Il mistero non è quello da risolvere,
non sono racconti gialli. È quello delle storie di Buzzati, bislaccherie. Spunti
favolistici stiracchiati. Il figlio del re che si perde nella ricognizione del
reame. Il malato lieve che condotto con le cure alla morte, a mano a man
abbassandolo di un piano di ospedale – in altro racconto dello stesso Buzzati,
il malato lieve invece ascende i piani, fino all’attico e al cielo.
È la raccolta che più ha successo di
Buzzati: 31 racconti già pubblicati in altre antologie e ordinati dallo stesso autore
cinquant’anni fa come la summa, un po’, della sua attività narrativa. Si
leggono per una sorta di imperizia, come se lo scrittore raccontasse con
difficoltà, rammemorando poco, immaginando ancora meno. Dello stesso incerto
segno del Buzzati pittore e illustratore.
È di regola citare Kafka per Buzzati, se
non Borges e la mate fisica. Che invece non ci azzeccano nulla. Buzzati segue
tracciati che neppure lui sa, è scrittore apprendista, non Autore – l’autore
perduto nel bosco, sua figura narrativa e figurativa prediletta.
Dino Buzzati, La boutique del mistero, Oscar, pp. 231 € 12
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