Rivisto, sembra di saperlo a memoria,
talmente è schematico – corrivo? Semplice, unidimensionale: l’inaffettività del
genio. Quando è stato abbandonato nell’infanzia - il genere Leonardo, Michelangelo,
Shakespeare – ma non necessariamente. Più romantico che freudiano. Che Stern
evidenzia nei profili jobsiani allungati, da gigante, ombra cinese stagliata su
passerelle aeree, dondolante sugli sneakers molli. O con la mascella del Superman
galattico, se in giacca e cravatta. Di cattiveria – spietatezza – senza maliconia,
e senza residui.
Un inno, a suo modo. Si spiega che le
sue due ore abbondanti siano state approntate in pochi mesi alla morte del
Jobs vero.
Joshua Michael Stern, Jobs
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