Un giallo interessante, si fa leggere
benché prolisso. Ma come esemplare di ucronia, del mondo come avrebbe potuto
essere, è solo l’idea: lo svolgimento è cauto.
Siamo nel 1964. Nella Berlino monumentale
che Hitler ha disegnato con Speer. Si celebrano i suoi 75 anni. Nell’attesa di
una visita riparatrice del presidente americano Kennedy – Joseph, il padre “gangster,
affarista e antisemita”, anche lui di 75 anni. Dopo la pace firmata nel 1946:
in risposta a Hiroshima, che fece capitolare il Giappone, Hiller aveva inviato una
V-3 sul cielo di New York, per significare la sua capacità di distruzione. L’Inghilterra
affamata ha firmato la pace nel 1944, mandando Churchill “e i suoi guerrafondai”
in esilio in Canada, con la regina Elisabetta - suo zio Edoardo VIII è di nuovo sul trono. C’è anche la Comunità Europea a Berlino, con un Parlamento nel
quale dodici Stati sono rappresentati, ma conta poco.
La città ruota attorno alla nuova stazione Gotenland, che
collega al Reich l’Oriente germanizzato: la Moscovia, il Governatorato
Centrale, l’Ucraina sempre fedele, e l’Ostland balcanico – i Baltici non fanno
destinazione a parte. La Crimea non è di Putin ma di Hitler, la Costa Azzurra orientale. Sebastopoli è il Porto di
Teodorico. Le polizie sono efficienti. Gli “asociali” sono tollerati ma
sorvegliati, quelli che dicono le barzellette, non fanno il saluto al Führer e
non contribuiscono al Soccorso Invernale. Il Reich si gode il meglio
dell’Europa che ha conquistato: profumi francesi, seterie italiane, pellicce
scandinave, sigari olandesi, caffè belga,caviale russo, televisori britannici.
I figli sospettano e denunciano i padri, come i piccoli Morosov di Stalin.
Ma Hitler non ha vinto la guerra: si
combatte ancora all’Est, in Polonia e negli Urali, anche se solo contro sacche
di guerriglia, alimentate dagli Usa. Un conflitto mascherato, che viene
chiamato della Guerra Fredda. E non regna in patria: i giovani sono inquieti,
ascoltano le radio americane, leggono Grass e Orwell, Graham Greene e Salinger,
contestano i genitori, e lo Stato. Si mandano per posta, e scoppiano,
pacchi-bomba. Si fanno attentati nella stessa Germania, opera di polacchi,
lettoni, estoni, ucraini, cechi, croati, caucasici, georgiani – “rossi? anarchici?
chi lo sa, di questi tempi potrebbe essere chiunque”. Una grossa cospirazione
si prepara all’interno. Il morto è un vecchio compagno di Hitler nel putsch
della birreria nel 1923. È come se la guerra si fosse prolungata. Ci sono anche
le vedove di guerra che vogliono risposarsi.
Il clima è da “arrivano i nostri”,
mentre l’ucronia è abbastanza seria, anche senza Hitler.
Robert Harris, Fatherland
Nessun commento:
Posta un commento