Una
raccolta postuma dei racconti che Sciascia aveva lasciato fuori dal “Il mare colore
del vino” nel 1974, assortita di cronachette, moralità, “storie
vere” sparse. Per amatori (malgrado qualche errore: “Galleria” è la
rivista di Salvatore Sciascia, l’editore, che se ne occuperà “per tutta la
vita”, fino agli anni 1980, non Leonardo Sciascia, che ne fu direttore, da
lontano, negli anni 1950), e non. Materiali, anche se riscritti, e da
Sciascia ordinati e pubblicati qua e là, anche più volte, ma mai ripresi in
volume. La lettura non ne è grata: l'aneddotica è sempre brillante, ma schizzi
e ritratti si ripetono di nullafacenti, pazzi, sciocchi, furbi, e delatori.
Il
passaggio nel ’43 ai vincitori. La conversazione al circolo – di cui Camilleri
farà un genere, con Montalbano e con i racconti. Gli scemi intelligenti di
paese, di vario genere – il “Giufà” di altri racconti. Il romanesco, nel
1957. Un medaglione di Vincenzo Giordano Orsini, il colonnello che liberò
per Garibaldi la via per Palermo. Un pastiche dell’amato
Paul-Louis Courier, ufficiale gentiluomo francese nella Calabria dei “massisti”
antinapoleonici. I ricordi di guerra – inevitabilmente, poiché la raccontano i
sopravvissuti, la guerra sulle teste dei soldati. Tutto locale, come se da Roma
o da Parigi lo scrittore tele scopasse compiaciuto i (vecchi) mondi della sua
(remota) Sicilia. Di maniera.
Vi si
documenta l’origine rondista della scrittura di Sciascia, col “diaccio
pergolato di stelle”, le “immagini su un fondo amoerro viola” e l’“ombra
fredda, cangiante, della seta cruda”, “il clemente naufragio dell’ora”, la
“gracidante rovina”, il “sentimento della vita ingemmato di solitudine”. E se
ne conferma l’avulso “illuminismo”, che è un pessimismo del genere Pirandello
in Sicilia o Brancati, non più divertente. Specie per la Sicilia, schiacciata
dalla sua stessa ironia, ripetitiva, noiosa.
Sciascia
sarà stato l’ultimo emigrato mentale, prima del calcio in bocca di Milano,
l’odio-di-sé meridionale del dopoguerra è stantìo. Una tale raccolta di stereotipi
sulla Sicilia era certo difficile da mettere assieme. C’è perfino una mafia che
prende “coscienza di essere l’unica cosa viva dell’isola”.
La chiave
è nell’avvio del “Paese con figure”, che il curatore, Pasquale Squillacioti,
mette alla prima pagina: il tedio e il miracolo dell’“emigrato improbabile”,
che vuol far diventare “un po’ amore quel che ora è insofferenza”,
all’angustia, alla povertà. Sciascia si sente – avrebbe potuto – essere altro,
per formazione e curiosità, ma è scrittore siciliano. Non per essere nato
nell’isola ma per esservi radicato.
Leonardo
Sciascia, Il fuoco nel mare, a cura e con una nota di
Paolo Squillacioti, Adelphi, pp.210, € 18
Corriere della sera, pp. 287 € 6,90
Nessun commento:
Posta un commento