venerdì 14 ottobre 2016

Il mondo com'è (279)

astolfo

Bible Belt – La “cintura” o “fascia” - l’area - “della Bibbia”, il Sud-Est degli Usa, fu individuata un secolo fa, nel 1919, da Henry Louis Mencken, in senso negativo, come un’area di ignoranti fanatici. La stessa Frances O’Connor, che visse in Georgia una parte degli anni di Mencken, e fu molto religiosa, racconta inorridita di una nonna che lesse la Bibbia trentasette volte stando in ginocchio, senza memorizzarla, se non per frasi fatte, e senza proporsi di capire .
Mencken, studioso del “linguaggio americano”, dell’uso dell’Inglese negli Usa, detto per questo “il saggio di Baltimora”, fu polemista in voga negli Usa prima della Guerra: bellicista  ma isolazionista, sia nella prima che nella seconda guerra, antirooseveltiano, e in chiave nietzscheana – fu l’araldo di Nietzsche negli Usa, del Nietzsche allora conosciuto, “La volontà di potenza” -  irreligioso e antidemocratico, e anche razzista.

Catalogna – Si avvia al distacco dalla Spagna, fra sei mesi, malgrado l’esito negativo del referendum,  tra un crescente scetticismo. Il particolarismo può essere asfittico. Ed è quello che temono ora i catalani, in maggioranza secondo i sondaggi: di essere preda di un gruppo di demagoghi che aprono un futuro d’incertezze, più che di resistenza e di verità, e anche di prosperità accresciuta. Lo scrittore Falcones ne è atterrito: “Ma lo sa che qui hanno perfino affermato che se fossimo indipendenti ci sarebbero meno tumori?”, spiega a Edoardo Vigna che lo intervista per “Sette”. Con meno argomenti,  ma lo scetticismo è ora più diffuso, secondo i sondaggi, rispetto al referendum di un anno fa, che rigettò la separazione dalla Spagna.

5 Stelle . Il movimento “può essere l’erede dei fascisti di Mjussolini?”, titola il settimanale politico americano “The Nation”. A sorpresa, e col punto interrogativo: la corrispondente da Roma, Frederika Randall, parte dalla conquista elettorale della capitale chiedendosi: “Il Movimento 5 Stelle ha infine preso il palazzo d’Inverno… o dovremmo dire che ha fatto la sua marcia su Roma”. Precisa che dare del fascista in Italia è un vezzo comune. Ma procede Ma con una serie concludente di argomenti.
Il movimento è nato nel 2007, quando Grillo ha varato le maniofestazioni del “Vaffanculo” - in italiano nel testo, il termine è sdoganato. Grillo lo ha lanciato e lo amministra con Casaleggio, “all’insegna di un dispotismo illuminato e della democrazia diretta”. Casaleggio era “un eccentrico, patito di fantascienza e guru del web-marketing”. Grillo promette molto a tutti ma non ha un programma economico. In politica estera è unicamente anti-euro e anti-Ue, apparentato a Strasburgo col movimento xenofobo britannico Ukip. Trump e Berlusconi, ricconi voltati in politica, sono lontani? No, Casaleggio è stato “un affarista aspirante imprenditore “, e ha locupletato il blog di Grillo con la pubblicità. Grillo è “un ricco showman”, che ne condivide l’approccio: anti-tasse e anti-regole, e in favore del capitale. Il disprezzo della politica non è di “questa” politica ma delle regole politiche. La “democrazia diretta” col voto online sul blog di Grillo ha aperto più di un varco alle manipolazioni. In conclusione, “se c’è un partito che somiglia a quello di Mussolini col sostegno dei reduci di guerra nel 1919-1920 è il Movimento 5 Stelle”. Identico il tema messianico del “riscatto dei traditi”, dalla corruzione oggi come dai pescicani allora e dai profittatori di guerra. Identica la mescola di messaggi “presi in fretta in prestito da destra e da sinistra” (qui Randall ricorda che Mussolini veniva dal socialismo). E lo stesso piglio dittatoriale  per tenere assieme un movimento disordinato”. Con il mussoliniano, si può aggiungere, “Vincere, e vinceremo”.
Il caso italiano è messo in prospettiva col discredito della politica  ovunque in Europa, in Francia, Gran Bretagna, Belgio, Spagna. Da ultimo una frecciata non gratuita: “L’Italia? Grillo in realtà non se ne cura. Sembra credere che l’Italia possa vivere nell’autarchia”.
“The Nation”, di orientamento dichiarato “progressista, social liberale”, ha 150 anni di vita, il settimanale politico più longevo.

Islam – Pratica la dissimulazione e non apprezza la debolezza – rispetta la forza. È tutto qui lo “scontro di civiltà”, o la difficoltà crescente all’integrazione, anche dopo due generazioni. Che tanto più cresce quanto più numerosa si fa la comunità mussulmana in Europa: crescendo di numero, più forte si fa il vecchio sentimento di sfida. Le incomprensioni nascono da qui. Le chiusure europee sono del resto limitate agli immigrati islamici, non al colore della pelle o ad altri diversità geo-culturali: per il revanscismo serpeggiante in quella comunità (o bisognerebbe dire confessione?).

Occidente – È in crisi in parallelo con la desovietizzazione: è entrato in crisi nel momento in cui il comunismo mondiale si è dissolto: si è dissolto pure l’Occidente, che si era conformato alla lotta al comunismo. Quello dei valori e del riarmo morale, nella cosiddetta “cultura di massa del consenso” Fatta di prosperità economica distribuita, e valori quasi religiosi di libertà. Dichiarata negli Stati Uniti, che nel 1956 adottarono il motto “In God we trust”, la fede in Dio, al posto del latino “E pluribus unum”, il crogiolo, che aveva accompagnato l’indipendenza nel secondo Settecento.  “In God we trust”, che era apparso sulle monete al tempo della guerra civile, dopo la legge del 1956 fu estesa ai biglietti del dollaro. Due anni prima era stata aggiunta la clausola “under God” alla formula del giuramento di fedeltà alla bandiera nazionale: “Giuro fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America e alla repubblica che essa rappresenta, una nazione sotto Dio, indivisibilmente, con libertà e giustizia per tutti”. Con il connesso senso di superiorità, che poi si è dileguato.
Ma già negli anni 1980, del reaganismo, delle crepe si erano aperte nel fondamento etico, nell’ideologia dell’arricchimento libero e facile, degli yuppies, come si chiamavano gli arrivisti in quegli anni, e dei consumi eccessivi, esibizionisti

Patrie – Vanno a restringersi, tanto più quanto vogliono essere autentiche, univoche cioè, e organizzate in un destino unico. È il principio del tribalismo, che sottintende al concetto di patria: Modernamente vincolato alla comunanza di lingua e di storia, ma al fondo sempre razziale, biologico. Il movimento verso le piccole patrie cresce nell’ex Terzo mondo, in Libia, in Iraq, in Siria, perfino in Libano, che  invece è nato programmaticamente all’insegna della convivenza, per un’esperienza unitaria recente e forse superficiale. E avviene nella sofisticata Europa a esaurimento della dialettica e l’apologia della Grande Patria, collante anche di realtà li linguistiche e\o etniche diverse. In Gran Bretagna, Spagna, Belgio, in Italia anche se non si dice.
La Germania fa eccezione: nel mondo tedesco il movimento è ancora centripeto. La Grande Germania è fuori agenda per sensibilità politica, dopo le guerre del Novecento, ma approssima probabilmente l’unanimità, fra le varie nazioni tedescofone.   

Velo – Se ne fa una questione di moda e accessori, mentre è una questione etica e di diritto. Chiaramente il “Corano” considera la donna inferiore – bisognosa di aiuto, ma appunto perché inferiore. Il velo non è una maniera di essere, magari di modestia femminile, o di ritrosia, o di riguardo, come è stato in varie epoche della civiltà e in varie popolazioni, di ogni religione. Il velo islamico è imposto. Per una questione di privativa: la donna deve mostrarsi solo al marito e al padre – neanche al medico. Il velo islamico non è una moda, e non è una scelta. E come imposizione è privativo, asservisce.

astolfo@antiit.eu

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