mercoledì 12 ottobre 2016

Sul mistero di scrivere

“È nella natura della narrativa non essere buona a molto se non è buona in sé”. A volte Flannery O’Connor sembra procedere per freccette, caudate, con la mossa del cavallo, o della sorpresa. Ma è il suo modo di procedere “accorto”, tra le forze straripanti da cui è mossa e che riesce a mettere in moto. Narratrice singolare e narratrice sempre, anche quando parla, come più spesso negli otto saggi di questa raccolta, di cose aride, i romanzi del romanziere, la narrazione del narratore, e perfino le tecniche espressive, da maestra di scuola,di scrittura - “Mistery and Manners” è il titolo originale, “Sul mistero di scrivere” il sottotitolo italiano.
Il personaggio sembra sovrastare sainte-beuvianamente l’opera. Di vita breve e inferma, e vastamente produttiva, in campi plurimi d’interesse: l’allevamento in fattoria, gli studi, la scrittura, una cospicua presenza pubblica, tra interviste, conferenze, lezioni, socialità intensa, e una vasta sostanziosa corrispondenza. Di profonda, articolata, cultura. Di eccezionale – professante – fede cattolica, senza distinguo. “Cattolica è il suo brand, tanto più eccentrico nel Sud biblico. “La Chiesa e lo scrittore di narrativa” è uno dei testi. “Il romanziere cattolico nel Sud protestante” un altro. Ma arguta, vivace, brillante, acuta, insomma l’Autrice, in ogni parola.
“Di solito l’artista deve soffrire certe privazioni per usare il proprio dono con integrità”.  “L’arte è una virtù dell’intelletto pratico, e la pratica di qualsiasi virtù richiede un certo ascetismo”. “Lo scrittore deve giudicare se stesso con l’occhio e la severità di un estraneo. Il profeta che è in lui deve vedere l’anormale”. “Nessun’arte è sommersa dall’io; al contrario, nell’arte l’io dimentica se stesso”. Sono solo poche righe, di una mezza paginetta: “Secondo me, di solito è una qualche forma di dilatazione dell’io a distruggere il libero uso di un dono”. “San Tommaso chiamava l’arte «ragione in atto». È una definizione molto fredda e molto bella”. E la pagina non è finita. O a quella seguente: lo scrittore è pretenzioso, che non sa nulla della vita? “Chiunque sia sopravvissuto alla propria infanzia possiede abbastanza informazioni sulla vita per il resto dei suoi giorni”.
Attratta dall’irragionevole, nel quale riscontra la superiora razionalità del mistero - della fede: “Gli assunti a fondamento sono quelli dei principali misteri cristiani”. E: “L’argomento della mia narrativa è l’azione della grazia in un territorio occupato in gran parte dal diavolo”. Ma più in generale: “Compito della narrativa è incarnare il mistero attraverso le maniere”, anche se “il mistero cera un grave imbarazzo per l mentalità moderna”. Crociana, senza saperlo: “Quando si scrive, si vede come il modo di costruire qualcosa governi il suo significato globale e ne sia inseparabile. La forma dà al racconto un significato che qualsiasi altra forma cambierebbe”.
Henryjamesiana, e insieme praticante e critica dei “reboanti scrittori di San Francisco” – in realtà di New York: la dannazione intellettuale è metropolitana, non dei fiori né psichedelica. Molto attiva anche nel business accademico delle scuole di scrittura. Che critica nel terzo saggio, “Scrivere racconti”. Che però è una lezione…
Un libro giustamente di culto, scoperto da Ottavio Fatica nel 1983, con prefazione “storica” dello stesso traduttore. La cui traduzione è qui riedita - la traduzione in realtà di gruppo, del corso di inglese della Seti, Scuola Europea di Traduzione Letteraria, coordinato da Fatica, un gruppo nutrito, di tutte donne. Con un’introduzione di Raimo che è forse il miglior saggio italiano sulla O’Connor.

Flannery O’Connor, Nel territorio del diavolo, Minimm Fax, pp. 150 € 8

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