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martedì 6 dicembre 2016

Il mondo com'è (285)

astolfo

Avignone – Il papato d’Avignone, settant’anni con otto papi, sarà stato l’estrema ingerenza della politica nella. Con otto papi tutti francesi, Quasi tutti del Limousin, al centro-sud della Francia, parte della vecchia Occitania, ora Nuova Aquitania. Tutti giuristi formati alle università di Francia. La decisione di Gregorio XI, anch’egli francese, di tornare a Roma si può dire miracolosa.

Bolscevismo – È stato in tealtà molto occidentale, del tutto all’opposto della tarda vulgata che lo ha legato a un certo messianismo russo (H.Carrère d’Encausse). In linea peraltro con l’immagine che Marx aveva e propagandava dei suoi compagni-nemici russi, e della storia russa.
Il “caratteri originali” o “nazionali” dei popoli è utile approssimazione conoscitiva, ma per dei modi di essere e di fare, non delineano una  storia, tanto meno la conformano. Sono un derivato dell’elaborazione nazionalistica, dell’Otto-Novecento, e al fondo razziale. Ma a questo modo anche senza sbocco.
Il bolscevismo è cinese nella forma del maoismo – lo è stato e lo è tuttora in quello del comunismo di mercato. Ma non era “russo” il bolscevismo: il potere dei soviet più l’elettrificazione di Lenin non ha nulla di antico russo. Né Lenin – e lo stesso Stalin, a ben guardare – è un vecchio russo. Il movimento bolscevico, alle origini e poi a lungo, fin dopo le “purghe”, fu tutto occidentale, un rincorsa dell’occidentalità: dai principi ispiratori all’organizzazione produttiva, del fordismo col nascente mercato di massa, alla stessa organizzazione politica, per quanto solo di facciata democratica.

Castro –  Sarà stato l’antiamericano per eccellenza. È impossibile collocarlo altrimenti, se non nell’antiamericanismo – come del resto il “Che” Guevara: non era comunista e nemmeno socialista, e del resto vantava la non lettura di Marx. Aveva sovietizzato Cuba, ma non del tutto, anzi solo come struttura istituzionalizzata di controllo politico. Tenne sempre Cuba aperta al turismo, anche quando c’erano i boat people, le fughe coi gommoni. Non esportò mai in realtà la “rivoluzione”, anche quando mandò reparti del suo esercito in aiuto ai movimenti di liberazione, non furono mai attivi. Non finanziò né protesse i terroristi, di nessun genere, neanche come rifugio.
Il “Che” fu attivo con più di un movimento di liberazione, in Africa e da ultimo in Bolivia. Ma in una miscela ideologica oscura, insieme castrista, dei “fuochi” d’insurrezione, e sovietica e cinese, un accostamento che all’epoca era anatema. Fondamentalmente antiamericana – non per luce propria, probabilmente, nel “Che”, ma riflessa, i blocchi d’ordine con i quali si scontrava essendo più o meno “amerikani”.
Ma allora, Castro e Guevara, di un anti-americanismo vecchia America Latina, tutto anatemi e poco costrutto. Che Cuba sia stata tenuta in quarantena dagli Usa per oltre mezzo secolo senza essersi macchiata di nessun delitto internazionale, questo è da scrivere anche all’antiyanquismo. Una sorta di goliardia, non fosse drammatico.  

Capitalismo – Si vuole protestante perché Max Weber ne ha fatto la trattazione. Ma è più cattolico. In Germania, da sempre, compresi i grandi banchieri, Fugger e gli altri, anche dopo Lutero. In Germania e nelle Fiandre. È semmai in Francia, con gli ugonotti e le famiglie ebraiche, che la grande finanza capitalistica prende corpo in ambito protestante, esportandosi in Prussia e a Francoforte. In Italia si sviluppa nell’area più di fede della penisola, la Lombardia, con le propaggini venete, dai banchieri “lombardi” ai Borromeo, fino alla Cariplo di Giordano Dell’Amore, e all’Opera del Duomo.
Max Weber non dice peraltro la “superiorità” del protestantesimo in fatto di capitalismo come la cosa viene comunemente intesa, ma come la riuscita in affari producesse buona coscienza.

Germania – Ha rifiutato Versailles e, nell’intimo, rifiuta Norimberga. È sempre in guerra?
Non ha una festa della Resistenza, pur avendo avuto il movimento di resistenza più vasto e attivo dell’Europa nazifascista o occupata. O un giorno della Liberazione, per esempio la caduta del nazismo, o uno dei tanti attentati a Hitler, con larghi complotti, organizzati. Anche in negativo: poteva santificare l’incendio del Reichstag, come un sacrificio della democrazia. O la Kristallnacht, come giorno della Memoria.
Non c’è un monumento, nemmeno una targa stradale, nel nome di uno della Resistenza a Hitler. Rimuove ma non elabora.

Libia – Si salverà con Putin, anche la Libia? Torna forte l’opzione militare, o bonapartista, per ridare un assetto unitario, ancorché non democratico, e un governo che funzioni alla Libia. Il che significa passare le redini a una delle forze in campo, quella del generale Haftar, che agisce da Bengasi e Tobruk. Haftar si era candidato a Roma e a Parigi per guidare la nuova Libia un paio d’anni fa. Respinto, in favore della soluzione politica, torna ora in posizione di punta. Per qualche successo militare ottenuto tra Sirte e Tobruk, con l’occupazione dei terminali petroliferi di Ras Lanuf, Sidra e Zweitina, da dove si esporta il greggio libico, ma soprattutto per non essere più isolato politicamente. Insieme col sostegno dell’Egitto, e in particolare dell’uomo forte del Cairo, il generale Al Sisi, e con i finanziamenti e le armi delle petromonarchie della penisola arabica, avrebbe trovato ora ascolto nel presidente russo, dal quale è stato in visita l’altra settimana.

La Russia vanta qualche precedente diplomatico in Libia. Che però Putin non può far valere. Né può intraprendere un’azione militare di sostegno come in Siria. Per motivi logistici, e perché la Russia vuole mantenersi nel quadro delle decisioni Onu. In passato aveva intrattenuto relazioni strette col governo “legittimo” (voluto dall’Onu) di Serraj. Se il governo politico Serraj è, come sembra ai più, anche a Roma, senza futuro, Haftar vanterebbe anche il sostegno, o la non opposizione, di Putin. 

Opinione pubblica – Negli anni 1939-1941, gli anni della vittoria, dell’“Europa tedesca”, Heidegger riflette critico sul’informazione “indifferente”, con “foto di nudi e di papa Pio XII impaginate le une di seguito alle altre”. Al punto da paragonare gli editori di giornali ai “profittatori di guerra”. Ma lo scadimento rileva effetto e responsabilità degli “intellettuali”, in quanto “sono i detentori dell’attività conoscitiva e del possesso della conoscenza”: “Sono gli «intellettuali», e non certo la massa stupida e ottusa, i più aspri nemici di qualsiasi meditazione” (Riflessioni XII-XV”, ‘. 48). I media il filosofo liquida come “mezzi di occultamento e di inganno” (p. 51).

Il voto presidenziale americano è stato un inedito Trump vs. i media. Lo schieramento dei media, prima e dopo il voto per Trump, ne mostra una configurazione da quarto potere, più che di informazione e formazione vera e propria. A un mese dall’elezione di Trump si continua a non dirne nulla, se non a criticarlo. Non un’analisi del voto. Dei flussi elettorali, politici e geografici. Delle motivazioni degli elettori. Né delle intenzioni di Trump, che pure parla molto con molti. Prevale il rifiuto e lo schieramento, come se il voto fosse stato Trump vs. i media.
Un potere naturalmente non elettivo, e fuori dai checks-and-balance di Montesquieu. Censorio anche, nel caso, senza motivazioni nette. Si dice “elettivo” in forma indiretta, per il favore dei lettori con i quali si confronta. Ma è un favore in calo, anche negli Usa: sempre meno persone comprano i giornali o, all’evidenza, li leggono.

Persecuzioni – Dopo tante ammende solenni e domande  di perdono, tanto più accorate per essere intempestive, mentre cioè era vittima di persecuzioni, la chiesa viene ora celebrata come perseguitata. Anche in ambienti laici. Col film “Silence” di Scorsese, con “Agnus Dei” di Anne Fontaine, lo stesso “Young Pope” di Sorrentino, e quello che si annuncia su padre Hamel, il quasi novantenne parroco di Rouen.

Ucraina – È al passo della destra nazionalista e fascista. Presentata sempre come avamposto della democrazia europea, seppure governata da oligarchi, l’Ucraina è in realtà determinata, nella vita quotidiana e nelle grandi decisioni politiche, se non controllata, dall’estrema destra, nazionalista e fascista. Che organizza squadroni armati, e condiziona il governo in tutte le decisioni, soprattutto in quella nazionale. Gli accordi di Kiev non sono stati attuati, e non potranno esserlo, non per inadempienze della Russia, ma per l’impossibilità del governo ucraino di ottemperarvi. Prevedono infatti l’autonomia per il Donbass, la regione orientale confinante con la Russia, e l’uso paritario della lingua russa nella regione. Cosa che questa destra è determinata a non permettere.

astolfo@antiit.eu

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