L’Epa,
l’agenzia americana per l’ambiente, che ha messo sotto accusa la Fca, fu creata
da Nixon nel 1970. È un’agenzia politica, come del resto tutta la protezione ambientale,
con un forte potere di controllo e un grosso budget di spesa, e una delle prime
nomine nel nuovo presidente americano ha riguardato proprio la presidenza dell’Epa. Non è neppure un caso che i suoi interventi più cattivi siano stati sui motori diesel, specialità tedesca e italiana: rovinare un concorrente rientra nell’etica americana.
Era
stato Nixon, il presidente poi discreditato, a tenere a battesimo la protezione
dell’ambiente l’anno prima, uno dei suoi primi atti da presidente. Subito dopo
l’elezione, nel
‘68, aveva sollevato il problema dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua,
affidandone la soluzione alle industrie. Due ani dopo le
compagnie petrolifere, chimiche e automobilistiche si contendevano gli spazi
pubblicitari in America per celebrare l’Earth
Day, una festa annuale della terra,
che le aveva nuovamente arricchite. Altrove, e nella stessa America, la
protezione ambientale ha peraltro presto favorito anche un sottobosco associativo e affaristico di
vastissima portata – tanto quanto è inefficiente e anzi nocivo.
Nixon
aveva visto giusto: era un business di enorme portata. E tale è rimasto per
questi cinquant’anni. Molti programmi, molte conferenze, piani di spesa sempre
più massicci, con poco o nessun esito. Anzi con la moltiplicazione degli scarichi
e gli scarti velenosi. Delle grosse cilindrate, con i pick-up urbani e i suv. Del
packaging, a cui si devono due terzi dei rifiuti, con la scusa dell’igiene. Si sono
messi in produzione in Nord America gli scisti bituminosi per fare petrolio, l’attività
mineraria più inquinante, più del carbone. Il parco macchine è più che triplicato, il
trasporto per ferrovia si è ridotto, le ferrovie urbane sono diventate troppo
costose.
Si
dice che la politica ecologica, se non ha fatto regredire l’inquinamento, ne ha
evitato una crescita ancora più mostruosa, ma questo è da dimostrare. Da
dimostrare cioè che i benefici sono stati rispondenti ai costi.
Si
sono moltiplicate le Agenzie regionali per la protezione ambientale, Arpa. A
nessun effetto, se non la distribuzione di stipendi e consulenze per architetti
e ingeneri, con comodi uffici in tutte le province italiane, per lo più deserti
– provare per credere, valgono la passeggiata. Agenzie analoghe sono state
create in molte città, in Toscana, in Emilia. Piene di imboscati, che non sanno
nulla di quello che dovrebbero sapere - basta provarsi a fare una pratica per
lo smaltimento dell’amianto – e volentieri vi si trasferiscono per poter non
fare nulla, nemmeno bollare le carte.
Arpa
e agenzie comunale non sanno nemmeno fare la raccolta diversificata dei
rifiuti. Si fa nominalmente, per beneficiare dei fondi appositi, ma a nessuno o
scarso riutilizzo. Si è moltiplicato il business del disinquinamento.
Soprattutto dei depuratori delle acque. Che sono per la maggior parte inutilizzati-abili,
e quelli che funzionano inefficienti e insufficienti.
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