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Capitalismo – Si radica nella teologia? Terminologicamente sì, anzi vi
sprofonda. “Speculari” è “osservare, esplorare, sorvegliare”, dice il Mariotti.
“Speculare” è nella mistica medievale “sprofondare nella contemplazione religiosa,
fino all’estasi”. La banca centrale
“crea” la moneta. La moneta “crea” la ricchezza. L’impresa “crea” posti di
lavoro, e li “salva”. Il credito si lega alla fede. Debito in tedesco è legato
anche alla colpa. desco anche .
Si radica
anche nella pastorizia, certo, sempre terminologicamente (logicamente): vengono dalla pastorizia stock
e pecunia, e il pound-sterlina.
Il capitale è brutta bestia, è
materia in azione. Talora si dichiara, con le sorprendenti definizioni del
denaro, sempre s’infiltra con inarrestabile magnetismo. Lievita pervasivo sul pecus
inerte, della materia dei fantasmi ma solido. È aggressiva manifestazione del
diavolo - la lussuria è al confronto piccola cosa, se non per la sua forza
angelica? Max Weber avrà avuto il merito, con Gotheim e Sombart, di studiare i fattori religiosi, oltre che
sociali, del capitalismo – e Fanfani dopo di loro, il senatore, i cui tomi gli
Usa studiano più di Weber.
Si è
portato nell’apologetica sinonimo di Proteo, ma finisce per esserlo. Poiché
prospera – ha prosperato – con ogni regime: dittature, militari e non,
totalitarismi (comunismo, nazismo), mafie, apartheid, lo stato islamico, lo
stato ebraico, la democrazia.
Coscienza –
È pre-scientifica, e sempre in alterità alla scienza. Sempre in ritardo sulla
capacità di astrazione, O non interessata, implicando l’astrazione un calcolo
combinatorio. Prescinde dalla matematica, si compiace del pregiudizio
(nazionale, politico, culturale, tribale, anche d’interesse: l’ideologia), e delle
volizioni (ambizione, amicizia, sopravvivenza\sopraffazione). Fermi autorizza
la costruzione della bomba atomica, Fermat non l’avrebbe fatto?
Si può dire
– i matematici lo dicono – che la coscienza ha un’impronta pre-scientifica. Ma
è indomabile. Uno dei pochi – l’unico? – domini inaccessibili al calcolo. E
dunque? La razionalità del calcolo (scienza) è limitata.
Decostruzione – È la rovinificazione (Zerstorung)
di Walter Benjamin. Che Benjamin trovò in Schlegel: “L’opera d’arte si completa
solo col critico che anticipa anche i suoi successivi, fino a scoprirne il suo «intimo
segreto»”.
Dio – Non ha paragone con gli ateisti, che sono dogmatici indefettibili.
Al punto di negare la possibilità di un’intelligenza superiore alla loro.
Superbi quindi, anche.
Nulla invece di più controvertibile delle Sacre
Scritture, quali che esse siano, storicamente, logicamente e perfino
grammaticalmente, scombinate e anche confuse – la parola di Dio non può essere
confusa. Compilation più speso di
storie, stili, costrutti diversi nello stesso capoverso.
In Grecia rideva anche degli
uomini: sottraeva loro tutti gli spazi, anche il riso che si vorrebbe
esclusivamente umano.
Ironia – È la forma conoscitiva dell’incredulità.
Nazionalismo – Entra massiccio nel pensiero con la filosofia tedesca,
dal Settecento alle guerre mondiali, metà Novecento, infettando l’identità
nazionale (i “caratteri originari”) e per conseguenza l’azione politica, spesso
sovrastata dalle identità bellicose. Nella dottrina del Volk, che non è tanto popolo o comunità popolare, ma comunità di
spirito e di “sangue” (storia, tradizione, usi, mentalità, e quindi privilegi).
Da Herder, o meglio da Fichte, a Heidegger, e al nazismo - Herder usa Volk in posizione aggettivale, il suo
soggetto è il Geist, spirito (spirito
del popolo, spirito della nazione, spirito nazionale, e genio del popolo, o
carattere nazionale), ma delinea la cosa. Compreso Hegel, e quindi i tanti
hegeliani, che ancora dominano il pensiero centro-europeo. La questione hanno
posto del compimento della storia, nel primato. Ovviamente razziale, anche se
non dichiaratamente. E dell’origine (del primato) della lingua. Il
disadattamento di Nietzsche sarà alla tradizione cristiana, e all’ideologia della
filosofia tedesca, compreso l’ario-germanesimo.
Fichte e Hegel reagivano all’occupazione
francese, ma accidentalmente. Dapprima peraltro – dichiaratamente in Fichte –
in reazione alla rivoluzione francese. Che per la Germania significò guerra e
conquista, ma questo è vero anche per l’Italia e altri paesi europei, che
invece se ne avvalsero. Poi in senso anche reazionario, o della rivoluzione
conservatrice, come usa dire.
Il Volksgeist, lo spirito del popolo, viene attribuito a Hegel 1801, “La
costituzione della Germania” – ma era già in uso in Herder. Che lo definisce in
questi termini: “È un soggetto di natura universale, ma determinato: è un
popolo”.
Viene nella filosofia tedesca col
romanticismo. E poi con l’ideologia della Grande Germania. Ma ha terreno
fertile nella Riforma, nell’Io e il mio Dio. La correlazione non è necessaria, ma
così è stato – e torna a essere. Volk
è più pregnante di popolo, già con Herder che pure non ne fa molto uso: implica
una sorta di “essenza”, un estratto, razziale e linguistico, mitologico, ed è
una comune linfa in una comunità nazionale, la “comunità di destino” o “di
spirito”. Se popolo è legato alla futura “classe”, Volk ne è antitesi, è il minimo comune denominatore – non tanto
minimo, occorrendo in un’ideologia nazionalistica, primatista , imperialista. In questo senso è patrimonio di
quella che si è convenuto chiamare in Germania “rivoluzione conservatrice”, da
Cantimori fascista in poi, volendo bene
alla Germania, e altrove è la reazione – che è pur sempre distruttiva (rivoluzionaria).
Volk
è nel Novecento anche di più: è esclusivo, contro gli ebrei e ogni altro
inquinante, i latini, gli slavi, etc. Ed è il calderone di una “spiritualità superiore”
– senza più: non c’è altro spirito all’infuori di quello tedesco (nessun
filosofo tedesco studia – riconosce - filosofia fuori dai confini dopo
Cartesio). Una stupidaggine, ma così è – si perdona molto alla Germania: perché,
se non di altro, è feconda di cattedre?
Novità – È circonfusa di nimbo positivo. Gli spagnoli invece a
lungo hanno usato come saluto: “Que no haya novedad!”. Gli eventi totalmente
negativi sono sempre una novità, il terremoto (maremoto, tifone), la morte
spesso, e l’incidente ovviamente.
Potere – Quello perfetto appare una distopia, perturbante per lo
stesso potere, il controllo totale.
Lo assimila, nota Enzensberger,
“Tumulto”, 82. “al famoso paradosso della carta geografica”: “Una planimetria perfettamente
uguale a ciò che rappresenta raddoppierebbe la realtà e sarebbe superflua”.
Il potere è “perfetto” se elastico.
Adattabile, estessibile, e soprattutto esercitabile. È un esercizio in furberia,
anche in senso buono, di sopraffazione e coercizione che non può privarsi dell’
“oggetto”. Non “controlla tutto” per poter esercitare il controllo – il
dittatore totale si farebbe una rivoluzione, per evitare la noia.
È plastico, e meglio si esercita
indirettamente, e non completamente – dopo non avrebbe più senso.
Ruminazione – È il solo veicolo di novità, che è il motore della
durata: la rimasticatura. O l’eterno ritorno dell’uguale. In politica, dalle
guerre ai consigli dei ministri, è sempre l’“Iliade”. O la cultura, a maggior
ragione, con l’interpretazione, l’ermeneutica motore della storia.
Selezione - È reazionaria – non si può non dire: è evidente. “Un
antico, per riconoscersi più uomo, si confrontava, umiliandosi e annullandosi,
agli dei. Un moderno, per riconoscersi più uomo, si confronta, applaudendosi e
congratulandosi, alle bestie. Uno guardava avanti, quest’altro è voltato
indietro. Uno sentiva di avere ancora da attuarsi…” – Emilio Cecchi, “Le bestie
sacre” (in “Pesci rossi). Uno inventava san Pietro, il moderno lo zoo.
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