martedì 24 gennaio 2017

Il colpo di coda della finanza laica

Si può leggere l’arrocco di Mediobanca-Generali come una controffensiva  della finanza laica. Del  vecchio “salotto buono” milanese contro Intesa pigliatutto, il bulldozer creato dall’amministratore del vescovo di Brescia, Giovanni Bazoli, sull’ex impero di Cuccia. Che in estate è arrivato infine, alla presa del “Corriere della sera”. Una sconfitta che più della Commerciale brucia in Mediobanca.
Mediobanca non poteva più permettersi il “Corriere della sera”. E non potrà permettersi Generali, come ha annunciato, dopo una vita. La rete di protezione che Mediobanca si è costituita con i francesi non è bastata. Anzi, Intesa aveva ultimamente buon gioco a proiettare la finanza francese all’assalto di Generali, con Axa e non più con i Bolloré, e a prospettare una mossa difensiva nazionale.
La partita si gioca ora scoperta. Ma Generali più di Mediobanca ha la forza per opporsi. Tanto più che ne va della sua vita: il disegno “nazionale” di Intesa, di caratteristico cinismo (ha cannibalizzato tutte le entità che ha artigliato, non ne ha salvata una), è di fare del colosso di Trieste uno spezzatino, vendere, lucrarci.
Generali era nel mirino di Bazoli già negli anni 1990. Allora l’integralismo del banchiere bresciano lo costrinse alla ritirata. Avrebbe dovuto unire le forze con Banca d’Italia, allora secondo azionista a Trieste dietro Mediobanca, governata da Fazio, altro banchiere confessionale. Bazoli non sopportava Fazio, una sorta di concorrente nello stesso campo, non ne sopportava la pretesa di arbitrare gli assetti finanziari. Ma la collisione con Banca d’Italia lo costrinse alla ritirata, seppure senza perdite – l’eiezione di Fazio arriverà tardiva su questo fronte..

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