Stefano
Malatesta ricorda sul “Venerdì” il debutto da inviato nella diversità: “Quando
abbiamo cominciato a viaggiare non andavamo verso il Nord Europa a imparare
l’inglese: già lo sapevamo. Ci dirigevamo dalla parte opposta, dove si apriva
il meraviglioso Mezzogiorno: terra incognita che nelle mappe leghiste sarebbe
apparsa con la scritta Hic sunt Terrones”.
Non
una vera scoperta, prosegue Stefano: “Gli ultimi padani a visitarla erano stati
i Mille: quasi tutti carabinieri genovesi, borghesi bresciani, studenti
bergamaschi, fiorentini e veneziani, più qualche romano e pochi siciliani, tra
cui Crispi. Poi per cent anni l’ex Regno delle Due Sicilie era stato
abbandonato a se stesso, diventato
italiano solo di facciata”. Una breve veridica storia dell’unità d’Italia.
Papà
non è un francesismo – Lorenzo Tomasin sul “Sole 24 Ore” domenica 1 maggio. Non
è nemmeno un italianismo. No, appartiene
ai dialetti del Nord. Al Sud il diminutivo per padre si dice “tata “. In quale
Sud, illustre filologo veneziano?.
C’è
il leghismo linguistico, e come tutti i leghismi si vuole ignorante. Ma perché
cirubano anche il papà?
La
foglia di fico è indizio importante. Adamo e Eva la portavano nel Paradiso Terrestre
prima della Caduta. Dunque il Paradiso
Terrestre è al Sud, dove crescono i fichi.
Era,
prima della Caduta?
Napoli
I
giudici di pace lavorano a Napoli e Salerno per le assicurazioni. Cioè contro
le assicurazioni. Hanno il 68 per cento
di tutte le cause per incidente stradale contro le assicuarazioni che si fanno
in Italia.
Solo
a Napoli, i fascicoli aperti a metà 2015 erano 265.483: più di quanti erano pendenti
in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Umbria,
Sardegna, Basilicata e Molise messi assieme. Quasi 17 denunce per incidente
stradale ogni 1000 abitanti.
La
Campania ha 652 avvocati ogni 100 mila abitanti, secondo la European Commission
for Efficiency and Justice: cinque volte la media dell’Unione Europea, Campania
compresa, che è ferma a 127. Le assicurazioni sono il maggior datore di lavoro
della Campania.
No
solo il record delle violenze sugli amministratori locali, anche le
intimidazioni vedono il Sud all’avanguardia: insulti verbali, lettere
minatorie, scritte sui muri. Servizio Pubblico ne ha censite oltre duecento in
Sicilia nel 2014 e 2015. L’isola è seguita a ruota dalla Puglia e dalla
Calabria.
La
classifica in realtà non dice nulla di nuovo, se non che la Campania non c’è.
La Campania si astiene dagli avvertimenti – fa sul serio?
Grande
sfoggio di Resistenza per il 25 aprile a Napoli, che fu liberata dagli Alleati.
Con l’arroganza di rito, giudicando e respingendo chi non è o non è stato
abbastanza resistente. Sembrerebbe ridicolo, avere le pezze al culo e irridere di
questo il prossimo, ma Napoli è sempre piena di sé.
Essere
pieni-di-sé in un mondo pieno di odio-di-sé, dovrebbe essere una dote. Ma qualcosa
non quadra. Forse che Napoli non si glori di qualcosa di buono. Anche solo,
magari, di canzonette – ha abbandonato anche quelle.
Il
presidente Ciampi, col concorso, è vero, di Bassolino, avevano mutato volto
alla città – e anche a Caserta, alla reggia e al parco. Napoli sembra pulita, e
anche molto viva, la gente interloquiva orgogliosa. Ma è bastato poco, che
Ciampi passasse la mano, ed è sprofondata nell’immondizia e la scellerataggine.
Dov’è
l’illegalità a Napoli? All’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.
Autofinanziato, ma non in toto. Definanziato dalla milanese Letizia Moratti,
ministro dell’Istruzione, che deviò i fondi sul progetto Umanesimo e Cultura di
un salumificio lombardo. Indebitato. Sfrattato – Carlo Vulpio racconta su “La
Lettura” che i 300 mila volumi della biblioteca sono stivati “nei sotterranei
umidi di Palazzo Serra di Cassano, in un capannone industriale di Casoria,
nell’ex manicomio «Bianchi», e nell’Istituto professionale per ciechi
«Colosimo»”. Ma questo si legge su “La lettura”, la città ne sa poco o nulla.
Nel
1973 il mondo era in ambasce per la crisi del petrolio e la guerra del Kippur
(giravano atomiche), Napoli per il colera. C’è un destino nelle cose?
Lo
storico Barbagallo apriva su questa coincidenza vent’anni fa “Napoli fine
Novecento”. Perplesso.
La mafia dell’antimafia
Si
processano per associazione mafiosa in Sicilia i protagonisti più in vista dell’antimafia.
Antonello Montante, presidente delle Camere di commercio dell’isola e delegato
della Confindustria alla legalità. Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere, nonché
della Camera di commercio di Siracusa. Pino Maniaci di Telejato, giornalista di
Partinico che spadroneggiava per procurare favori all’amante e si inventava
attentati mafiosi per avere la scorta, che invece erano storie di corna.
L’antimafia
è il punto dolente della lotta alla mafia al Sud. L’uso delle leggi e spesso
anche dell’apparato repressivo a fini personali e di guadagno. A opera di
soggetti meridionali, ma con la copertura dell’apparato repressivo, forze dell’ordine
e giudici, che è nazionale. I tre casi siciliani non sono eccezionali e non
sono di oggi.
Fin
dall’origine l’antimafia di professione, politico-industriale, è stata inquinata
dalle mafie. Era il caso in Calabria trent’anni fa, anche quaranta, quando un
onorevole Frasca, socialista, faceva convegni e raccoglieva voti con i fratelli
Mammoliti, la mafia di Castellace. Molti dei pentiti di mafia sono stati mafiosi
in esercizio. Ancora in Calabria, se ne censirono 28 per accusare Giacomo
Mancini, che un Procuratore della Repubblica avallò e poi al processo si
scoprirono fasulli – si fecero scoprire fasulli, rovinando l’apparato giudiziario
dopo l’esponente socialista. Molti mafiosi fanno finta di pentirsi, a danno magari
dei propri nemici, o evidenziando colpe minori, per restare in qualche modo in possesso
dei beni – come è il caso sempre dei Mammoliti in Calabria.
L’antimafia
sarebbe molto semplice: è anzitutto un problema di ordine pubblico. Si sa chi
commette i reati ma non si interviene. Se non dopo trenta-quarant’anni, quando
il danno è irreparabile. Economico, fisico, eccetera, e soprattutto morale:
perché esporsi a nessun fine? L’omertà è solo disprezzo dell’apparato
repressivo, nessuno vuole bene ai delinquenti – ladri, grassatori, assassini,
rompicoglioni.
Il Sud è mentale
La
scoperta del Sud, cui Stefano Malatesta si disponeva cominciando a viaggiare, o
a viaggiare per lavoro, resta ancora da fare. Non sembrerebbe possibile, tanti
sono i libri di viaggio al Sud e sul Sud. Ma sono viaggi mentali. Anche effettuati fisicamente,
con i disagi e le fatiche di ogni viaggio. Anche con attenzione, senza
pregiudizio – purtroppo non senza stereotipi: la donna del Sud, l’omertà, la
corruzione. Ma non ci sono libri di viaggio al Sud illuminanti. Zanotti Bianco sì,
Isnardi, ma i loro non sono libri di viaggi – di Danilo Dolci si è perso pure
il nome. Omesso il pittoresco, e ora le mafie, non c’è nessun Sud.
Il
viaggio mentale si fa per di più dentro un Sud che è immaginario. Si può dire,
benevolmente, che il Sud non esiste più se non nell’immaginario di viaggiatori
e osservatori non molto interessati alla cosa. È di questa irrealtà che fa
parte la camicia di forza dell’antimafia, che si lascia irretire da profittatori
e furbastri.
leuzzi@antiit.eu