Beat – Una letteratura di
New York che si colloca a San Francisco: metropolitana, anche dura, e
psichedelica, evanescente. Metropolitana in fuga. Molto radicata e storicizzata,
in luoghi e date. Profanatrice e costruttiva:
molte corazze ha lacerato, altre ne ha costituite. Una letteratura
performativa. Non la prima, oppiato è molto Ottocento, ma la più produttiva,
perfino invadente.
Conseguente anche, come di programma, fino alla sfinimento. Letterario
prima che fisico, della disintegrazione della lingua e della stessa parola,
fino al monosillabo e al silenzio.
D’Annunzio – Andava volgarmente
a puttane, cosa che si sottace nelle apologie – anche questo è un fatto: non ha
biografi ma apologeti. Nel mentre che flirtava o vantava flirt con dame illustri,
per censo, venustà o acume. Più di una volta stato chiuso in casa lunghi
periodi per lo scolo.
Epistolografo prolifico, incontinente, da public relation man:
scriveva con costanza, a plurimi interlocutori, ogni giorno. Con grafia
curatissima, bellissima – “spadoliniana”, cioè allo specchio, ma senza svolazzi:
millimetricamente regolare, da copista. L’uomo d’azione è una pausa: una divagazione,
e un fiore all’occhiello, del mondano socievole.
Ma, anche, il mondo allora non aveva fretta.
Dante - È
romanziere: la narrativa è il fondo più consistente della trilogia, più che
l’elegia, l’invettiva, l’idillio, l’apologia. Forme peraltro strumentate in
chiave narrativa, di rappresentazione più che di evocazione
In questa chiave è stato letto soprattutto
nelle edizioni americane, ma come uomo dei suo tempo, di tematiche e passioni
datate, anche precisamente. Non tanto per il contesto storico, quanto per la
questione della fede, che nessuno ha oggi, non come allora. Mentre è proprio
questo il suo sigillo immutabile. Che lui non viveva la fede come “uomo del suo
tempo” – beghino? pietista? – ma nella sofferenza o incertezza, e il godimento
finale ne è la prova. Era del resto allora come ora epoca di disvalori –
imprecazioni, settarismi, vaffanculo, anzi ben più esiziali che i compianti
elettronici che ci occupano. Anche in fatto di tenuta: l’effimero che ci opprime,
di lazzi e capricci - plebei si sarebbe detto da Aristofane fino all’altro ieri
- è comune a tutte le epoche, ed è quello che perseguita Dante, lo ossessiona.
Erodoto -
Il padre della storia raccoglieva – o inventava – bufale. Anche alcune che avrebbero
fatto la storia. Per esempio quella di Cinegiro, il fratello di Eschilo, di cui
fa l’eroe eponimo di Maratona: Cinegiro insegue i Perisani in fuga verso le
loro navi, ma muore quando, avendone trattenuta una con una mano, questa gli
viene amputata. Da qui un monumento perenne nelle successive storie, di
Giustino, Plutarco, Svetonio, Valerio Massimo, Plinio il Vecchio, Luciano, l’
Antologia Palatina”. Giustino giustamente gli farà amputare le due mani: prima
Cinegiro trattiene la nave con una mano, e quando gliela tagliano, la trattiene
con l’altra.
Italia - G.Grass,
“Da una Germania all’altra”, p. 197, rimestando tra le vecchie carte degli primi
anni 1950, ritrova “due o tre poesie d’Italia: “Il giardino d’Aurora”. Grass è stato in Italia a vent’anni, dopo la
guerra, quando non aveva sbocchi in Germania, mentre in Italia poté frequentare
l’accademia di scultura, come era nelle sue ambizioni, anzi due accademie, a
Roma e a Palermo, e a Palermo s’innamorò. Ma non mantenne l’uso dell’italiano,
né familiarità con l’Italia, e anzi non ha lasciato nulla nemmeno come ricordo,
nemmeno le poesie di Aurora, se non poche righe nel memoriale “Sbucciando la cipolla”. È l’Italia
che perde appeal? È la Germania che
non è più curiosa?
Kipling – Ha introdotto il
Terzo mondo nella letteratura. Già altri scrittori lo avevano utilizzato, Conrad
come Salgari, e i tanti “salgariani”, scrittori di avventura, ma come esotismo.
Kipling ne fa corretto uso come materia e come chiave di lettura: del rapporto
ineguale, dell’imperialismo, della resistenza.
Monomaniaco – È l’autore secondo Carrère, in riferimento a
se stesso ma non senza verità. “Il tipo murato in un manicomio” è il “soggetto”
tipo di Carrère: Limonov, Dick, san Paolo, san Luca, l’ “Avversario” - sette
anni questo di applicazione, l’ambizione-missione di una vita: la vita di un
folle che si pretese medico per quindici anni, e poi sterminò la famiglia. Ma
l’autore . l’autore in genere, non Carrère - ha più di un connotato in comune
col “tipo da manicomio”, a una sola dimensione, ripetitivo. E tanto più tanto
meglio.
Morante . Si celebra la scrittrice alla trasmissione a
premi di Rai 1, “L’eredità”, con un quiz tratto da una lettera a un’amica,
nella quale formula una domanda che è “un vera dichiarazione d’amore”. La
domanda è una delle quattro: “Stai bene?” “Hai dormito?” “Hai mangiato?” “Sei
contenta?” La risposta è una delle quattro. Gli scrittori è meglio non
frequentarli?
Proust – La stima che sempre più spessa lo ricopre, ne
ricopre la “Ricerca”, sembra ispessirlo con un che di rancido, non più
vivificante. La mostra sulla contessa di Greffhule, che a New York il Museum at
Fit, il Fashion Institute of Technology, ha aperto, “Proust’s Muse, The
Countess Greffuhle”, e che lo steso istituto pubblicizza generosamente online, ne
conferma un ispessimento museale. È una mostra di lunghe didascalie e dei
bozzetti dei tanti vestiti, firmati e suoi, che la contessa indossò o ordinò.
Forse l’effetto patina è stimolato dal tipo di culto: altre mostre di vestiti e
paramenti riescono a far risorgere un’epoca, la disposizione dei capricci della
contessa meno - sembra che non ci sia niente sotto, anche solo un amore
adulterino.
Roma – Nella prefazione 1957 alle “Passeggiate
romane” di Stendhal, Moravia trovava Roma deserta: “Roma, oggi come ai tempi di
Stendhal, è la sola capitale europea che non abbia una vita notturna”. Alla
vigilia della “Dolce Vita”.
Roma è
la sola città italiana che abbia una vita notturna, altrove alle sette plana il
silenzio, eccetto che neo due o tre locali alla moda. Ma non ha buona stampa,
soprattutto presso i romani. Lamentare, lamentarsi è parte di Roma?
Speranza
– Ma è
la virtù del romanziere. Molto diffusa quindi in quest’epoca disperata così
piena d romanzi. È la virtù tonificante del romanziere, anche il più disperato
di suo. Un’arte che richiede un’applicazione “matta e disperata, e costanza.
Insonnie, ulcere, intrattabilità (isolamento).A rischio deragliamento. Tutto
ciò non può essere mosso che da una forsennata speranza – fede.
Stendhal
– Come Trump,
voleva acchiappare le donne con il sesso. Lo consigliava anche, attesta il suo
amico di una vita Mérimée: “Se vuoi una donna, prendila”. Ma era regolarmente
tradito dalle sua amanti. O lui le trovava traditrici. E forse era solo un
onanista – non c’è Stendhal nella vita (corrispondenze, confidenze, memorie)
delle sue amate, o nella rete di informazioni, pettegolezzi, aneddoti degli
ambienti che frequentava.
letterautore@antiit.eu
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