Alla pubblicazione tardiva, nel 1967,
“Eros e Priapo” sembrò senza senso, un po’ come “I Luigi di Francia”, al limite
del bislacco: una tiritera contro Mussolini.
Variamente definito a ogni piega in modo derisorio: la grancassa armonica del chitarrone italiano, il Bombetta, er Baffo, il Gangaride,
Piropolinice smargiasso, Ku-cè, il primo Racimolatore e Fabulatore ed
Ejettatore di scemenze e di enfatiche cazziate, il Poffarbacco, il Sozzo nostro, il Somaro principe, il Costruttore,
il Priapo Ottimo Massimo, il Super Balano o Priapo Invagina, Pirla,
Soprannumero Sopracciò, il Mugghiante, Batrace Tritacco, Bombarda di Tripoli e
Grecia, il Giuda-Maramaldo, il Paflagone-smargiasso, Priapo moscio, l’Appiccato
Carogna, il Gran Correggione del Nulla, il Fava, il Predappio-Fava, il Culone
in Cavallo, El Fava impestatissimo, il Batrace Stivaluto, il Priapo Tumefatto,
il Grinta, Priapo Maccherone Maramaldo, Gran Somaro Nocchiero.
Non un
elenco rabelaisiano, superlativo per accumulo, ma una ripetitività faticosa a
ogni pagina. Stucchevole,
per duecento e passa pagine. E più in
questa “edizione originale”, o prima redazione (quella del 1967 fu curata dallo
stesso Gadda), che è come dicono i curatori, “più violenta, sboccata e
oltraggiosa”. Fastidioso, tanto più sapendo Gadda un “antemarcia”.
Oggi si ripropone a una lettura -
riuscendo a superare l’ingombro mussoliniano - di angosce e teorie gaddiane:
una sorta di autoanalisi, dello scrittore con se stesso, paziente e terapeuta.
E anche di filosofia della storia, degli eventi che vive – sempre al suo modo, “atroce”
(probabilmente la parola più ricorrente,
naturalmente antifrastica, della corrispondenza, le conversazioni e le memorie).
È come dice Citati, forse il letterato che più lo ha frequentato e meglio
conosciuto, sul “Corriere della sera” lunedì: “Quando venne pubblicato per la
prima volta nel 1967, «Eros e Priapo» fu considerato
poco più di una bizzarria gaddiana. Oggi ci appare invece come un’opera capitale, dove Gadda esplora il
mondo: inventa la sua psicologia e sociologia e, sia pure per cenni, la sua
metafisica. Anche quando gioca e scherza, o finge di giocare e scherzare,
sottolinea il carattere conoscitivo della propria impresa: la «dolorosa,
disperata conoscenza», «l’analisi disinteressata»”.
Gadda
filosofo
Gadda tra le righe appare per ciò che
sempre fu, tra le esagerazioni dei suoi amici, fiorentini e romani, che ne
facevano il solito bozzetto, un personaggio, un eccentrico: uno che leggeva e
rifletteva molto, e a un certo punto ha scelto per esprimersi una prosa sempre
modellata. In una sorta di spersonalizzazione. Che gli derivava, è evidente
dalle tante prose autobiografiche, dalla coscienza di un io soverchiante del
quale voleva liberarsi, o comunque tenersi a distanza. Qui, come dice Citati, “in ogni pagina si avvertono uno
psicologo, uno psichiatra, un frenologo, un medico, uno storico delle
religioni, un economista, un ingegnere, un agricoltore, un perito delle cose morali,
un endocrinologo, un pediatra, un pedagogo, un dermosifilopatico, un filosofo,
uno studioso delle api e degli insetti”. Molto curioso ma sempre autopunitivo: “Dovunque
domina «quella preoccupazione, quell’angoscia, quella tenerezza per la verità
che spinge qualunque creatura sensata a vagliare cioè setacciare con vaglio e
setaccio le informazioni, le notizie: che spinge Tommaso a toccare la piaga del
Cristo, e che induce il Cristo a permettergli di toccarlo». Voleva applicare
tutti i modi, i metodi, le tecniche e le discipline della mente”.
Si
rilegge così “Eros e Priapo” come una riflessione sulla storia, la giustizia,
le masse, il nazionalismo, e molta psicopatologia freudiana, la sessualità, il
narcisismo, la schizofrenia, la dipendenza, le “latenze e non latenze” . C’è
pure l’amore: “Te, se ami, a un certo punto, di Io, te tu doventi Tu: (donde
entusiasmo, intuire, intuirsi): e devi intuarti in quella ch’hai tolto: o ch’ài
abbindolato. L’amore è flusso, o flussione,
scorrimento, o ρεΰμα, o rjeka, o ruma, o corrente, o ruina (da ruo)….”.
Con la misoginia, contro la “moltitudine-femmina” e la femmina in sé: le “scalmanate
mamillone” a ogni pagina inseguono il “Ku-ce” - che l’uomo, nell’“erotia
normale”, vogliono tacchino, “l’uomo-dindo”.
Citati malizioso lo rappresenta in subbuglio nel
1944 per paura di essere arrestato quale fascista. Il progetto del libro era
del 1941, attesta Citati. Ma fu scritto tra marzo e fine 1945, da un Gadda
vagante tra Firenze e Roma, senza casa e con la rendita paurosamente
assottigliata. Ma con le idee chiare. Il titolo variò: da “Eros e la banda” a “Il
bugiardone”, a “Eros e Priapo”. I modelli erano forti, quali li elenca Citati: “L’Inferno di Dante, i «Contes
drolatiques» di Balzac, il «Viaggio
sentimentale» di Sterne, «Laus vitae» di D’Annunzio; Aristofane, Plauto, Catullo, Giovenale e,
sopratutto, le grandiose immagini dell’«Apocalisse», che da tempo portava nella mente”.
La lingua goliardica
Le riviste cui Gadda
collaborava ne rifiutarono le anticipazioni perché, a suo dire, “oltraggiose”.
A novembre del 1948 rinunciò a cercare un editore, confidando a un
corrispondente: “Il manoscritto di «Eros e Priapo» deve essere in parte riscritto perché il testo non
sarebbe oggi pubblicabile. Bisogna riscriverlo, edulcorarlo da cima a fondo: e
ancora mi procurerebbe odî e seccature, processi e minacce”. La rivista “Officina”
ne pubblicò una sezione nel 1956-57.
Più di tutto il libello si fa leggere per la
lingua. È un testo intermedio, linguisticamente, tra i tinelli ambrosiani e lo
sbraco romanesco-meridionale del “Pasticciaccio”, che dopo “Eros e Priapo”
impegnò Gadda. La lingua avrebbe dovuto essere una
prosa toscana di tipo cinquecentesco, scriveva a un corrispondente nel 1945: “Una
contaminazione Machiavelli-Cellini, fiorentino odierno, con qualche
interpolazione dialettale”. In effetti ha le cadenze e i modi del fiorentino. Ma
- qui si vede meglio - assunto in forma distaccata e quasi goliardica, da
residente di lungo corso, che si piega occasionalmente, nei costrutti, negli
idiomi, nei vezzi, alla pratica quotidiana. La stessa maniera che poi
privilegerà nel “Pasticciaccio” nel romanesco e i dialetti meridionali, tanto
più godibili, leziosi forse, del romanesco studiato e legnoso – filologico? classista?
- di Pasolini.
Con una godibilissima nota
storico-filologica dei curatori, Paola Italia e Giorgio Pinotti, che raddoppia, quasi, la consistenza del volume.
Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo (ed.orig.), Adelphi, pp. 451 € 23
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