domenica 4 dicembre 2016

Il mondo in nero

Al concerto, allo stadio, alla stazione, a teatro, al cinema, in piazza, sulla metro tutto è nero. Uomini e donne, anche le giovani: il colorito ha un che di spento e scuro. La pelle scoperta si copre di tatuaggi, grigi e neri. Sembrano neri pure i biondi, che ci saranno.
Peggio se si è qualche centimetro al di sopra della media, in viaggio sui mezzi pubblici, e specie in metro, che a tutte le ore è sempre piena: si è pressati, sospinti, aggrediti da una marea nera. Non nera ma uniforme, sui toni del grigio-nero. Che si vuole anche sformato. E con forme e colori induce un senso di sfatto, stinto, sporco.
L’abbigliamento si vuole uniforme, alla maniera cinese di Mao, dei miliardi di uomini indistinti. Nei colori della penitenza, grigio e nero. Come di un dolorismo persistente, anche all’apericena e in  birreria. Da un paio di decenni, in coincidenza con la crisi, ma pure da prima. Al mood di Milano, dell’alta moda pronta, fino alle catene giovanilistiche a buon mercato, e ai mercatini.
Una moda che travolge la norma base della moda: la leggerezza, il cambiamento. Un modo per guadagnare con tessuti e lavorazioni, compresa la colorazione, di poca qualità. Che capitalizza però sulla disappetenza, sulla perdita del gusto.

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