Avignone
– Il
papato d’Avignone, settant’anni con otto papi, sarà stato l’estrema ingerenza
della politica nella. Con otto papi tutti francesi, Quasi tutti del Limousin, al
centro-sud della Francia, parte della vecchia Occitania, ora Nuova Aquitania.
Tutti giuristi formati alle università di Francia. La decisione di Gregorio XI,
anch’egli francese, di tornare a Roma si può dire miracolosa.
Bolscevismo
– È stato
in tealtà molto occidentale, del tutto all’opposto della tarda vulgata che lo
ha legato a un certo messianismo russo (H.Carrère d’Encausse). In linea
peraltro con l’immagine che Marx aveva e propagandava dei suoi compagni-nemici
russi, e della storia russa.
Il “caratteri originali” o “nazionali” dei popoli
è utile approssimazione conoscitiva, ma per dei modi di essere e di fare, non
delineano una storia, tanto meno la
conformano. Sono un derivato dell’elaborazione nazionalistica, dell’Otto-Novecento,
e al fondo razziale. Ma a questo modo anche senza sbocco.
Il bolscevismo è cinese nella forma del maoismo
– lo è stato e lo è tuttora in quello del comunismo di mercato. Ma non era “russo”
il bolscevismo: il potere dei soviet più l’elettrificazione di Lenin non ha
nulla di antico russo. Né Lenin – e lo stesso Stalin, a ben guardare – è un
vecchio russo. Il movimento bolscevico, alle origini e poi a lungo, fin dopo le
“purghe”, fu tutto occidentale, un rincorsa dell’occidentalità: dai principi
ispiratori all’organizzazione produttiva, del fordismo col nascente mercato di
massa, alla stessa organizzazione politica, per quanto solo di facciata
democratica.
Castro – Sarà stato l’antiamericano per eccellenza. È impossibile
collocarlo altrimenti, se non nell’antiamericanismo – come del resto il “Che”
Guevara: non era comunista e nemmeno socialista, e del resto vantava la non
lettura di Marx. Aveva sovietizzato Cuba, ma non del tutto, anzi solo come
struttura istituzionalizzata di controllo politico. Tenne sempre Cuba aperta al
turismo, anche quando c’erano i boat
people, le fughe coi gommoni. Non esportò mai in realtà la “rivoluzione”,
anche quando mandò reparti del suo esercito in aiuto ai movimenti di
liberazione, non furono mai attivi. Non finanziò né protesse i terroristi, di nessun
genere, neanche come rifugio.
Il “Che” fu attivo con più di un movimento di liberazione,
in Africa e da ultimo in Bolivia. Ma in una miscela ideologica oscura, insieme
castrista, dei “fuochi” d’insurrezione, e sovietica e cinese, un accostamento
che all’epoca era anatema. Fondamentalmente antiamericana – non per luce
propria, probabilmente, nel “Che”, ma riflessa, i blocchi d’ordine con i quali
si scontrava essendo più o meno “amerikani”.
Ma allora, Castro e Guevara, di un anti-americanismo
vecchia America Latina, tutto anatemi e poco costrutto. Che Cuba sia stata
tenuta in quarantena dagli Usa per oltre mezzo secolo senza essersi macchiata
di nessun delitto internazionale, questo è da scrivere anche all’antiyanquismo.
Una sorta di goliardia, non fosse drammatico.
Capitalismo – Si vuole protestante perché
Max Weber ne ha fatto la trattazione. Ma è più cattolico. In Germania, da sempre,
compresi i grandi banchieri, Fugger e gli altri, anche dopo Lutero. In Germania
e nelle Fiandre. È semmai in Francia, con gli ugonotti e le famiglie ebraiche,
che la grande finanza capitalistica prende corpo in ambito protestante,
esportandosi in Prussia e a Francoforte. In Italia si sviluppa nell’area più di
fede della penisola, la Lombardia, con le propaggini venete, dai banchieri
“lombardi” ai Borromeo, fino alla Cariplo di Giordano Dell’Amore, e all’Opera
del Duomo.
Max Weber non dice peraltro la “superiorità”
del protestantesimo in fatto di capitalismo come la cosa viene comunemente
intesa, ma come la riuscita in affari producesse buona coscienza.
Germania
– Ha rifiutato
Versailles e, nell’intimo, rifiuta Norimberga. È sempre in guerra?
Non ha una festa della Resistenza, pur avendo
avuto il movimento di resistenza più vasto e attivo dell’Europa nazifascista o
occupata. O un giorno della Liberazione, per esempio la caduta del nazismo, o
uno dei tanti attentati a Hitler, con larghi complotti, organizzati. Anche in
negativo: poteva santificare l’incendio del Reichstag, come un sacrificio della democrazia.
O la Kristallnacht, come giorno della Memoria.
Non c’è un monumento, nemmeno una targa
stradale, nel nome di uno della Resistenza a Hitler. Rimuove ma non elabora.
Libia – Si salverà con Putin, anche
la Libia? Torna forte l’opzione militare, o bonapartista, per ridare un assetto
unitario, ancorché non democratico, e un governo che funzioni alla Libia. Il
che significa passare le redini a una delle forze in campo, quella del generale
Haftar, che agisce da Bengasi e Tobruk. Haftar si era candidato a Roma e a
Parigi per guidare la nuova Libia un paio d’anni fa. Respinto, in favore della
soluzione politica, torna ora in posizione di punta. Per qualche successo
militare ottenuto tra Sirte e Tobruk, con l’occupazione dei terminali petroliferi
di Ras Lanuf, Sidra e Zweitina, da dove si esporta il greggio libico, ma
soprattutto per non essere più isolato politicamente. Insieme col sostegno dell’Egitto,
e in particolare dell’uomo forte del Cairo, il generale Al Sisi, e con i
finanziamenti e le armi delle petromonarchie della penisola arabica, avrebbe
trovato ora ascolto nel presidente russo, dal quale è stato in visita l’altra
settimana.
La Russia vanta qualche precedente diplomatico
in Libia. Che però Putin non può far valere. Né può intraprendere un’azione
militare di sostegno come in Siria. Per motivi logistici, e perché la Russia
vuole mantenersi nel quadro delle decisioni Onu. In passato aveva intrattenuto
relazioni strette col governo “legittimo” (voluto dall’Onu) di Serraj. Se il
governo politico Serraj è, come sembra ai più, anche a Roma, senza futuro, Haftar
vanterebbe anche il sostegno, o la non opposizione, di Putin.
Opinione
pubblica – Negli
anni 1939-1941, gli anni della vittoria, dell’“Europa tedesca”, Heidegger
riflette critico sul’informazione “indifferente”, con “foto di nudi e di papa
Pio XII impaginate le une di seguito alle altre”. Al punto da paragonare gli editori
di giornali ai “profittatori di guerra”. Ma lo scadimento rileva effetto e
responsabilità degli “intellettuali”, in quanto “sono i detentori dell’attività
conoscitiva e del possesso della conoscenza”: “Sono gli «intellettuali»,
e non
certo la massa stupida e ottusa, i più aspri nemici di qualsiasi meditazione” (Riflessioni
XII-XV”, ‘. 48). I media il filosofo liquida come “mezzi di occultamento e di
inganno” (p. 51).
Il voto presidenziale americano è stato un
inedito Trump vs. i media. Lo schieramento dei media, prima e
dopo il voto per Trump, ne mostra una configurazione da quarto potere, più che
di informazione e formazione vera e propria. A un mese dall’elezione di Trump
si continua a non dirne nulla, se non a criticarlo. Non un’analisi del voto.
Dei flussi elettorali, politici e geografici. Delle motivazioni degli elettori.
Né delle intenzioni di Trump, che pure parla molto con molti. Prevale il
rifiuto e lo schieramento, come se il voto fosse stato Trump vs. i media.
Un potere naturalmente non elettivo, e fuori
dai checks-and-balance di Montesquieu.
Censorio anche, nel caso, senza motivazioni nette. Si dice “elettivo” in forma
indiretta, per il favore dei lettori con i quali si confronta. Ma è un favore
in calo, anche negli Usa: sempre meno persone comprano i giornali o, all’evidenza,
li leggono.
Persecuzioni – Dopo tante ammende solenni
e domande di perdono, tanto più accorate
per essere intempestive, mentre cioè era vittima di persecuzioni, la chiesa
viene ora celebrata come perseguitata. Anche in ambienti laici. Col film “Silence”
di Scorsese, con “Agnus Dei” di Anne Fontaine, lo stesso “Young Pope” di Sorrentino,
e quello che si annuncia su padre Hamel, il quasi novantenne parroco di Rouen.
astolfo@antiit.eu
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