“In America i poveri non perdono mai né
riguardo né orgoglio, e così – sebbene non giungano all’abbrutimnto fisico dei
mendicanti d’Europa – proprio per questo, mentalmete soffrono assai di più dei
miserabili di qualsiai altra nazione”. C’è anche un Melville dei poveri. Non pe
filantropia, la deride. Un socialista, quasi scientifico. Dalle ricette
semplici: “Pane e carne di manzo, e lavoro adeguatamente pagato”. Racconti che
forse per questo reggono all’usura: non si piange, semmai si ride, ma ma la
sensazione della povertà diffua a Londra, la megalopoli, e nella remota
campagna amaricana è vivissima.
Sei racconti in coppia, uno negli
States, l’altro a Londra, con o stesso personaggio per la coppia. Raccnt di
metà Ottocente, per due riviste di svago, “Putnam’s” e “Harper’s”. La prima coppia
di racconti fu rifiutata da “Harper’s”, rivista brilante, che pubblicava
soprattutto eseti inglesi: Ma fu rifiutata per non offendere la sensibilità religiosa
dei lettori: il racconto americano è di un povero che si vede rifiutata l’entrata
in un tempio lussuoso nuovo di zecca per la funzione domenicale da un sacrestano-buttafuori.
Le altre due coppie uscirono su “Putnam’s”, rivista mensile seriosa.
Herman Melville, Il paradiso dei celibi, Passigli, pp. 106 € 8,50
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