mercoledì 26 ottobre 2016

La guerra è colpa dei padri

“Tu sei un uomo, Figlio mio” è “If”, Se, la poesia più famosa di Kipling. È anche la più amata, secondo la Bbc, in tutta la Gran Bretagna. Ma il piccolo corpus è delle lettere che Kipling scambiò nel 1914-15 col figlio John, da lui arruolato per patriottismo con artifici, benché diciassettenne, allo scoppio della guerra, che sarà dato per “disperso”  a fine settembre 1915, due giorni dopo la sua ultima lettera, sul fronte belga – ci sarà per lui una tomba, ma senza il corpo.
Uno dei “documenti di guerra” più dolorosi, leggendolo a ritroso, del chiacchiericcio e la brillantezza superficiali sullo sfondo della fine del figlio diciottenne. Non ci sono rivelazioni, né effetti speciali. Una vicenda triste dal punto di vista umano. E uno degli spetti della Grande Guerra che si sottacevano dietro i patriottismi.
Le lettere son state pubblicate solo trent’anni dopo la morte di Kipling a gennaio del 1936, per la ferma opposizione della vedova, Caroline Balestier, e della figlia Elsie.  Come tuta la sua corrispondenza del resto. Le lettere non nascondevano alcun segreto di famiglia, tantomeno pruriginoso o scandaloso. Ma un’esigenza di riserbo era subentrata, dopo l’impegno iperpubblico dello scrittore, apostolo incongruente di tutte le guerre.
Incongruente col suo senso storico e politico, vivissimo. E con la sua propria psicologia, di uomo sensibile, troppo. Dopo la morte della primogenita Josephine, nel 1899, a cinque anni, di polmonite mentre era in visita alla famiglia materna negli Stai Uniti, ne aveva improvvisamente spento il brio e l’arguzia, a memoria dei familiari memorialisti. La morte di John lo spense, si può dire , fisicamente: Kipling continuerà a fare la sua guerra, propagandista, incitatorio, sul fronte francese e su quello italiano, e di fronte ai cimiteri di guerra, ma avvia con la morte del figlio una serie di malesseri dolorosi che non lo lasceranno più, fino alla morte vent’anni dopo.
Si farà nominare commissario alle sepolture di guerra, e a questo titolo poté visitare, a mo’ di compensazione, i grandi cimiteri militari, nelle Fiandre, a Gallipoli, in Palestina, in Mesopotamia – il futuro Iraq. Malgrado la corazza di orgoglio, e il pudore britannico, non eviterà di dire il suo sconforto. Nella poesia “Mio figlio Jack” (“Avete visto mi figlio Jack…”). E negli “Epitaffi di guerra”, dove così conclude il componimento “La preghiera comune”: “Se vogliono sapere perché siamo morti\ dite loro: è perché i nostri padri hanno mentito”.
Rudyard Kipling, Tu seras un homme, mon fils. Lettres à son fils, Mille-et-une-nuit, pp. 94 € 3

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