mercoledì 11 gennaio 2017

Contro Mussolini e contro le donne

Alla pubblicazione tardiva, nel 1967, “Eros e Priapo” sembrò senza senso, un po’ come “I Luigi di Francia”, al limite del bislacco: una tiritera contro  Mussolini. Variamente definito a ogni piega in modo derisorio: la grancassa armonica del chitarrone italiano, il Bombetta, er Baffo, il Gangaride, Piropolinice smargiasso, Ku-cè, il primo Racimolatore e Fabulatore ed Ejettatore di scemenze e di enfatiche cazziate, il Poffarbacco,  il Sozzo nostro, il Somaro principe, il Costruttore, il Priapo Ottimo Massimo, il Super Balano o Priapo Invagina, Pirla, Soprannumero Sopracciò, il Mugghiante, Batrace Tritacco, Bombarda di Tripoli e Grecia, il Giuda-Maramaldo, il Paflagone-smargiasso, Priapo moscio, l’Appiccato Carogna, il Gran Correggione del Nulla, il Fava, il Predappio-Fava, il Culone in Cavallo, El Fava impestatissimo, il Batrace Stivaluto, il Priapo Tumefatto, il Grinta, Priapo Maccherone Maramaldo, Gran Somaro Nocchiero.
Non un elenco rabelaisiano, superlativo per accumulo, ma una ripetitività faticosa a ogni pagina. Stucchevole, per duecento e passa pagine. E più in questa “edizione originale”, o prima redazione (quella del 1967 fu curata dallo stesso Gadda), che è come dicono i curatori, “più violenta, sboccata e oltraggiosa”. Fastidioso, tanto più sapendo Gadda un “antemarcia”.
Oggi si ripropone a una lettura - riuscendo a superare l’ingombro mussoliniano - di angosce e teorie gaddiane: una sorta di autoanalisi, dello scrittore con se stesso, paziente e terapeuta. E anche di filosofia della storia, degli eventi che vive – sempre al suo modo, “atroce” (probabilmente la parola  più ricorrente, naturalmente antifrastica, della corrispondenza, le conversazioni e le memorie). È come dice Citati, forse il letterato che più lo ha frequentato e meglio conosciuto, sul “Corriere della sera” lunedì: “Quando venne pubblicato per la prima volta nel 1967, «Eros e Priapo» fu considerato poco più di una bizzarria gaddiana. Oggi ci appare invece come un’opera capitale, dove Gadda esplora il mondo: inventa la sua psicologia e sociologia e, sia pure per cenni, la sua metafisica. Anche quando gioca e scherza, o finge di giocare e scherzare, sottolinea il carattere conoscitivo della propria impresa: la «dolorosa, disperata conoscenza», «l’analisi disinteressata»”.
Gadda filosofo
Gadda tra le righe appare per ciò che sempre fu, tra le esagerazioni dei suoi amici, fiorentini e romani, che ne facevano il solito bozzetto, un personaggio, un eccentrico: uno che leggeva e rifletteva molto, e a un certo punto ha scelto per esprimersi una prosa sempre modellata. In una sorta di spersonalizzazione. Che gli derivava, è evidente dalle tante prose autobiografiche, dalla coscienza di un io soverchiante del quale voleva liberarsi, o comunque tenersi a distanza. Qui, come dice Citati, “in ogni pagina si avvertono uno psicologo, uno psichiatra, un frenologo, un medico, uno storico delle religioni, un economista, un ingegnere, un agricoltore, un perito delle cose morali, un endocrinologo, un pediatra, un pedagogo, un dermosifilopatico, un filosofo, uno studioso delle api e degli insetti”. Molto curioso ma sempre autopunitivo: “Dovunque domina «quella preoccupazione, quell’angoscia, quella tenerezza per la verità che spinge qualunque creatura sensata a vagliare cioè setacciare con vaglio e setaccio le informazioni, le notizie: che spinge Tommaso a toccare la piaga del Cristo, e che induce il Cristo a permettergli di toccarlo». Voleva applicare tutti i modi, i metodi, le tecniche e le discipline della mente”.
Si rilegge così “Eros e Priapo” come una riflessione sulla storia, la giustizia, le masse, il nazionalismo, e molta psicopatologia freudiana, la sessualità, il narcisismo, la schizofrenia, la dipendenza, le “latenze e non latenze” . C’è pure l’amore: “Te, se ami, a un certo punto, di Io, te tu doventi Tu: (donde entusiasmo, intuire, intuirsi): e devi intuarti in quella ch’hai tolto: o ch’ài abbindolato. L’amore è flusso, o flussione,  scorrimento, o ρεΰμα, o rjeka, o ruma, o corrente, o ruina (da ruo)….”. Con la misoginia, contro la “moltitudine-femmina” e la femmina in sé: le “scalmanate mamillone” a ogni pagina inseguono il “Ku-ce” - che l’uomo, nell’“erotia normale”, vogliono tacchino, “l’uomo-dindo”.
Citati malizioso lo rappresenta in subbuglio nel 1944 per paura di essere arrestato quale fascista. Il progetto del libro era del 1941, attesta Citati. Ma fu scritto tra marzo e fine 1945, da un Gadda vagante tra Firenze e Roma, senza casa e con la rendita paurosamente assottigliata. Ma con le idee chiare. Il titolo variò: da “Eros e la banda” a “Il bugiardone”, a “Eros e Priapo”. I modelli erano forti, quali li elenca Citati: “LInferno di Dante, i «Contes drolatiques» di Balzac, il «Viaggio sentimentale» di Sterne, «Laus vitae» di D’Annunzio; Aristofane, Plauto, Catullo, Giovenale e, sopratutto, le grandiose immagini dell’«Apocalisse», che da tempo portava nella mente”.
La lingua goliardica
Le riviste cui Gadda collaborava ne rifiutarono le anticipazioni perché, a suo dire, “oltraggiose”. A novembre del 1948 rinunciò a cercare un editore, confidando a un corrispondente:  “Il manoscritto di «Eros e Priapo» deve essere in parte riscritto perché il testo non sarebbe oggi pubblicabile. Bisogna riscriverlo, edulcorarlo da cima a fondo: e ancora mi procurerebbe odî e seccature, processi e minacce”. La rivista “Officina” ne pubblicò una sezione nel 1956-57.
Più di tutto il libello si fa leggere per la lingua. È un testo intermedio, linguisticamente, tra i tinelli ambrosiani e lo sbraco romanesco-meridionale del “Pasticciaccio”, che dopo “Eros e Priapo” impegnò Gadda. La lingua avrebbe dovuto essere una prosa toscana di tipo cinquecentesco, scriveva a un corrispondente nel 1945: “Una contaminazione Machiavelli-Cellini, fiorentino odierno, con qualche interpolazione dialettale”. In effetti ha le cadenze e i modi del fiorentino. Ma - qui si vede meglio - assunto in forma distaccata e quasi goliardica, da residente di lungo corso, che si piega occasionalmente, nei costrutti, negli idiomi, nei vezzi, alla pratica quotidiana. La stessa maniera che poi privilegerà nel “Pasticciaccio” nel romanesco e i dialetti meridionali, tanto più godibili, leziosi forse, del romanesco studiato e legnoso – filologico? classista? - di Pasolini.
Con una godibilissima nota storico-filologica dei curatori, Paola Italia e Giorgio Pinotti, che  raddoppia, quasi, la consistenza del volume.
Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo (ed.orig.), Adelphi, pp. 451 € 23

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