Alienazione – È passata da
diagnosi, sia pure amara, in vista di una terapia, quindi da fatto anomalo, a
condizione normale, e per molti auspicabile – stiamo felicemente male. L’esclusione
– sofferenza, asservimento - come un ideale. L’eroe contemporaneo, soprattutto
nelle arti, e più in quelle costose, con impiego di capitali oltre che di intelligenza
e di tempo di lavoro, è l’escluso – dannato, “diviso”, sradicato. Il creatore
non è di nessun luogo. E lui stesso non si ritrova, neanche di giorno, sotto il
sole – non fa ombra, si muove come nella corsa dei sacchi, nella botte, saltellando,
rotolando.
Si
spiegano anche le irresolutezze dell’amore: la pratica è onanistica.
Crudeltà – L’uomo è
crudele – non altri.
L’uomo
è crudele anche nel giudizio. Disinteressato, equanime.
L’uomo
è crudele anche nella pietà.
La
crudeltà è ragionevole – durevole, “giustificata”.
La
natura è violenta, non crudele – effetto dell’incoscienza.
È
un reagente della verità.
La
crudeltà umana – ma è per questo solo umana - è cosciente: svelata, organizzata.
Nell’atto (azione, comportamento,
parola) è conseguente, risponde a un temperamento, a una convinzione o a una
legge. Nel pensiero invece è attributo (decorazione) della verità, la quale
vuole essere spietata – la filosofia ne fa a meno perché arzigogola la verità,
non la fissa.
Dogma – “Per me un
dogma è solo una via di accesso alla contemplazione ed è uno strumento di
libertà, non di costrizione. Salvaguarda il mistero, a tutto vantaggio della
mente umana”: Frances O’Connor, lettera ad “A.” del 2 agosto 1955, in “Sola a
presidiare la fortezza”. Salvaguardare il mistero: la mente s’avvantaggia se
non è insidiata dal mistero?
Esistenzialismo – In quanto
moda si contraddice, Mounier ha ragione che ammoniva, “Introduction aux existentialismes”
: “L’ultima assurdità del secolo doveva essere la moda dell’esistenzialismo: la
consegna al chiacchiericcio quotidiano di una filosofia di cui tutto il senso è
di strapparci al chiacchiericcio”. È – è stato – moda, un fuoco fatuo, con
molte parole inutili anche negli originali.
È
trascurato ma è pieno di novità il fascicolo monografico di “Prospettive” che
Malaparte nel 1942 (Ott.-Dicembre, nn. 36-38) organizzò. Con contributi di
Moravia, che era una sorta di segretario di redazione-vice di Malaparte, Galvano Della Volpe, “Le ultime anime
belle (da Jaspers a Berdiaeff)”, titolo del fascicolo, Nicola Abbagnano, “L’arte
come problema esistenziale”, Martin Heidegger, “L’essere come tempo”. E altri testi,
scelti, tradotti e commentati da Emilio Oggioni.
Morte – La nota
osservazione di Spinoza nell’“Etica” (IV, 67), che “Homo liber de nulla re minus quam de morte cogitat, et ejus sapientia
non mortis , sed vitae, meditatio est” è, più che una battuta di spirito,
il fondamento della filosofia. Ma è filosofico non pensare alla morte, oppure
pensarci una volta per tutte ?
Erodoto racconta che i Traci salutavano
i neonati con gemiti e strepiti e festeggiavano i morti. Però, i Traci
(r)esistono ancora oggi - non hanno cessato di fare figli. Resistono a se
stessi? a Erodoto?.
Se
non da Erodoto, da Platone in poi la morte si fa dire buona e salutare: quella
che dà un senso alla vita. Ma cos’è veramente l’essere-per-la-morte, o il
pensare-per-la-morte? In Heidegger un residuo del catechismo, di quando era
chierichetto, ma in astratto? Platone era un dandy, non molto cinico ma abbastanza.
Nichilismo – È tedesco, per
un qualche motivo? Per il “modo tedesco” di vivere la divinità, e quindi la
legge divina: come proiezione di sé.
Il
tedesco è prima tedesco, poi essere umano, poi eventualmente cristiano, è stato
detto. Come nell’ebraismo, la realtà tribale prevale. Il nichilismo tedesco è
una forma del cristianesimo: la speranza, quel cristianesimo che il nichilismo
cortocircuita, vi è attualizzata nell’essere tedesco.
Un
esito della Riforma, o non piuttosto la Riforma è un esito di questa metafisica
del Volk?
Odio – “L’odio in me
parte dall’amore”, afferma l’Emione di Racine, “Andromaca”. Ermione è
complicata, la prima delle donne complicate di Racine: dopo aver ordinato
all’innamorato Oreste di uccidere l’infedele marito Pirro, lo piange morto,
respinge il fedele esecutore e corre a uccidersi. Il suo è l’amore che non
nasce dall’odio – Pirro non è cattivo, è confuso - ma dal possesso.
Nell’opera
di Rossini, Ermione non muore, si scusa col maledire Oreste. Che viene salvato
dal provvidenziale accorrere dei suoi. Un dramma che è quasi una commedia –
lieto fine. L’odio, come l’amore, è teatrale? Sì, sicuramente.
La Bibbia coltiva l’odio, ne fa
legge. Una presa che si prolunga nell’evo cristiano, dalla condanna e
l’esecuzione di Cristo in poi, come se il perdono evangelico – l’amore – fosse stato
assunto e strizzato dalla Passione. Nelle scomuniche, le abiure imposte, la creazione
dell’ortodossia\eresia, le guerre di religione, per la “purezza” anche, e per
la razza.
Platone – Era un dandy, ma prolisso: si divertiva solo
lui. Lo storyteller interminabile che
tutti di solito evitiamo.
“È
strano vedere Platone, e la cultura intellettuale di Platone, risorgere ogni volta
che il cristianesimo è in crisi”. È osservazione non di un filosofo, di uno
scrittore, Malaparte, strano, all’indomani della guerra. Ma corretta.
Religione – Augé, “La
Sacrée Semaine qui changea la face du monde”, vuole il Calvario, e in genere il
fatto religioso, la radice della violenza nel mondo. Non nel senso di Girard,
della vittima sacrificale che inaugura e consacra le religioni, ma della violenza
persistente, sotto il velo della giustificazione. Non è invece – non è stata –
un argine, anche se fragile?
Riforma – Si generalizza
in senso anticattolico, ma quella luterana è antitetica a quella calvinista.
Questa sradicante, quella radicata, “tedesca” – tribale: della
divinità radicata nel Volk, nel singolo
purché tedescofono.
zeulig@antiit.eu
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