sabato 22 ottobre 2016

Il papa ritorna a Dio

Un papa inevitabile – dopo quello argentino di strada, il presidente nero e la presidentessa in itinere femmina: un papa per caso, giovane e americano su progetto delle vecchie volpi americane del conclave, che invece entra nel ruolo. Nel modo più naturale. Cioè inaspettato, e vero. Cioè semplice. Della cosa soprammessa alla fede, che quindi non va e va rovesciata. A partire da se stesso. È un papa che si vuole senza immagine sua propria – detto alla Moretti, si nota di più un personaggio senza immagine, ma di fatto il vicario di Dio in terra vuole tornare ai fondamentali.
“Avete dimenticato Dio!” è più o meno il grido del papa giovane quando infine si decide a parlare ai fedeli, senza però mostrarsi. Sullo sfondo di una verità cui probabilmente Sorrentino è arrivato per caso: che scienza e filosofia non sono superiori alla fede e non possono sfrattarla, forse non devono - godono di prestigio, ma senza fondamento quando la fiducia si vuole superiorità. Senza filosofemi: è un film sontuoso, come tutto ciò che è Roma, che Sorrentino vede sempre con occhio specialissimo - lo specchio della vera anima della città, anche a sua insaputa, anche contro se stessa. Che non è un “discorso” soprammesso, o una vaselina per il pubblico, per fargli avallare un racconto indigesto: è il lusso dei sentimenti, quando questi sono profondi, cioè sentiti, e non opportunisti o mercenari, del tipo “bisogna essere”.

Via Moretti
La partenza è morettiana – il tributo è dichiarato: si gioca al pallone anche in questo Vaticano – o psicoanalitica: il tormentone analitico (morettiano) dell’inadeguatezza. Che non vuole dire niente, ma è un altro modo di chiamare la solitarietà dell’artista, la difficoltà del creativo a rapportarsi agli altri. Specie in quella summa ontologico-metafisica che si vuole da qualche tempo l’esistenza quotidiana, come una filosofia in essere.
Sorrentino, però, se l’ha ponzata in partenza, da buon probabile cliente di strizzacervelli, dell’inadeguatezza poi se ne frega, nel caleidoscopio che crea delle immagini. Un romanzone fa tutto fra preti e monache, ma di persone come noi, fumano anche molto. Con effettacci da romanzo di appendice, quali la serialità richiede, come rovesciamenti e abusi, sotto la levigatezza formale. Compresa la morte presunta che lo conclude, un classico del romanzo già in età classica - se la storia prende, la morte si rivelerà apparente. Con uno sberleffo, da analizzando cronico, al sogno-verità di Freud: il giovane papa si vede in tribuna a esortare all’onanismo, all’omosessualità e all’aborto, cioè all’infecondità, ma il suo è un incubo.  
E via GaboIl soggetto originario potrebbe essere di Garcia Marquez, il reportage che su “Cambio”, la sua rivista, fece da Roma nel 1999, in previsione della successione a Giovanni Paolo II, pubblicato anche sul “Corriere della sera”, “Il papabile colombiano”: un ritratto del  cardinale Darío Castrillón Hoyos, possibile successore, visto attraverso le “diocesi di frontiera”, di cui era responsabile in Vaticano. Di “cultura popolare e prudenza rinascimentale”. Che comunica in otto lingue con i parroci di tutto il mondo. Va spericolato a cavallo. Pratica lo sci nautico. Fuma. E non ha avuto problemi a incontrare Pablo Escobar, il trafficante di droga, lui vestito da contadino, il capomafia messicabo da lattaio. Uno  che Sandro Magister su “L’Espresso” definiva “conservatore a tutto tondo eppure amicissimo dello scrittore di sinistra” Garcia Marquez. In una curia regolata dalle donne.Nella mitologia di “Gabo” Sorrentino può avere trovato anche altre esperienze vaticane. “Il papa sofferente che vedeva Gesù”, Pio XII, nel 1955, quando “Gabo” fu corrispondente a Roma per un breve periodo. O l’incontro con papa Woytiła nel 1979, prima dell’attentato, un Woytiła giovanile e sportivo, con cui si chiusero a chiave nello studio, e poi ebbero difficoltà a uscirne perché la chiave non girava.
Paolo Sorrentino, The young Pope

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