Un centinaio di opere
collezionate dal museo di Trento e Rovereto, datate lungo tutto il Novecento e
fino al 2005, su temi mediterranei. Che siano archeologia, miti, segni di qualsiasi
foggia, scrittura. Fino al nodo – quindici anni fa – dei migranti, che poi
sarebbero diventati massa imane. Con molti bei reperti. De Pisis, De Chirico
naturalmente e Savinio (“Ulisse e Polifemo”), Guttuso (un ritorno alle origini
erotizzante, Jodice (un’emozionante emulsione della “Via Colonnata e il
Tetrapylon” di Palmira), Kiefer (un mare procesloso, prodromo delle stragi recenti,
con almeno tremila africani inghiottti dalle sua acque).
Una mostra a tema fra le più ricche e
meglio costruite. In un piccolo museo decentrato, una villetta fine Ottocento fuori
dallo scalo dei ferry, dopo san Salvatore dei Greci, sulla strada verso i sobborghi
del Capo Faro, dai nomi certo evocativi, Pace, Paradiso. Messina non le ha trovato
collocazione migliore. Forse perché se ne vergognava – si vergogna di non averci
pensato essa stessa? Del resto, l’ex museo provinciale ospita da sempre senza
lustro due meravigliosi Antonello, almeno due Caravaggio, forse tre, da non
buttare, e un ottimo Mattia Preti, con la “Madonna della Lettera”, patrona di
Messina – eredità della collezione Ruffo (Ruffo della Scaletta), la più importante
in italia nel Cinque-Seicento, poi dispersa nel Settecento.
Mediterraneo
luoghi e miti. Capolavori del Mart, Messina, Museo regionale
interdisciplinare, ex filanda Barbera-Mellinghoff
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