Giuseppe Leuzzi
A Pavia, capitale dei Lombardi, i
mercanti viaggiatori mussulmani del IX-XII secolo trovavano meravigliati che
vivessero “alla maniera dei Curdi”, tra tende e capanne. Mentre Roma è per loro
sempre fonte di ammirazione. Per le ricchezze incalcolabili. Per il senso di
giustizia
Il Nord come “Terra di Caino”. Il
repertorio del Nord dell’appassionato nordista Peter Davidson, “The Idea of
North”, non si fa sconti: “L’idea del Nord in Canada è infetta, forse più che
in qualsiasi altro paese eccetto che in Russia, dalle associazioni primordiali
come «terra di Caino», e cioè da tristezza, smarrimento e esilio”.
Un’altra associazione “primordiale”, con
la pazzia, l’ha introdtotta vent’anni fa Margaret Atwood in un saggio dedicato,
“Strange Things: The Malevolent North
in Canadian Literature” “Uno degli argomenti avrà a che fare con
l’impazzimento nel Nord – o essere portati alla pazzia dal Nord”.
Il
mercato è al Nord
L’Italia viene ventesima al mondo per la
sanità: non ci si cura bene in Italia. Meglio nei paesi scandinavi. Dove se stai
proprio male ti suicidi. O la Germania, con l’Olanda, dove se hai 75 anni e un
tumore puoi solo morire.
Il Nord viene sempre prima, in tutte le
classifiche. Il Sud viene primo nella malavita, anche se ce n’è di più, in
proporzione, nella distinta Svezia.
Il Sud ha inventato il mercato, con i
mercatini. Ma li pratica meglio il Nord, come tutto del resto.
L’Irlanda è il cattivo d’Europa, che
ospita Apple, AirBnb, Ryan e altre aziende di malaffare. E le lascia lavorare
in pace, e non le tassa. No, non funziona così: il mercato non ammette sconti
fiscali. Questi possono permetterseli solo le potenze: Gran Bretagna, gli Stati
Usa, e Olanda e Lussemburgo per conto della Germania.
C’è un Sud anche al Nord: l’Irlanda è
cattolica. Per questo non ha sconti, per questa storia che si perdona i
peccati: il mercato è molto protestante, e infatti fa vincere sempre e solo il
migliore.
Resta da dire, in materia di sanità, che
di una cosa sicuramente il Sud è pienamente responsabile, della sua malagestione.
Con regioni che pagano cifre consistenti per far curare i propri assicurati
altrove, la Sicilia, la Calabria e la Campania soprattutto. Per incapacità,
scarsa professionalità, corruzione.
Molte debolezze il decentramento amministrativo
ha evidenziato al Sud di cui il Sud è solo responsabile, la viabilità, l’urbanistica,
le politiche attive del lavoro, ma nella sanità la colpa è totale. Non c’è
mafia che scusi, né scarsità di capitali.
Suono
È – era – il nome della tarantella, da
ballo popolare? Ettore Castagna lo arguisce nella monografia “U sonu” per la
“musica a ballo” di Cardeto sull’Aspromonte, una tarantella aspromontana
ingentilita. Un trattato singolare, pro e contro la tarantella ballo colto e
non popolare. Che però ha un’eco in Danilo Dolci. Che in una poesia della
raccolta “Il limone lunare”, fa ricordare a Rosa: “A sedici anni mi hanno
invitata a un suono\, a una festa da ballo in casa di parenti” – Rosa è un’anziana
contadina dell’agrigentino che “sembra uscita\ da un quadro veneziano del
seicento”:
Castagna, sbollito il furore iconoclasta, il “suono” ricompone come musica coreutica, sonu
a ballu: se non si balla, “si
perdi u sonu”. A un sentimento
e un bisogno che vengono da lontano. La danza, “deposito sedimentato”, e quindi
il “sonu a ballu”,
insomma la tarantella, ha “una spiccata caratterizzazione in senso rituale”.
La
Sicilia invasiva dei siciliani
La “linea della palma” che sale al Nord,
e lo occupa, lo avvelena, è copyright di Sciascia, che vedeva la Sicilia come
un’infezione, anzi una metastasi. Che ogni poco si alzava invadere il continente. Camilleri non è da
meno. Più avvertito di Sciascia, perché ha vissuto a Roma - non nell’isola,
lusingato da francesi e milanesi per un pizzico di esotismo. Camilleri non
considera l’isola il cuore del mondo. Ma anche lui è, incontenuto e forse
incontenibile, per la favola che i siciliani si raccontano, dell’isola
rivoltata in continente: non più esteriore, lontana, marginale, ma invasiva e
dominante.
L’interlocutore di Camilleri è siciliano
anche lui, Saverio Lodato, a differenza di Sciascia che ne discuteva con Walter
Vecellio, tripolino cosmopolita, o del giudice Falcone, del memorabile “Cose di
cosa nostra”, scritto con Marcelle Padovani. E tre lunghi volumi ne nascono
quasi assurdi: oltre mille pagine di delirio piatto. Subito, la colpa è anche
qui degli americani: Sciascia pianse quando sbarcarono gli americani, e anche
Camilleri: con loro sbarcava la mafia. Giuliano (non) era un bandito. Nel ’48
vinse la mafia. E ora McDonald’s, Camilleri non ha più illusioni: “Nel centro
delle più belle città italiane troverò McDonald’s”. Cioè, per intendersi:
McDonald’s è siciliano, della mafia? Oppure no? Certo che no, ma è qui la
verità: è la Sicilia che si è impadronita degli Usa, la mafia, e governa il
mondo, coi McDonald’s. È chiaro, bisognava pensarci – ecco perché Obama è un
po’ scuro, è siciliano.
La
mafia dell’antimafia
Il tutto mafia è merchandising: un affare, e quindi un progetto commerciale, la
vendita facile del quadretto in voga, in
multipli: “La mafia tira? Allora sotto, produciamo mafia”. Milano con i suoi
media, giornali, libri, televisioni. E la Rai per non saper che fare. Referenti
i meno implicati, o implicabili: sociologi valdostani, Rosy Bindi che non ne capisce
nulla, e qualche prete che invece ci sa fare, i giudici naturalmente – “sempre
meglio che lavorare”.
La mafia è un fatto, molto nocivo:
quotidiano, asfissiante, avvilente. Un sistema di furto costante, dei beni e
della dignità. Alla luce del sole, un mercato parallelo. Con uomini di mano, ricettatori,
mediatori, promotori, investitori, banchieri, joint-ventures. Ma se ne dispone
poco o nulla, in genere dopo trent’anni. Se ne parla invece molto, moltissimo.
Con profitto evidentemente, e quindi con diletto. Non si interviene per poterne
parlare? È come se.
Calabria
La collana Rubbettino dei viaggiatori,
una quarantina ormai di titoli, fa della Calabria la destinazione privilegiata
del viaggio avventuroso in solitario euroamericano, da metà Settecento al primo
Novecento. Anche nel repertorio di Attanasio Mozzillo sui viaggiatori nel Sud
la presenza della Calabria è preponderante, con Napoli e la Sicilia. Poi più
niente: finito l’esotismo, finita la Calabria.
È difficile scrivere della Calabria”,
comincia col dire Margaret Carlyle, solitamente misurata e cheerful, nel capitolo
“Calabria” di “The Awakening of Southern Italy”, 1962, “senza fare quelli che
potrebbero sembrare affermazioni contraddittorie, in parte forse perché è
impossibile passare qualche tempo in questa poco nota parte d’Italia senza
sentirsi depressi dalla perversità degli esseri umani, e dalle circostanze che
hanno reso una delle più belle regioni d’Italia un fardello sulla sua economia
e una macchia sulla sua civiltà”.
Nel 902 il principe aglabita Ibrahim ibn
Ahmed lascia Kairuan, in Tunisia, dove era riverito fosco e cruento, per
conquistare l’Italia – la parte continentale, la Sicilia è già conquistata.
“Uno dei personaggi più controversi della storia del jihad nel Mezzogiorno”, lo definisce lo storico Feniello in “Sotto
ils egno del leone. Storia dell’Italia musulmana”: violentissimo, oppure
mistico, e pio santone. A un certo punto decide di conquistare l’Italia peninsulare.
Ma a Cosenza la dissenteria lo ferma, e ne muore.
Notevoli gli echi di Provenza in Calabria.
Da Frassineto-Frascineto a Aspromonte. E culinari: l’aglio, la cipolla, il pane
biscotto con l’olio e l’origano, pan
bagnat. A metà del Duecento Carlo d’Angiò fuse la contea di Provenza, portata
in dote dalla moglie Beatrice, coi regni acquisiti di Napoli e di Sicilia, e il
matrimonio topografico e culinario fu così probabile. O già via Normanni, che passarono
in Calabria il più del loro tempo in Italia, e vi promossero le chansons de geste – benché di Provenza
vi se ne parli poco – attorno e dentro l’Aspromonte. Che è toponimo appunto normanno.
Non poteva mancare un sant’Elia in Calabria
– dappertutto dove ci sono stati i greci c’è un santo a questo nome. Quello di
Palmi è però storico: Elia il Giovane, che aveva un convento alle Saline, cioè
nella piana oggi di Gioia Tauro. E fu impegnato nella difesa di Taormina contro
l’assedio arabo nel secolo IX.
Taormina cioè Messina. Che è la città
con cui Palmi condivide la religione e forse la popolazione: la Varia, i
Giganti, la Madonna della Lettera. Senza che oggi niente più le colleghi.
In “Filoxenìa”, in cui ha fissato la sua
scoperta dell’area grecanica attorno a capo Spartivento, e nelle trasmissioni
per la rubrica “Passioni” di Radio Tre che ne ha tratto, “Volti e voci della
Calabria greca”, l’antropologa Patrizia Giancotti fa parlare Martina, una bambina
di Bova di dieci anni, della montagna che la sovrasta, l’Aspromonte, e della montagna sotto
il suo paese, Bova, la colonia greca probabilmente più elevata, a quasi mille
metri di altitudine: “Il mare
sembra di averlo vicino a noi, qui davanti. Oppure, guardando le nuvole, sembra
di toccarle”. E della montagna sotto di lei: “Qui siamo a mille metri. Vedere le montagne da sopra, queste colline, dà una sensazione come di
brividi”.
Si lega la Calabria – distribuzione
geografica, coltivazioni, carattere – alla montagna. Mentre è la regione che ha
più mare e litorale di tutta l’Europa continentale.È del resto formazione geologica recente,
soprattutto nella parte meridionale, l’Aspromonte, che conserva tuttora molti
segni del mare da cui è emerso.
leuzzi@antiit.eu