mercoledì 21 dicembre 2016

Il mondo com'è (287)

astolfo

California –  È tutta nel vecchio stato dell’oro la “vittoria” elettorale di Hillary Clinton in termini di voto popolare a novembre – 2,1 milioni di voti in più di Trump. Il voto californiano viene invocato per invalidare politicamente la vittoria di Trump. In realtà proprio dal punto di vista politico è un voto poco spendibile. La California – San Francisco, Los Angeles – non è da molto tempo l’ultima frontiera del West, e anzi si caratterizza, per stili di vita e per le normative, ambientali, familiari, sanitarie, in forme eccentriche rispetto al modello americano, per quanto vago e estensibile questo possa essere. La legge elettorale a due livelli, che filtra il voto popolare, è stata disegnata proprio per evitare effetti plebiscitari.

Maturità – Pare sia un sogno ricorrente, della maturità non fatta, non passata – l’esame di maturità alla fine del liceo. Jünger ne parla nel “Diario”, anche perché era un sono “ereditato” dal padre: “Ho trenta anni, ho fatto l’università, e non ho sostenuto la maturità”.  Il sogno più ricorrente, pare,  per un periodo, nitido nella ricostruzione, le conseguenze, il giudizio del fatto, anche perché un paio di volte sarebbe proseguito nel sogno del sogno, nella onirica presa d’atto che il sogno era la realtà: cercando l’introvabile diploma di maturità, richiesto da un qualche Ente, il dubbio insorgeva che esso non esistesse, che l’esame non fosse stato passato, anzi neppure dato, pur avendolo preparato, con impegno, che la laurea quindi non era valida, il titolo o l’impiego abusivo.
Non: “Sono stato bocciato”. Ma: “Non ho sostenuto”. E non licenza liceale ma maturità. È un sogno “legato alla morte”, dice Jünger: “È il sogno delle vergini stolte, del cattivo pater familias, dell’uomo che ha sotterrato il suo talento”.

Sessantotto - Il Sessantotto in realtà è un Sessantasette, l’estate hippie: Gianni Morandi portò il Vietnam a Sanremo, e Tenco si uccise contro Sanremo.
Ma, poi, fu anche il ‘66, la rivolta di Berkeley, e il ‘65, i provo, la minigonna e i capelloni – sarà il ’69, l’autunno caldo del ‘69. Ottima cosa i provo, gli olandesi hanno infine potuto tifare Ajax, la squadra degli ebrei. Gli olandesi crescevano ognuno nel proprio campo, calvinisti con calvinisti, negli amori, in politica, in vacanza, nel tifo, cattolici con cattolici, e gli ebrei sempre a parte. Anche il ’63 non fu male: “Sexual intercourse began in nineteen sixty-three”, dice Larkin, il poeta, quando si iniziò a scopare. Sessantotto viene nel vocabolario prima di sesso, come diavolo viene prima di Dio.

L’evento, di cui cui (non) si va a celebrare i cinquant’anni, troppe invidie, sarà stato l’ultimo rigurgito di Europa. L’ultimo segnale di vita, energetico, vasto, condiviso. L’ultimo esercizio anche di libertà come concetto filosofico: non prepotente, non contro, ma di moltiplicazione degli spazi e delle possibilità. Lo scontro generazionale fu solo verbale, e semmai contro una struttura e una concezione autoritarie. Non progettuale, niente delle rottamazioni di mercato.
Vige la lettura di quel movimento come di una presa del potere, un progetto. Ma negli Usa, dove se ne tiene la memoria, ai trent’anni i protagonisti del Sessantotto erano fuori dalle “carriere” di rivoluzionario reduce. Qualcuno s’è attardato, sfasato, ma per molti una vita era già finita e un’altra ricominciava: c’era chi vendeva assicurazioni, Mario Savio, chi assistenza contro le assicurazioni, Rennie Davis, pubblicità, John Sinclair, cocaina, Abbie Hoffman, Dio, Eldridge Cleaver, pantaloni bicolori, lo stesso Cleaver, li fabbricava, e il Sessantotto, Jerry Rubin, trascendente: “Una luce fortissima illuminò il mio Foro della Coscienza trascendente”. Bobby Seale si rivelava scrivendo scemenze: la rivoluzione è degli “oziosi senza classe”, “i gangster illuminarono la strada al popolo”, “la fame dignitosa è preferibile al pane della schiavitù” – comprensibilmente: la sua prima professione era di rivoluzionario.
Mass innocence trips, l’America svelta aveva rubricato il movimento, sfoghi d’innocenza di massa, innocui. “Hai avuto pure tu la tua illuminazione”, avrebbe detto Rubin sotto Lsd.

Trump – È stato votato dagli uomini, ma anche dalle donne, e dalle minoranze, neri e ispanici. E avvantaggiato dall’astensione di classe, in massa.
Un voto ovvio, quello maschile, contro una concorrente donna, e in una campagna elettorale che ha fissato di Trump un’immagine maschilista. Ma di misura relativamente maggiore dell’ovvio voto femminile per Hillary Clinton. Tenuto conto che hanno votato 48 milioni di maschi e 52 di femmine. Il 54 per cento dei maschi ha votato Trump – e il 46 per cento delle donne. Clinton ha avuto il 58 per cento dell’elettorato femminile, ma solo il 41 di quello maschile.
Questo dato si incrocia, confermandolo, con l’esito maggiore delle analisi del voto presidenziale: l’enorme astensione di classe. Già nel 2012 i meno scolarizzati e più poveri, la base elettorale del partito Democratico, non erano andati a votare, si può dire, in massa. L’astensione era stata amplissima: del 78 per cento tra chi aveva solo la scuola dell’obbligo, e del 68 per cento tra chi aveva fatto gli studi superiori ma non aveva un diploma. Scendeva al 51 per cento tra i diplomati, al 38 per cento fra gli universitari non laureati, e al 28 tra i laureati. A novembre i votanti sono aumentati rispetto al 2012, di 3,6 milioni. Ma gli astenuti tra i non laureati sono aumentati di sette milioni.
Trump ha anche raddoppiato il voto nero rispetto ai candidati repubblicani che lo hanno preceduto: 1,3 milioni. John McCain nel 2008 era arrivato a 700 mila, Mit Romney a un milione nel 2012. E ha accresciutoa la audience tra gli ispanici, dai 3,5 mlioni per Romney nel 2012 a 4,2 milioni. La penetrazione del partito Repubblicano nell’elettorato afroamericano è una novità. In parallelo con la crescita del reddito nella comunità nera: su un totale 16,5 milioni di famiglie nere, si calcola che un settimo ha un reddito familiare superiore ai 100 mila dollari annui, 2,4 milioni di famiglie – un reddito superiore, cioè, a quello di 72 milioni di famiglie bianche. Cifre analoghe, da più tempo, per gli ispanici: 2,8 milioni di famiglia hanno un reddito annuo superiore ai 100 mila dollari. La polarizzazione del voto segue più il reddito che la questione etnica.

Velo – Quello islamico urta la sensibilità democratica e di genere, essendo imposto dall’uomo alla donna (molte donne, anche non islamiche, obietterebbero, ma non è questo il punto).. Di più urta una sensibilità estetica e una tradizione consolidata che fa del viso la parte per il tutto dell’essere umano – l’esito dell’incesso verticale, la costruzione più ardua forse della storia. Del corpo e della personalità – dello spirito. Immortalato per questo in poemi, trattati e figurazioni, sguardi e modi espressivi, ritratti e autoritratti, e fin nel linguaggio politico – il “capo”.
L’islam in questo non discrimina, essendo iconoclasta di base. Ma di fatto, per le strade, fa un’eccezione per gli uomini. 

astolfo@antiit.eu 

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