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mercoledì 12 ottobre 2016

Letture - 276

letterautore

Beat – Una letteratura di New York che si colloca a San Francisco: metropolitana, anche dura, e psichedelica, evanescente. Metropolitana in fuga. Molto radicata e storicizzata, in luoghi e date.  Profanatrice e costruttiva: molte corazze ha lacerato, altre ne ha costituite. Una letteratura performativa. Non la prima, oppiato è molto Ottocento, ma la più produttiva, perfino invadente.
Conseguente anche, come di programma, fino alla sfinimento. Letterario prima che fisico, della disintegrazione della lingua e della stessa parola, fino al monosillabo e al silenzio.

D’Annunzio – Andava volgarmente a puttane, cosa che si sottace nelle apologie – anche questo è un fatto: non ha biografi ma apologeti. Nel mentre che flirtava o vantava flirt con dame illustri, per censo, venustà o acume. Più di una volta stato chiuso in casa lunghi periodi per lo scolo.

Epistolografo prolifico, incontinente, da public relation man: scriveva con costanza, a plurimi interlocutori, ogni giorno. Con grafia curatissima, bellissima – “spadoliniana”, cioè allo specchio, ma senza svolazzi: millimetricamente regolare, da copista. L’uomo d’azione è una pausa: una divagazione, e un fiore all’occhiello, del mondano socievole.
Ma, anche, il mondo allora non aveva fretta.

Dante - È romanziere: la narrativa è il fondo più consistente della trilogia, più che l’elegia, l’invettiva, l’idillio, l’apologia. Forme peraltro strumentate in chiave narrativa, di rappresentazione più che di evocazione
In questa chiave è stato letto soprattutto nelle edizioni americane, ma come uomo dei suo tempo, di tematiche e passioni datate, anche precisamente. Non tanto per il contesto storico, quanto per la questione della fede, che nessuno ha oggi, non come allora. Mentre è proprio questo il suo sigillo immutabile. Che lui non viveva la fede come “uomo del suo tempo” – beghino? pietista? – ma nella sofferenza o incertezza, e il godimento finale ne è la prova. Era del resto allora come ora epoca di disvalori – imprecazioni, settarismi, vaffanculo, anzi ben più esiziali che i compianti elettronici che ci occupano. Anche in fatto di tenuta: l’effimero che ci opprime, di lazzi e capricci - plebei si sarebbe detto da Aristofane fino all’altro ieri - è comune a tutte le epoche, ed è quello che perseguita Dante, lo ossessiona.
  
Erodoto - Il padre della storia raccoglieva – o inventava – bufale. Anche alcune che avrebbero fatto la storia. Per esempio quella di Cinegiro, il fratello di Eschilo, di cui fa l’eroe eponimo di Maratona: Cinegiro insegue i Perisani in fuga verso le loro navi, ma muore quando, avendone trattenuta una con una mano, questa gli viene amputata. Da qui un monumento perenne nelle successive storie, di Giustino, Plutarco, Svetonio, Valerio Massimo, Plinio il Vecchio, Luciano, l’ Antologia Palatina”. Giustino giustamente gli farà amputare le due mani: prima Cinegiro trattiene la nave con una mano, e quando gliela tagliano, la trattiene con l’altra.

Italia - G.Grass, “Da una Germania all’altra”, p. 197, rimestando tra le vecchie carte degli primi anni 1950, ritrova “due o tre poesie d’Italia: “Il giardino d’Aurora”.  Grass è stato in Italia a vent’anni, dopo la guerra, quando non aveva sbocchi in Germania, mentre in Italia poté frequentare l’accademia di scultura, come era nelle sue ambizioni, anzi due accademie, a Roma e a Palermo, e a Palermo s’innamorò. Ma non mantenne l’uso dell’italiano, né familiarità con l’Italia, e anzi non ha lasciato nulla nemmeno come ricordo, nemmeno le poesie di Aurora, se non poche righe nel  memoriale “Sbucciando la cipolla”. È l’Italia che perde appeal? È la Germania che non è più curiosa?
Kipling – Ha introdotto il Terzo mondo nella letteratura. Già altri scrittori lo avevano utilizzato, Conrad come Salgari, e i tanti “salgariani”, scrittori di avventura, ma come esotismo. Kipling ne fa corretto uso come materia e come chiave di lettura: del rapporto ineguale, dell’imperialismo, della resistenza.

Monomaniaco – È l’autore secondo Carrère, in riferimento a se stesso ma non senza verità. “Il tipo murato in un manicomio” è il “soggetto” tipo di Carrère: Limonov, Dick, san Paolo, san Luca, l’ “Avversario” - sette anni questo di applicazione, l’ambizione-missione di una vita: la vita di un folle che si pretese medico per quindici anni, e poi sterminò la famiglia. Ma l’autore . l’autore in genere, non Carrère - ha più di un connotato in comune col “tipo da manicomio”, a una sola dimensione, ripetitivo. E tanto più tanto meglio.

Morante . Si celebra la scrittrice alla trasmissione a premi di Rai 1, “L’eredità”, con un quiz tratto da una lettera a un’amica, nella quale formula una domanda che è “un vera dichiarazione d’amore”. La domanda è una delle quattro: “Stai bene?” “Hai dormito?” “Hai mangiato?” “Sei contenta?” La risposta è una delle quattro. Gli scrittori è meglio non frequentarli?

Proust – La stima che sempre più spessa lo ricopre, ne ricopre la “Ricerca”, sembra ispessirlo con un che di rancido, non più vivificante. La mostra sulla contessa di Greffhule, che a New York il Museum at Fit, il Fashion Institute of Technology, ha aperto, “Proust’s Muse, The Countess Greffuhle”, e che lo steso istituto pubblicizza generosamente online, ne conferma un ispessimento museale. È una mostra di lunghe didascalie e dei bozzetti dei tanti vestiti, firmati e suoi, che la contessa indossò o ordinò. Forse l’effetto patina è stimolato dal tipo di culto: altre mostre di vestiti e paramenti riescono a far risorgere un’epoca, la disposizione dei capricci della contessa meno - sembra che non ci sia niente sotto, anche solo un amore adulterino.

Roma – Nella prefazione 1957 alle “Passeggiate romane” di Stendhal, Moravia trovava Roma deserta: “Roma, oggi come ai tempi di Stendhal, è la sola capitale europea che non abbia una vita notturna”. Alla vigilia della “Dolce Vita”.
Roma è la sola città italiana che abbia una vita notturna, altrove alle sette plana il silenzio, eccetto che neo due o tre locali alla moda. Ma non ha buona stampa, soprattutto presso i romani. Lamentare, lamentarsi è parte di Roma?

Speranza – Ma è la virtù del romanziere. Molto diffusa quindi in quest’epoca disperata così piena d romanzi. È la virtù tonificante del romanziere, anche il più disperato di suo. Un’arte che richiede un’applicazione “matta e disperata, e costanza. Insonnie, ulcere, intrattabilità (isolamento).A rischio deragliamento. Tutto ciò non può essere mosso che da una forsennata speranza – fede.

Stendhal – Come Trump, voleva acchiappare le donne con il sesso. Lo consigliava anche, attesta il suo amico di una vita Mérimée: “Se vuoi una donna, prendila”. Ma era regolarmente tradito dalle sua amanti. O lui le trovava traditrici. E forse era solo un onanista – non c’è Stendhal nella vita (corrispondenze, confidenze, memorie) delle sue amate, o nella rete di informazioni, pettegolezzi, aneddoti degli ambienti che frequentava.

letterautore@antiit.eu

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