domenica 27 novembre 2016

Maometto non voleva l’islam

Non fu Maometto ma i suoi successori un secolo dopo la sua morte, raccolti come umma, conunità dei credenti, a creare l’islam. Stabilendo che solo chi credeva nel Corano come rivelazione divina, e in Maometto l’ultimo dei profeti promessi dall’Antico Testamento, poteva far parte della umma: da quel momento, dice lo storico americano, divenne credente solo il mussulmano. Prima, il movimento dei credenti che Maometto aveva messo assieme si distingueva solo per il monoteismo – e per differenze di lingua e tribali. Aveva “carattere ecumenico e non confessionale”. Non distinto dagli ebrei e dai cristiani – peraltro anche questi divisi in confessioni aspramente in conflitto tra di loro, diofisiti, monofisiti, nestoriani, eccetera. È con Abd El-Malik, il capo dei Credenti che si proclama “califfo (delegato) di Allah”, che Maometto è imposto come profeta e il “Corano” come testo sacro: è sul finire del secolo VII quindi che la “comunità dei Credenti” si trasforma in islam.
Non è il solo punto originale di questa trattazione didascalica, a uso degli studenti all’università di Chicago. Quasi in antitesi a questo suo primo assunto, Donner intende ribaltare anche l’ordine imposto all’islamologia da Ernest Renan, l’orientalista francese dell’Ottocento: che quello di Maometto fu un movimento politico e solo in subordine religioso. Questa la sintesi dello stesso Renan alla fine dei suoi studi: “Il movimento mussulmano si sviluppò praticamente in assenza di fede religiosa”. Pochi i discepoli fedeli alla sua morte: “Maometto, in realtà, convinse ben poche persone in Arabia, senza mai riuscire a superare l’opposizione del partito omayyade”.
Una islamologia variamente articolata ne è seguita, ma sempre nell’alveo segnato da Renan. Ultimamente - spiega Donner - Grimme e Montogomery Watt ne hanno fatto all’origine un movimento essenzialmente sociale ed economico. Mentre “numerosi altri” - Donner cita Caetani, Becker, B.Lewis, Crone, Bowersock, Lapidis e Bashear – “hanno sostenuto che il movimento fu, in realtà, una vicenda politica di tipo nazionalista o «nativista», nella quale la religione era secondaria”, funzionale ad altri obiettivi.
Il lettore comune non sa che pensarne, leggendo questa doppia ricostruzione. Se non dicendosi l’islam un movimento politico e religioso insieme. Lo stesso Donner dissolve i contrati fra la umma e la dinastia omayyade (660-750) in una sorta di divisione del lavoro: la dinastia non fu di “cinici manipolatori del movimento religioso iniziato da Maometto”, bensì si occupò di dare “concreta realizzazione” agli obiettivi” del movimento stesso. E il sincretismo iniziale, quando ancora non c’era il Corano, con cristiani ed ebrei? Storicamente c’è stato. E non c’è stato – nella sue breve vita troppe battaglie Maometto condusse contro gli ebrei della Medina e la Mecca. Affermarlo “storicamente” sarà un non riprovevole tributo al colloquio delle fedi.
Anche la storia, dopo l’enunciato, è molto conciliante. La conquista non fu distruttrice. Le altre fedi furono  libere. E alle fonti mussulmane del secolo VIII, le prime di parte islamica,  che “puntano a eliminare o a oscurare le caratteristiche ecumeniche del movimento originario”, e “tendono a tratteggiare l’espansione soprattutto come serie di conquiste”, di “non mussulmani” da parte di “mussulmani”, consiglia di non credere. Quello dei Credenti considera per tutta la trattazione un movimento di fedeli. Mentre si compone, subito dopo la morte di Maometto con Abu Bakr, ma già prima con Maometto, di “armate”. Veri eserciti, ordinati, che penetrano regioni strutturate e protette, in Siria, Mesopotamia, Armenia, e poi in Egitto, urbanizzate, cittadine, non territori di nessuno, dentro due imperi, il bizantino e il sassanide, per quanto laschi. Questo “nei primi anni Trenta\Cinquanta del VII secolo” – Maometto era appena morto, nel 632: a pochi anni dalla sua morte la conquista islamica del Medio Oriente, fino all’India (Pakistan), e dell’Egitto è cosa fatta.

Un libro però facile facile, questo è il suo lato migliore – per “non specialisti e lettori generici”. Benché dettagliato e, si presume, fondato. Che spiega con chiarezza le cose che pensiamo di sapere e invece non sappiamo. A cominciare dalla storia e la geografia dei luoghi al tempo di Maometto. Con un glossario. E una ventina di foto tutte sorprendenti, di mappe ma anche di architetture, quindi di manufatti ben presenti sul suolo, che però non fanno parte del menù turistico, che è il solo oggi a disposizione sul Medio Oriente. Con molte curiosità. Per esempio sull’origine e la natura del “Corano”. Come “pia pratica di mussulmani vissuti molto dopo” Maometto. O anche come “un inno strofico preislamico delle comunità arabe cristiane, adattato  successivamente da Maometto” – “secondo alcuni studi  recenti, il testo del Corano sarebbe non soltanto informato dei dibattiti teologici in seno alle comunità cristiane di lingua siriaca” ma ne darebbe anche la contestazione. Oppure frutto tardo di un islam già omayyade, “frutto di una lenta cristallizzazione avvenuta in seno alla comunità mussulmana  in un arco di tempo di oltre duecento anni perlopiù al di fuori dell’Arabia, e forse, prevalentemente, in Iraq”. Una riflessione comunque non araba, e certamente non al servizio di un nazionalismo arabo:  “Il Corano, chiaramente, si rivolge a coloro che si ritengono Credenti, il che non ha molto a che fare con l’etnicità”: “Le poche volte in cui il Corano menziona gli a’rab, ossia i nomadi, lo fa cn accenti negativi, mentre non parla ma di arab, gli arabi”.
Fred M.Donner, Maometto e le origini dell’islam, Einaudi, pp.XIV- 289, il. € 23

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