Congiuntivo – Si vuole
abolirlo per un fatto di democrazia.
Anche se è un impoverimento: la rinuncia alla distinzione concettuale del fatto
dal dubbio o dall’ipotesi – possibilità, incidentalità, anche desiderio, più o
meno rimosso, una speranziella. L’abolizione del
congiuntivo non è fare chiarezza, al contrario è impedirla. Con tutte le
migliori buone intenzioni: le lingue spesso deragliano.
L’abolizione
del congiuntivo non semplifica ma complica, allargando il rimosso. E non
democratizza: non apre accessi ma li chiude. La sua cancellazione è accettazione della diseguaglianza.
Egualizza, che però è un’altra cosa – a scuola ci saranno meno sfavoriti, ma nell’ignoranza? L’ignoranza, qualche che sia il livello che se ne accetta, è certamente ugualitaria. Ma è democratica? Come l’indigenza invece dell’opulenza. È singolare come la democrazia sia vittima delle buone intenzioni - una sorta di vittima predestinata, senza difese.
Egualizza, che però è un’altra cosa – a scuola ci saranno meno sfavoriti, ma nell’ignoranza? L’ignoranza, qualche che sia il livello che se ne accetta, è certamente ugualitaria. Ma è democratica? Come l’indigenza invece dell’opulenza. È singolare come la democrazia sia vittima delle buone intenzioni - una sorta di vittima predestinata, senza difese.
Coscienza – L’indagine quantistica
di Roger Penrose, “Ombre della mente. Alla ricerca della coscienza”, 1994, e
poi di Penrose e Hameroff, non ha trovato nei neuroni nessun riscontro
sperimentale alla coscienza nei neuroni. Non delle immagini, nemmeno dei colori,
che pure sono soggettivi. Anche la psicologia, psicoanalisi compresa, non è
andata avanti – e anzi fa passi indietro. Un sentimento, l’immagine, una serie
di immagini, l’esperienza fenomenica, l’esperienza avvertita, ne sono indicazioni
più che spiegazioni. L’unico risultato è l’“internalismo” di Manzotti: la
coscienza è dentro la nostra testa.
Ma
è vero che è comune, anche ai vegetali a occhio nudo. E forse ai minerali,
perché no. È la reazione all’ambiente-interazione con l’ambiente. Uno stimolo,
una serie di stimoli, biunivoci.
Ciò
risponde peraltro meglio ai fondamenti della meccanica quantistica, che è una
teoria della connessione.
Heidegger – È hegeliano,
pure lui. Solo, in aereo invece che a cavallo. Nel punto nevralgico, lo spirito
del condottiero. Nel momento suo culminante, l’incesso. “Lo spirito del mondo a
cavallo” di Hegel per Napoleone rifà tal quale per Hitler con l’aereo: “Quando
l’aereo porta il Führer da Monaco a Venezia, all’incontro con Mussolini, allora
è storia”.
Ignoranza – Agamben si
congeda nella raccolta “Nudità” con l’auspicio di una semiosi e
un’epistemologia dell’ignoranza – due paginette che intitola “L’ultimo capitolo
della storia del mondo”. Invece di ributtarla nel rimosso. Paradossale
(ignoranza specchio e campo della scienza, etc.), ma non del tutto: l’ignoranza
non si impara come il sapere, ma come questa è un fatto. È il problema della tabula rasa. Che dunque c’è.
Infinito – Il nostro
olfatto può captare un trilione di odori, la vista molti milioni di colori,
l’udito almeno 350 mila suoni. C’è anche una dimensione fisica dell’infinito – variabile, diversificata.
Sia
a tre, a quattro, o a ventisei dimensioni, l’universo in cui viviamo può essere
uno degli infiniti. Niente osta, e tutto indica in questo senso. L’universo
eterno è assioma di Penrose, ma non è un’eccentricità, è perfino logico. L’universo in espansione è come dire che si espande
da zero all’infinito, dopodiché provoca un altro Big Bang? Perché no.
Oportet – “Occorre,
bisogna, conviene, è necessario, è opportuno” nel Mariotti. L’una cosa e
l’altra, e l’altra.
Tutti ci vogliono bene, in linea di
principio, e noi stessi abbiamo stima di noi. Non è vero, ma oportet figurarsi che lo sia. E questo è
già una maniera di volersi bene, tutti insieme appassionatamente nell’errore –
la bugia, la falsa credenza.
Non è vero forse in nessun caso - mai
nella storia. E allora sorge la domanda: perché ce lo diciamo? Per confortarci.
Il mondo – il linguaggio – è un enorme pettegolezzo, onnivoro, antropofago, cattivo.
Ma noi vogliamo farcelo (rappresentarcelo) in un’altra maniera. Illegale non è,
illecito nemmeno. Non è vero, ma appunto che cos’è la verità.
Psicologia – “Lo
psicologismo conduce facilmente alla sfrontatezza”, polemizzava Thomas Mann.
Che non era un filosofo, ma la cosa sì.
Religione – Può darsi non
sia come Girard dice, che l’abbiamo inventata per disinnescare la violenza e
camuffarci, assassini cannibali in polpe (poiché, come si vede, al contrario,
la religione la violenza la promuove e la giustifica). Ma sempre una grande
invenzione è. Compresa quella di Chtulu, il pensiero mitico in genere, così
diffuso. Siamo consolativi al massimo, per l’istinto di sopravvivenza – come
nascessimo “machiavellici”.
Storia – La “banalità
del male” di Hannah Arendt è che la “lezione della storia”, da magistra vitae, è inerte, e anzi non c’è,
dove non c’è memoria, e capacità critica. Cioè quasi sempre.
“La storia è
dare un senso a ciò che non ne ha”, Theodor Lessing. Api operose
siamo, intente a dare un senso all’insensato. In automatico (per istinto) –
siamo nati per questo? Altrimenti sarebbe comunque inquietante.
Uguaglianza – È terreno e
veicolo dello status quo, mentale e dottrinale se non di fatto. Lo status quo è
più democratico oppure conservatore, anzi reazionario?
zeulig@antiit.eu