Una strabiliante recensione di Gadda precede questa
riedizione, scritta per “Terzo Programma”, la rivista dalla terza rete della
radio Rai, nell’autunno del 1964, dopo il successo del libro-confessione. .
Dopo aver celiato sulle ambasce dei tanti giurati dei premi Viareggio e
Campiello che si contesero il male oscuro, e infine lo premiarono entrambi, l’ingegnere
resta come a bocca aperta. Dovendo parlare del libro e non più della ricezione,
parte evocando addirittura un “suggerimento cervantino”.
Dà quindi atto a Berto, come se lui ne fosse un esperto, di corretta impostazione
scientifica, di avere navigato cioè correttamente tra nevrosi e psicosi. E
chiude senza parole, con una citazione di due-tre pagine del romanzo. Nel mezzo
è come sopraffatto. Forse confuso. Come se qualcosa gli sfuggisse, di tanta
spericolata originalità – anche se Berto esibiva una discendenza dalla gaddiana
“Cognizione del dolore”. Cita profusamente “i Libri dei Libri”, cioè la
Bibbia, l’ “Iliade” e l’ “Odissea”, l’ “Amleto”, “I fratelli Karamazov”, l’Erlebnis, esperienza o fatica del vivere, la dura necessità di
Omero, “crateré ananke”, e naturalmente
Manzoni. Ma non per ridere, per cercare di capire il romanzo.
Emanuele Trevi accompagna la riedizione collocando Berto
nella psicoanalisi, e soprattutto nel secondo Novecento. Una lezione proficua
per Celati, per Manganelli, e per Parise nel “suo capolavoro”, il postumo “L’odore
del sangue”. Si legge in effetti come una sorta di autoanalisi, o di analisi davanti al pubblico come analista, muto, remoto.
Trovare dei padri a Berto, non solo per questo romanzo “diverso”,
è ancora impresa aperta. Gli studiosi contemporaneisti lo tengono sempre in
punta di bastone – i muri non sono caduti, non in Italia. Uno dei pochi testi
fermi del secondo Novecento. Una pietra
miliare, solida: un racconto sempre vivo, superbo. In anticipo anche sulla
scrittura alluvionale, in realtà misuratissima, che si affermerà con Bernhard,
come più propria del raccontare psicoanalitico. Che non è il flusso di
coscienza joyciano, ma il racconto che si chiede la ragione del racconto, di
agnizioni e rimozioni. E fa grande uso del magnetofono, della scrittura come
del parlarsi addosso dall’analista. Nonché dei selfie
protratti della narrativa on the road.
Il new writing Usa di fine
Novecento ne è una filiazione, anche se non diretta. C’è pure l’eutanasia.
Giuseppe Berto, Il
male oscuro Neri Pozza, pp. 508 € 18
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