astolfo
Antisemitismo – La summa è in
Marx, non critica, “Sulla questione ebraica”, 1843-1844 – in risposta al saggio
di Bruno Bauer dallo stesso titolo, 1843. Comprensiva del “complotto” (“I
protocolli dei savi di Sion”) e del destino (metafisica) dell’autoannientamento,
la cui scoperta si fa risalire al tardo Heidegger dei “Quaderni neri” – di tutti i luoghi comuni dell’antisemitismo
Marx pone le fodnamengta, caso preclaro probabilmente dell’odio-di-sé ebraico:
“Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo dello Shabbath,
come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il segreto dell’ebreo
non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo
reale. Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico,
l’egoismo. Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio
mondano? Il denaro. Ebbene. L’emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque
dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo.
Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del traffico,
dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile l’ebreo. La sua
coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore inconsistente nella vitale
atmosfera reale della società…
“Noi riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento
attuale antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei
per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino al suo
presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente dissolversi.
L’emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione
dell’umanità dal giudaismo…..
“L’ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si
è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per
mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito
pratico dell’ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono
emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei….
“Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica?
Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà,
il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un
oggetto della legge divina…. Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il
denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro
Dio può esistere…. Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio
mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la
cambiale illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il
disprezzo della teoria, dell’arte, della storia, dell’uomo come fine a se
stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù dell’uomo del
denaro…. La chimerica nazionalità dell’ebreo è la nazionalità del commerciante,
in generale dell’uomo del denaro. La legge, campata in aria, dell’ebreo è
soltanto la caricatura religiosa della moralità campata in aria e del diritto
in generale, dei riti soltanto formali, dei quali si circonda il mondo
dell’egoismo…..
“Il giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di
vista teorico svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno
pratico è per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti….. Poiché
l’essenza reale dell’ebreo nella società civile si è universalmente realizzata,
mondanizzata, la società civile non poteva convincere l’ebreo della irrealtà
della sua essenza religiosa, che è appunto soltanto la concezione ideale del
bisogno pratico. Non quindi nel Pentateuco o nel Talmud, ma nella società
odierna noi troviamo l’essenza dell’ebreo odierno, non come essere astratto ma
come essere supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell’ebreo, ma
come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà a
sopprimere l’essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti,
l’ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non avrà più alcun
oggetto, perché la base soggettiva dei giudaismo, il bisogno pratico si
umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto dell’esistenza individuale
sensibile con l’esistenza dell’uomo come specie. L’emancipazione sociale
dell’ebreo è l’emancipazione della società dal giudaismo”.
La
polemica contro Bauer non c’entra. Bauer rifletteva sull’emancipazione degli ebrei avviata dalla Rivoluzione francese per proporre un modello di Stato moderno a sua volta
emancipato dalla religione. Non irreligioso ma costituzionalmente tollerante: solo
in uno Stato laico, argomentava, tutte le confessioni avrebbero potuto
prosperare ugualmente.
Occidente – È valetudinario,
se non è ipocondriaco. Ne “Il mondo e l’Occidente” Arnold Toynbee profetizza un
nuovo passaggio epocale, come quello che portò l’impero romano a grecizzarsi e
cristianizzarsi. Resta da vedere chi battezzerà chi.
Razzismo – La razza è
mito, si può convenire con Evola, ma ben tedesco. Per la mole impressionante,
anche se non di qualità, e perfino ridicola, degli studi e le professioni di
fede. Senza equivalente in altre lingue e culture. Annettendosi le culture
germanizzanti limitrofe, dalla Svizzera all’Olanda e alla Scandinavia. Il
razzismo e l’eugenetica di Hitler non sono episodici o eccezionali: sono l’esito
di una vastissimo impegno a carattere scientifico e culturale. Non se ne fa uno
studio, ma quello di Evola, benché datato 1937. quindi coi limiti dell’asse
nazifascista, è impressionante. “Il
ciclo razzista che conduce fino al Wirth”, conclude Evola, cioè fino al
sistematore delle tribù e sottotribù umane, è solamente tedesco. Con un paio di
innesti inglesi e tre o quattro francesi sull’onda dell’antisemitismo.
L’impegno
predominante della cultura storica tedesca del secondo Ottocento-primo Novecento,
di antropologi, di preistorici e paleontologi, e di storici, sociologi, psicologi,
storici della religione, è rivolto, quasi senza eccezioni per un secolo e mezzo,
a costruire complesse identità razziali, inafferrabili peraltro malgrado tanto
impegno. La lista di teorici e teorie che Evola riassume e critica in “Il mito
del sangue” è impressionante. E tutta tedesca, con le eccezioni di Gobineau,
Vacher de Lapouge e Chamberlain.
Si
parte da Herder e Fichte – quindi Gobineau e Vacher de Lapouge – e si continua
con Franz Bopp, Ludwig Wilser
(“Origine e preistoria degli Arii”, che tuttora si pubblica in tedesco),
Theodor Poesche, Karl Penka, Friedrich Lange, Ludwig Woltmann (“I Germani e il
Rinascimento in Italia”, 1905, che si annette il Rinascimento, e tutti i
personaggi storici da Dante a Garibaldi e Cavour, fa tedeschi di nome, è tuttora
edito in tedesco), Gustav Friedrich Klemm, Alfred Weber, Heinrich Driesmans,
Oskar Lange, Christian von Ehrenfels, Joseph Ludwing Reimer (“La Germania
pangermanista”, tuttora in edizione), Hans F.P. Günther, F. Ludwig Clauss, psicoantropologo, Merkenschlager, Boehm, Von
Leers, Rosenberg, Hauer, von Reventlow,
Bergmann. E l’olandese Herman Wirth, e lo svizzero Bachofen, per quanto
altrimenti benemerito.
Il “mito” di Evola andrebbe implementato della
religione dell’avvenire – fu positivista, della scienza dell’avvenire.
Nonché di altri nomi non trascurabili, anzi semmai più famosi. Il sewcondo Ottocento pullula di
religioni dell’avvenire - in questa chiave si sostenne pure che il
marxismo è opera dell’“ariano” Engels, cui il semita Marx l’ha rubato.
E in Francia che l“arianesimo”, come ogni altra
dottrina, fu perfezionata. Da Paul Anton de Lagarde, il quale scelse di essere
tedesco malgrado le ascendenze lorenesi, voleva Parigi rasa al suolo, e
ungheresi, turchi, lapponi e celti perire, in omaggio alla religione
dell’avvenire. Lagarde fu amato da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Mann, il
quale lo nominò Praeceptor Germaniae. Il genio di Gesù,
sosteneva, fu di “non voler essere ebreo”. Lagarde lo sostenne nell’ambito
dell’“arianità” di Gesù, dolicocefalo biondo, mentre Chamberlain lo faceva
“ariano” ad onore. Fino a Drumont
l’“arianesimo” fu francese.
In
Germania l’“arianesimo” ebbe un solo avvocato prima di Hitler, Arthur Trebisch,
che era ebreo. Arnaud de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, disse
peraltro i tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o
finnici, popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore
della razza bianca. L’ipotesi il dotto politico e scienziato teutone Rudolf
Virkow empiricamente verificò nelle scuole tedesche, svizzere, austriache e
belghe. La ricerca durò dieci anni e coinvolse quindici milioni di ragazzi, di
cui si misurò il cranio e si rilevò il colore degli occhi e dei capelli. L’idea
iniziale era di misurare i soldati, ma i generali non vollero. Coronò lo studio
la scoperta che pure i finnici sono biondi, benché non dolicocefali, verificata
personalmente da Virchow, il quale a tale scopo si recò in Finlandia.
Per un
po’ anche spagnoli e portoghesi furono tedeschi, dovendosi esportare l’“arianesimo”
in America Latina e nelle Filippine. Nel 1865 l’Anthropological Review di Londra scoprì “una famiglia spagnola bionda
e puramente gotica” nello Yucatàn. Ma durò poco, l’“arianesimo” è religione del
Nord per il Nord.
In
Italia fu diverso: il mito fu pure del Sud. Giuseppe Sergi, siciliano di
Messina e fine folklorista, scoprì che gli europei in blocco vengono
dall’Abissinia. Giunti in Europa, presero due direzioni, il Nord baltico e il
Sud mediterraneo. Quelli del Sud, dice Sergi, “per parecchio tempo dovemmo
difenderci dai barbari ariani”. Sembrava una conciliazione e invece manteneva,
seppure sottile, la distinzione. Ma rimediò all’eccezione Luigi Pigorini: pur ribadendo
l’unitarietà ancestrale in Abissinia, il discepolo di Sergi riconobbe senza
esitazioni la civiltà al Nord, tra i baltici “ariani”.
Molto del razzismo nordico fu sviluppato in
antitesi a Roma e alla latinità. C’è un filone storico e culturale tedesco che
ancora la Germania a Roma attraverso il Sacro romano-impero – il filone degli
Ottone, degli Hohenstaufen (di Federico II di Svevia, quello che progettò di unire
la Germania alle civiltà greca, latina e anche arabo-islamica). Romantico, ma durato
fino a Jünger. E c’è uno instancabilmente antiromano, anche quando non ne
avrebbe motivo, predominante nell’Otto-Novecento, compreso Thomas Mann, che è razzista,
la propria identità ricercando e affermando in odio alle altre, quella slava e,
di più, quella latina.
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