Con una popolazione che è poco più della metà
di quella europea, 320 milioni contro 507, e un pil uguale, sui 17 mila
miliardi di dollari, gli Stati Uniti continuano a essere le terra d’elezione
degli immigrati: 43 milioni ne sono arrivati nei quindici anni del millennio, legali
e illegali, a fronte dei 21,1 entrati nella Ue, più o meno forzosamente. Oggi
sui 4 milioni ogni anno, dopo aver registrato un calo negli anni della crisi,
2007-2011.
Gli immigrati, di prima e seconda generazione,
sono oggi il 13,3 per cento della popolazione Usa. Un’incidenza superiore a
quella di qualsiasi paese europeo.
Gli immigrati arrivano negli Usa soprattutto
dal Sud America, attraverso la frontiera incontrollabile con il Messico, lunga 3.169
km.. E costituiscono anche negli Usa un problema politico, uno dei dominanti
della campagna presidenziali. Ma sono gestiti. Senza morti – non le migliaia
che si registrano alla frontiera Sud dell’Europa. E senza gli isterismi: filo
spinato, cavalli di frisia, muri, sentinelle armate, ronde.
È
vero che gli Usa hanno una tradizione in materia di accoglienza, essendo stati
lo sbocco principale dell’emigrazione europea del secondo Ottocento. E uno
sbocco sempre regolato: si poteva sbarcare negli Usa con documenti a posto su
navi da straporto certificate. Dal 1836 al 1914,
oltre 30 milioni di europei sono emigrati negli Stati Uniti, secondo le
statistiche del Census Bureau americano. E almeno 5 milioni dall’Asia – benché dal
1882 una legge impedisse l’ulteriore immigrazione dalla Cina - e dall’Africa.
Questa la graduatoria degli arrivi negli Usa dal 1820 al 2000
Germania 7 milioni
Messico 6
Gran Bretagna 5
Irlanda 5
Italia 5
Canada 5
Austria-Ungh. 4
Russia 4
Filippine 2
Cina 1
Svezia 1
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