Non è teatrino politico,
non del tutto, e non è sterile, la campagna di Renzi anti-Merkel sulle
esportazioni tedesche. E non tanto perché infrangono uno dei soliti parametri
di Maastricht. Ma per la ragione economica sottostante: la Germania beneficia
delle politiche di sostegno alla domanda (politiche “keynesiane”) nelle economie
fuori euro: Usa, Cina, Giappone, Gran Bretagna. Dove il debito è stato
grandemente aumentato per questo.
Il fatto è assodato da
tempo in Germania, da Peter Bofinger e altri economisti. La Germania segue una
politica di rigore fiscale invece che anticrisi e anticongiunturale
(keynesiana). E l’ha imposta attraverso Maastricht e il “fiscal compact”
all’eurozona: niente sostegni alla domanda. Mentre con le “riforme di
struttura” - cioè di desindacalizzazione - che essa ha effettuato dieci anni
fa, ha molto migliorato la “produttività del lavoro”, diventando imbattibile
sui prezzi all’export. È così la prima beneficiaria delle politiche della
domanda, là dove essere sono state e sono praticate in funzione anticrisi dopo
il 2007. Se tutti avessero fatto lo “zero spaccato” in
bilancio di cui Berlino si gloria, avrebbe notato Keynes redivivo, a quest’ora
saremmo tutti morti.
Si spiega così anche il
paradosso che la Germania, che è la maggiore economia europea, e la terza maggiore potenza economica del mondo, ha un peso
delle esportazioni sul pil da piccola economia manifatturiera, o da paese del
Terzo mondo esportatore di materie prime.
L’Italia invece, per la
quale la Germania è la “grande economia”, come gli Usa e la Cina lo sono per la
Germania, langue. Langue cioè doppiamente: per non poter praticare le politiche
di sostegno della produzione, della domanda; e per non poter contare sulla
domanda tedesca, o “grande tedesca”.
Anche questo Renzi mostra
di aver capito, che si guarda attorno, agli Usa e dove capita. Ma non ci sono
margini per la politica nel riassetto di un’economia – il Lombardo-Veneto è praticamente
in simbiosi con la Baviera e la Svevia – o sono angusti, i tira-e-molla con Bruxelles sui vincoli di
bilancio. L’economia non va a bacchetta. Un’azione di riforma della Ue andrebbe invece avviata, non potendo
essere dei paesi grandi come l’Italia delle piccole Germanie. E questo non si
può fare con le polemiche: è la revisione dell’euro, o la sua disintegrazione.
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