Propone
una no-fly zone su Aleppo e la Siria
nord-occidentale. Cioè un confronto ravvicinato con la Russia, che lei sa avere
postazioni anti-aeree avanzate. È l’ultimo di una serie di atti bellicosi di
Hillary Clinton, da segretario di Stato di Obama, e poi da referente delle monarchie
arabe del Golfo, grandi finanziatrici della Fondazione Clinton. Atti tanto
decisi, da sopravanzare i dubbi del presidente debole, quanto inconcludenti -
per gli Usa – e dannosi – per l’Europa.
Ha
cominciato con la Libia: “We came, we
saw, he died” è la sua famosa battuta cesariana quando “liberò” la Libia e
Gheddafi fu assassinato. Mentre Al Qaeda diventava padrona di Bengasi e mezzo
petrolio libico. Una sua personale responsabilità si vuole circoscrivere all’assassinio
dell’ambasciatore americano a Bengasi, ma è una posizione eufemistica, per non scoprire
questo enorme errore della strategia americana. Venne poi la “rivoluzione”
ucraina, con la dissoluzione della stessa Ucraina, e le inutili sanzioni alla
Russia. E la tragedia siriana, voluta dall’Arabia Saudita e dal Qatar. Nella quale,
come si vede, pur da fuori, non cessa di soffiare sul fuoco.
È
nel suo entourage che maturò e fu
proposto il bombardamento dell’Iran. Mentre ora si pensa alla Corea del Nord.
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