Grillo
e Casaleggio si sono orientati tre giorni fa per lo scioglimento del direttorio
del movimento. Per le divisioni all’interno dello stesso, e per le difficoltà che
in esso si creano per la neo sindaca di Roma Virginia Raggi. Sul cui successo
elettorale Grillo e Casaleggio ritengono che il movimento debba capitalizzare.
Mentre sulla coerenza dell’azione della sindaca con lo statuto del movimento ci
sono altre procedure statutarie per vigilare.
Una
settimana fa era stato il minidirettorio di Roma (Paola Taverna, Fabio Massimo Castaldo e Gianluca Perilli), ad
autosciogliersi, dichiarando il proprio compito esaurito. Di affiancamento
della neo sindaca nelle prime procedure amministrative. In realtà, fu una presa
di distanza. Non condivisa da Grillo, che il giorno precedente aveva manifestato
a Nettuno all’insegna del “siamo tutti Virginia”.
Grillo e Casaleggio sono sempre alla ricerca
della forma-movimento. Una nuova, dopo l’assunzione di responsabilità di governo
nelle grandi città col voto di metà giugno. Il direttorio a cinque, varato due
anni fa, dopo il “sono stanchino” di Grillo, doveva servire a far crescere
alcune personalità, politicamente e d’immagine. Ma si sarebbe rivelato rigido, una forma di cooptazione che sta stretta al movimento.
Il movimento ha comunque bisogno di una
scossa, questo il succo del colloquio milanese. Il successo di Raggi a Roma è ritenuto
necessario per fidelizzare il voto plebiscitario - per la metà dovuto agli antirenziani,
della destra e all’interno del Pd. E la chiave per potersi dire vincitori al
referendum istituzionale, se il no prevarrà.
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