivo. Ma non nel personaggio eponimo, quello che si intende per “don Giovanni”. Non nell’opera di Da Ponte e Mozart: qui, sostiene, “don Giovanni” è piuttosto donna Anna. Il don Giovanni dell’opera è spompato e inappetente. Anche frivolo, ma senza mai un desiderio , nemmeno di frivolezza. È donna Anna che vive vittima l’amore. Bruciata, dice Hoffmann, che ne fa anche la vera protagonista di Da Ponte e Mozart, dal “fuoco di una sensualità sovrumana”. In una serie di arie l’una iù intensa del’altra: “Crudele”, “Lascia o caro,\ un anno ancora allo sfogo del mio cor”, “Non mi dir bell’idolo mio!”….

U. Eco La sua vena è quella iniziale, scherzosa. L’allegria di “filosofi in libertà”, prima produzione di Eco studioso-scherzoso, come lo ricorda anche Vattimo, suo più giovane compagno di studi. Una raccolta di  rimette e filastrocche facete, farcite di fumetti satirici, firmate con lo pseudonimo joyciano Dedalus, per un volumetto numerato oggi assai prezioso messo assieme dalle edizioni Taylor (Marianne Abbagnano). Ripubblicata un paio di volte in “edizioni non venali”, e poi inclusa nel “Secondo diario minimo”

Fruttero – È scrittore dickensiano. Non abbastanza “diffuso” come il modello, libero come avrebbe voluto, il lavoro in Einaudi l’ha represso, ma lo è al fondo, con un che di nostalgia. È di Dickens “A che punto è la notte”, titolo poi celebre di Fruttero e Lucentini, Il rifacimento di “Edwin Drood”. Il tono apparentemente disinvolto della narrazione.

Gesù ebreo – È un tropo ricorrente tra gli autori ebrei, anche di Israele – da ultimo Amos Oz, “Giuda”. Già nel 1981 Geza Vermes, storico, “Jesus the Jew”, riesumava e sistemava in questo senso la figura del Cristo. Di cui, contrariamente alla tradizione ebraica che, al meglio, lo liquidava come un maestro cinico errante, della disprezzata cultura “greca”, lo ricollocava nell’attivismo carismatico in auge in Galilea nel primo secolo della nostra era. E su questa base gli riconosceva i titoli evangelici di profeta, messia, figlio di Dio, signore. Dandogli a suo modo credibilità, all’interno della storia culturale ebraica.
Oz si rifà invece a un filone letterario che da un secolo circa è (ri)fiorito, ai margini del rifiuto ebraico del Cristo. Chiama il suo protagonista Shmuel Asch, in omaggio allo scrittore Sholem Asch che nel 1939, nel romanzo “Il Nazareno”, aveva tratteggiato Giuda come l’agente del Cristo: Giuda tradisce perché Gesù ne ha bisogno per completare il suo disegno – per diventare l’innominabile Cristo.

Hemingway – Si celebra infine nuovamente il suo lato vitalista, amicone, ipersocievole per i novant’anni del primo romanzo, “Fiesta (Il sole sorge ancora)”, che è sempre stato e resta il suo più proprio. La depressione finale, per impotenza a scrivere e alcool, l’una in dipendenza dall’altro, e il suicidio, il salto saturnino. è quello che emerge nella sua vita spensierata ai trent’ani, quando il padre si suicida.
Romanzo a chiave, di sé e dei suoi amici del “jet set” insabbiati tra Madrid e Pamplona a metà anni 1920, “Il sole sorge ancora” è il suo lato giornalistico, amicone, degli anni in Europa, e poi, subito dopo la guerra, tra Cuba e la Florida. Robusto, anche nella scrittura (professionale), il suo terzo romanzo, tre anni dopo il primo, a trent’anni, “Addio alle armi”, sulla sua guerra mondiale diciottenne sul fronte italiano, che stranamente non si cita nella tanta letteratura per il secolo della Grande Guerra, ma si legge sempre come un capolavoro, e un documento storico.,

Italiano – Il “carattere italiano” Dickens assomiglia in “Giù con la marea” (ora nella raccolta “Guardie e ladri”) ai fiumi di montagna, “che sono come il loro carattere nazionale: ora assai docili, ora sfrenati improvvisamente a rompere gli argini, ora di nuovo in calare”.

letterautore@antiit.eu

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