La
scelta di Trump, avventurosa, è un rifiuto radicale di Obama. Dirla populista
non dice nulla, ha senso come voto di protesta.
Che, a un mese dal voto, ancora non se ne percepisca la carica di protesta è solo
indice di quanto l’opinione pubblica americana è acritica, mera emanazione dell’establishment
finanziario che la regge. Di sinistra perché vota e finanzia il partito
Democratico, in realtà proprietario e anzi reazionario – monopolista, bugiardo.
Che sotto al voce riforma contrabbanda la disintegrazione del mercato del
lavoro e di ogni garanzia sindacale. E quindi la rottura del Sogno Americano,
le masse confinando a paghe da fame e precarie. Si fanno tre lavori in America per
sopravvivere. Come non saperlo, come non dirlo?
Con
Obama il debito Usa è aumentato dal 76 al 105 per cento del pil. Ma senza
beneficio per le masse. La povertà anzi si è allargata e solidificata. 47
milioni di americani, poco meno di un sesto del totale, vivono in povertà –
reale, non come in Italia. Erano 40 milioni nel 2008. 46 milioni di americani
ricorrono abitualmente alle banche alimentari. Un bambino su cinque fruisce di
buoni pasto governativi, erano uno su otto nel 2008. Due terzi dei bambini vive
in una case che beneficia di qualche forma di assistenza governativa. La disoccupazione
è scesa al 5 per cento, ma espellendo dal mercato del lavoro i cinquanta-sessantenni
e le donne, la platea degli “scoraggiati” si calcola fra i 30 e i 40 milioni. Le
paghe sono immiserite: molta gente nelle metropoli fa due e tre “lavori” per
sopravvivere.Come negli anni 1960, l’“Altra America” è ritornata.
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