“È nella natura della narrativa non
essere buona a molto se non è buona in sé”. A volte Flannery O’Connor sembra
procedere per freccette, caudate, con la mossa del cavallo, o della sorpresa.
Ma è il suo modo di procedere “accorto”, tra le forze straripanti da cui è
mossa e che riesce a mettere in moto. Narratrice singolare e narratrice sempre,
anche quando parla, come più spesso negli otto saggi di questa raccolta, di
cose aride, i romanzi del romanziere, la narrazione del narratore, e perfino le
tecniche espressive, da maestra di scuola,di scrittura - “Mistery and Manners”
è il titolo originale, “Sul mistero di scrivere” il sottotitolo italiano.
Il personaggio sembra sovrastare
sainte-beuvianamente l’opera. Di vita breve e inferma, e vastamente produttiva,
in campi plurimi d’interesse: l’allevamento in fattoria, gli studi, la
scrittura, una cospicua presenza pubblica, tra interviste, conferenze, lezioni,
socialità intensa, e una vasta sostanziosa corrispondenza. Di profonda,
articolata, cultura. Di eccezionale – professante – fede cattolica, senza distinguo.
“Cattolica è il suo brand, tanto più
eccentrico nel Sud biblico. “La Chiesa e lo scrittore di narrativa” è uno dei
testi. “Il romanziere cattolico nel Sud protestante” un altro. Ma arguta,
vivace, brillante, acuta, insomma l’Autrice, in ogni parola.
“Di solito l’artista deve soffrire certe
privazioni per usare il proprio dono con integrità”. “L’arte è una virtù dell’intelletto pratico,
e la pratica di qualsiasi virtù richiede un certo ascetismo”. “Lo scrittore
deve giudicare se stesso con l’occhio e la severità di un estraneo. Il profeta
che è in lui deve vedere l’anormale”. “Nessun’arte è sommersa dall’io; al
contrario, nell’arte l’io dimentica se stesso”. Sono solo poche righe, di una
mezza paginetta: “Secondo me, di solito è una qualche forma di dilatazione
dell’io a distruggere il libero uso di un dono”. “San Tommaso chiamava l’arte
«ragione in atto». È una definizione molto fredda e molto bella”. E la pagina
non è finita. O a quella seguente: lo scrittore è pretenzioso, che non sa nulla
della vita? “Chiunque sia sopravvissuto alla propria infanzia possiede
abbastanza informazioni sulla vita per il resto dei suoi giorni”.
Attratta dall’irragionevole, nel quale
riscontra la superiora razionalità del mistero - della fede: “Gli assunti a
fondamento sono quelli dei principali misteri cristiani”. E: “L’argomento della
mia narrativa è l’azione della grazia in un territorio occupato in gran parte
dal diavolo”. Ma più in generale: “Compito della narrativa è incarnare il
mistero attraverso le maniere”, anche se “il mistero cera un grave imbarazzo
per l mentalità moderna”. Crociana, senza saperlo: “Quando si scrive, si vede
come il modo di costruire qualcosa governi il suo significato globale e ne sia
inseparabile. La forma dà al racconto un significato che qualsiasi altra forma
cambierebbe”.
Henryjamesiana, e insieme praticante e
critica dei “reboanti scrittori di San Francisco” – in realtà di New York: la
dannazione intellettuale è metropolitana, non dei fiori né psichedelica. Molto
attiva anche nel business accademico
delle scuole di scrittura. Che critica nel terzo saggio, “Scrivere racconti”.
Che però è una lezione…
Un libro giustamente di culto, scoperto
da Ottavio Fatica nel 1983, con prefazione “storica” dello stesso traduttore.
La cui traduzione è qui riedita - la traduzione in realtà di gruppo, del corso
di inglese della Seti, Scuola Europea di Traduzione Letteraria, coordinato da
Fatica, un gruppo nutrito, di tutte donne. Con un’introduzione di Raimo che è
forse il miglior saggio italiano sulla O’Connor.
Flannery O’Connor, Nel territorio del diavolo, Minimm Fax, pp. 150 € 8
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