giovedì 20 ottobre 2016

Al guinzaglio di Johnson

È come diceva De Gaulle, che l’Inghilterra voleva l’Europa come un cavallo di Troia. Che voleva entrarci per disintegrarla. In ogni questione oggi si vede: il referendum per l’uscita dalla Ue non è stato un errore ma l’esito di una strategia Dei conservatori che, dopo i laburisti di Blair, si propongono longa manus dell’inconcludente Obama. Più smargiassi che non il primo ministro delle guerre all’Afghanistan e all’Iraq, e volgari.
Non sembra possibile che Boris Johnson, col suo piglio da ubriacone scansafatiche, faccia la politica europea e estera dell’Unione Europea. Dopo aver fatto campagna per la Brexit. Ma è quello che avviene: in Siria, con la Russia e nella stessa Brexit l’Europa è al guinzaglio del ghignante ex giornalista.
Quando rifiutò, per l’ennesima volta, alla Gran Bretagna l’ingresso nell’allora Mercato comune, il 14 gennaio 1963, il generale De Gaulle elencò le sue caratteristiche “insulari e marittime”, il sistema quasi chiuso di preferenze imperiali con i paesi del Commonwealth, la relazione speciale, diplomatica e militare, con gli Stati Uniti. Con questa Gran Bretagna, disse De Gaulle, “è da prevedere che la coesione fra gli Stati membri non resisterà a lungo”, che la Comunità europea si frantumerà. È quanto sta avvenendo.
E la Gran Bretagna era rappresentata da un convinto europeista, Edward Heath. Che sosteneva: “Noi siamo parte dell'Europa per geografia, tradizione, storia, cultura e civiltà”.

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