Giuseppe Leuzzi
Viene
dalla Siria lo scirocco, il vento del Sud? È l’etimologia più scientifica,
considerando che la Rosa dei Venti faceva centro convenzionalmente accanto
al’isola di Creta. Il vento di Sud-Est Nord-Ovest.
Edmund
White ha la figura ricorrente del provinciale a New York, che distingue per
l’insicurezza. In “La sinfonia
dell’addio” lo vuole specialmente inurbato dal Sud, e lo distingue per “le
pacche, l’astuzia campagnola, e l’istinto di indipendenza”.
L’angelo calabrese
di Alì
Sapido
ritratto di Angelo Dundee, l’angelo di Cassius Clay, in margine allo
straordinario ricordo che dell’atleta ha scritto Mario Sconcerti sul “Corriere
della sera”, “Il mio Alì. La tournée in Europa”. Dundee – l’edizione online ne
mostra anche una bella foto - è stato l’“inventore” della farfalla peso massimo:
quello che l’ha scovato in palestra, l’ha addestrato, e poi ne fu il
procuratore.
Dundee
“era figlio di due emigranti calabresi, aveva
sette tra fratelli e sorelle. Vero nome Miranda, storpiato in Mirena dall’ufficio
immigrati, trasformato da lui in un cognome scozzese perché si vergognava della
sua emarginazione, del suo americano alla cosentina”. Voleva essere wasp, il bianco dominante, e non wop (guappo?) – doveva esserlo, per poter
fare il procuratore.
Angelo “frequentava quasi solo ragazzi neri
perché parlavano in modo anche meno comprensibile del suo. Crebbe tra le risse
di quartiere, non aveva fisico, ma aveva testa. Le bande si picchiavano,
vinceva chi tirava il primo colpo. Lui insegnò a doppiare i pugni. Due per
volta, uno-due e con il terzo lo stendi, vinci davvero. Divenne un maestro
quasi involontariamente”.
Si fece allenatore-procuratore-tuttofare di
quelli dal fisico più dotato. “E come prima cosa si mise a caccia di Cassius
Clay, una corte lenta, intelligente, insistente. Clay allora non aveva le idee
chiare, l’altro gli diceva sei il più grande, non buttarti via. Lo seguì anche
alle Olimpiadi, fu lì che lo convinse a diventare professionista con lui e con
lui rimase anche quando i Fratelli musulmani non volevano bianchi intorno”.
Anche
il padre di Mario era un procuratore della boxe. “Dundee era piccolo, come mio padre, sensato come lui, con
un’idea del marketing del pugilato che in Italia era sconosciuta. Si trovavano
bene insieme, si sono aiutati per tutta la vita. Per mio padre Dundee era
l’America che non avrebbe mai avuto”.
Voto di scambio
al Csm
Voto di scambio al Csm per nominare
Greco alla Procura di Milano. Il candidato della sinistra passa con i voti del centro, in cambio dei
voti della sinistra al candidato di centro per la Corte d’Appello della stessa
Milano. Senza omertà però, è vero, tutto dichiarato.
Dichiarata anche la filosofia mafiosa,
al coperto dell’antimafia. Si dice infatti che le nomine al Csm non sono
politiche, le posizioni sono di garanzia. A chi? Agli amici degli amici.
L’accordo su Greco a Milano è pubblico.
Ma Unicost può permettersi di negarlo:.”La nostra è una risposta alle illazioni
di mercimonio del voto e di etero direzione delle scelte del Csm”. I mafiosi
soprattutto si negano.
Corleone
capitale mondiale della legalità – o ll processione
La
processione.
Lea
(Leoluchina) Savona, sindaca dal 2012, con Berlusconi, poi con Alfano, è stata
avversata dal Pd in tutti i modi: mancato titolo di studio, curriculum mancante
o insufficiente, interessi mafiosi naturalmente (la mafia dice sempre: chi non
è con noi, peste lo colga), ma è sempre saldamente al suo posto, e probabile
rieletta l’anno prossimo. Del resto Napolitano, quand’era presidente, non ne ha
disdegnato l’operato.
La
contestazione più radicale (ridicola) ha riguardato il curriculum. Perché la sindaca
non pubblica il suo curriculum. E quando l’ha pubblicato si è confermato che
non aveva una laurea, la chiamavano dottoressa abusivamente. Anzi, non ha nemmeno
un diploma - il curriculum attesta vaghi “studi agrari e giuridici”.
Ma
sempre lei ha risposto a tono. Quando la campagna di stampa era su tanti anni
passati a Palermo e nemmeno uno straccio di laurea, ha risposto: “Una mia cara amica mi ha chiesto come mai
dopo tanti anni trascorsi a Palermo non ho conseguito una laurea quinquennale
in scienze politiche. Ho risposto che in quegli anni ho assistito amorevolmente
la nonna, ho fatto una importante esperienza spirituale in via Chiavelli a
Palermo dalle suore clarisse attraverso suor madre Teresa Cortimiglia, ho
vegliato il nonno ammalato di cancro tre anni, ho gestito l’azienda di famiglia
dal punto di vista contabile, ed abbiamo ingrandito la stessa con allevamenti bovini
ed ovini, ho fatto volontariato per i non vedenti, leggendo per loro la vita
dei Santi, ho imparato a soffrire in silenzio immedesimandomi negli altri, ho
imparato a servire e lavorare duro affinché i miei nipoti possano essere
orgogliosi della loro zia che li ama tanto”. Come dire la differenza l’abisso
tra le persone vere, anche in politica, e la società “civile”, dei rancorosi e
odiatori sociali – che un tempo, più che furbi, si pensavano e dicevano
falliti.
La
mafia naturalmente è più insidiosa, ubiqua com’è, anche nei luoghi meno
deputati. A Corleone la sindaca ha voluto nello stemma la dizione “capitale
mondiale della legalità”. Una che sa fare politica, insomma. E per questo forse
indigesta all’apparato repressivo che governa il Sud, oltre che –
legittimamente - al Pd. E così, pensa e ripensa, il busillis è stato trovato
nella processione del santo. Che passa davanti alla casa di Riina, e vi si
ferma, perché qualcuno (la moglie di Riina) vuole fare un’offerta.
Scandalo.
Le Autorità lasciano la processione. Il vescovo trema e manda fulmini, ignavo. Scatenati
i social di tutto il mondo, i santi e i preti non sono popolari. I ragazzi della
parrocchia che hanno sostituito i procuratori del santo, e sono i responsabili
della fermata improvvida, piangono frastornati. Giusto la sindaca dice la
verità: che è tutta una baggianata. E i giudici non sanno che fare. Archiviare
non possono – e i social poi?
Idea del Nord
“The Idea of North” è un libro di un
professore di Aberdeen, Leida e Warwick, Peter Davidson. Uno che spazia tra
Olanda e Islanda, noto per altre pubblicazioni analoghe, sui tesori del Nord - edite
da una Reaktion Books, ma non importa. Pubblica per la Scozia, in prevalenza, e
per gli inglesi del Nord. Nell’“Idea del Nord” fa la cronaca di una lenta escursione
in queste due aree. Dopo un viaggio mentale attraverso le “figure del Nord”: la
pittura olandese invernale del Rinascimento, i paesaggi romantici tedeschi,
fantasmi, trolls, saghe, ghiacci, interni, la mezza estate Baltica, i “regni di
Zembla e Naboland” (il Nord di Nabokov).
Un esercizio probabilmente risarcitorio, come
una rivendicazione dello schiavo. In questo senso Davidson dice il Nord un “di più”, di “assoluta, difficile
bellezza”. Per lo stesso motivo non sarebbe venuto in mente di scrivere una
“Idea del Sud”: il Sud è, non si deve far riconoscere. Ma come “titoli collegati”
(“se sei interessato a … sarai interessato a…”) l’editore suggerisce - oltre
che “Natale” e “Troll” - “la mafia”, “l’ascesa del Vampiro”, “l’enciclopedia
dei Bugiardi e Imbroglioni”.
La cultura del
carciofo
Il
protagonista di un racconto di Bianciardi segue negli anni 1970 una lezione
d’inglese alla tv, in cui Jole Giannini insegna a denominare gli articoli alimentari
del fruttivendolo. Carciofo, artichoke,
gli riporta alla mente “che articiocco per carciofo è termine diffuso in vari
dialetti del Nord, seguendo un’area di contaminazione, forse, longobardica”. E
quindi andremo a cercare il carciofo in Germania, o anche solo in Svizzera, e
nelle isole britanniche. Mentre è pianta italiana, di nome latino – dall’Italia
poi diffusa alla Spagna mediterranea e alla Francia meridionale. Ne parla lo
storico Teofrasto, IV secolo a.C.. Gli arabi, che lo scoprirono in Spagna, lo
chiamarono “harsciof”, da cui il nome italiano. Ma era una derivazione dal
latino “articactus”.
Se
il carciofo di Bianciardi non avesse avuto le proprietà che propagandava
Calindri a “Carosello”, sicuramente lo
scrittore maremmano non avrebbe avuto problemi a riportare la semantica di
carciofo all’origine latina, con buona filologia.
La Principessa dell’isola
dei morti
Nell’ultimo
Montalbano, “L’altro capo del filo”, Camilleri ricorda, a proposito di una cotonata
libanese così denominata nell’isola, la “Principessa Sicilia”.
Ci
sono riscontri. La Sicilia avrebbe preso il nome da una principessa libanese
“costretta a una navigazione solitaria e lunghissima per raggiungere queste coste
allora deserte”, attesta Santi Correnti, “Breve storia della Sicilia
dalle origini ai nostri giorni”. Che però non rinuncia all’origine
nordica. Il nome facendo derivare da una radice indogermanica che suona sik, per indicare
l’ingrossamento, la crescita, e in greco serve ad indicare frutti che si gonfiano
in fretta, tali siké (=
fico) e sikùs (= zucca), sicché il termine significa
“terra della fecondità, isola della fertilità”, come in effetti è sempre stata.
Correnti non vuole rinunciare nemmeno ai neo-greci. Afferma
infatti che in periodo bizantino (secc. VI-IX) si credette che il nome Sicilia
derivasse da siké ed elaia,
unificando il nome greco di due piante tipiche dell’isola, il fico e l’ulivo. E
non è finita.
Qualcuno, aggiunte Correnti, la vuole derivata dalla voce italica
“sica”, falce: la Sicilia come terra di
falciatori. È l’etimologia che Marco Terenzio
Varrone, il grammatico, avrebbe privilegiato. Con la solita aggiunta che Zancle,
falce, era il nome di Messina, il cui porto naturale ha forma di falce.
Da Sikelòs no, il re eponimo
che al tempo di Troia condusse i Siculi in Sicilia, in aggiunta ai Sicani e
agli Elimi. L’unica etimologia plausibile.
La versione di Giuseppe
Maria Salvatore Grifeo è di una Principessa Sicilia un po’ diversa: “Un oracolo
aveva predetto, quando essa era ancora bambina”, in un suo Regno, forse il Libano,
comunque affacciato sul Mediterraneo, “che se avesse voluto sopravvivere al
quindicesimo compleanno avrebbe dovuto abbandonare il Paese da sola e in barca.
Se non lo avesse fatto, sarebbe stata divorata da un mostro famelico, il Greco-Levante”. Il vento, cioè, di
Nord-Est – rispetto al punto accanto all’isola di Creta dove si collocava
convenzionalmente il centro della rosa dei Venti.
Quando la Principessa
raggiunge l’isola la trova deserta. Sgomento. Finché un bel giovane appare, che
le spiega che gli abitanti sono tutti morti di peste, ma ora gli dei gentili
hanno deciso di ripopolarla con gente migliore. Dunque, la Sicilia come isola
dei morti.
Il siciliano mai si
smentisce, nemmeno nelle favole: parlare male di sé sarà opzione di resuscitati?
leuzzi@antiit.eu