giovedì 20 ottobre 2016

Obama o della guerra

Obama sarà stato il presidente che ha fatto più guerre: Libia, Siria, Russia. Mentre teneva aperti i fronti in Afghanistan e Iraq, e spalancava le porte alle “primavere arabe” della Fratellanza Mussulmana, lo schermo del radicalismo sunnita - wahabita-salafita, cioè dei principati  patrimoniali del Golfo.
Ha voluto con costanza – più con H.Clinton segretario di Stato, ma la politica è la sua – la Nato alle costole della Russia. Per nessuna ragione. Con danno dell’Europa, e con qualche rischio. Contro l’impegno che George Bush aveva preso nel 1989 con Gorbaciov di non insidiare la Russia.
Ha esordito a gennaio del 2009 proponendo “il rispetto reciproco con i paesi arabi”. E aprendo ai terroristi: “Pronti a darvi una mano se abbasserete il pugno”. Non ha chiuso Guantánamo come prometteva: “Entro il 2009 chiuderò Guantánamo” – i prigionieri di Guantánamo non devono poter parlare.
Ha disinnescato l’Iran e Cuba, ma è da vedere se le cose andranno a buon fine. Non ha tentato un approccio di pace in Palestina - il primo presidente a evitare la questione. .
È il primo presidente che non  ha “governato” l’Europa, come tutti i suoi predecessori hanno fatto nel dopoguerra, a distanza e rispettosamente ma con le briglie ben strette. Gli Stati Uniti non gradiscono la “Fortezza Europa”, ma l’Europa allo sbando è un male per l’Occidente, e anche per gli Stati Uniti.
Il presidente forse di maggiore buona volontà, dopo l’inutile Carter. Il cui vice Biden può minacciare in tv un “colpo a sorpresa” contro la Russia.
Anche dal fronte interno Obama non esce bene: ha fatto molto meno, e peggio, di come si vuole pensare di lui in Europa - la insorgenza di una candidatura come quella di Trump, radicalmente anti-obamiana, lo certifica. La questione razziale, soprattutto con gli afroamericani, si è riaccesa. Il suo sistema sanitario privato(assicurativo)-pubblico è complicato, e troppo caro per i più poveri. Malgrado un aumento abnorme nei suoi otto anni del debito pubblico, passato dal 65 al 105 per cento del pil.

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