sabato 28 gennaio 2017

Il mondo com'è (292)

astolfo

Acqua – Consigliata e anzi prescritta dai medici “almeno due litri al giorno”, l’acqua si riscopre ora dannosa e perfino mortale, se bevuta in eccesso. La medicina va per tormentoni, non è cambiato nulla? Ora tutti antibiotici, ora niente antibiotici, ora correre ora non correre, ora acqua, ora no. Si fanno campagne contro il Dhmo, Di-Hydrogen-Mon-Oxide, , il monossido di idrogeno, detto acqua. Il web è pieno del caso della donna inglese che ha rischiato al vita per aver bevuto troppo tisane. Qualche anno fa alla maratona di Boston un concorrente su otto risultò affetto da ipobatriemia, dopo aver rischiato il collasso in corsa: la troppa acqua ingerita ne aveva diluito rischiosamente il sangue. Scrivendo nel 1953 un omaggio all’archeologo tedesco Ludwig Curtius, “Storia dello spirito tedesco”, il filologo Giorgio Pasquali ricorda che l’acqua era proibita in Germania. Comincia rievocando il padre di Curtius, il medico Ferdinand, il quale, “grande amico della natura”, insegnava, come Rousseau, “che si devono sopportare stoicamente fame e sete”. Anzi, “era convinto che il bere acqua fosse superfluo e nocivo all’organismo, come ne sono ancor oggi persuasi molti Tedeschi, medici e non”. Pasquali ne fa esempi terribili. “Ogni Italiano, in Germania, soffre non scorgendo sulla mensa di famiglia né bottiglia né bicchiere, e io so di figli fiorentini di mamma tedesca a cui durante l’estate, che qui a Firenze è così calda,  così umida, così soffocante veniva negato ogni conforto liquido”.
Ci sono cicli nella filosofia della salute. Ma, a differenza di ogni altro pensiero, si ritengono di volta in volta tassativi. La medicina reputandosi una scienza, quindi incontestabile.

Globalizzazione – Ha ridotto le disuguaglianze, notevolmente. Ha introdotto il mondo, in buona misura anche la derelitta Africa, ma soprattutto l’Asia e l’America Latina, alla ricchezza – al capitalismo, all’accumulazione (arricchimento), alla produzione del reddito invece della stagnazione. Un paio di miliardi di persone sono uscite dalla stagnazione e la povertà. Trent’anni fa le allora “economie emergenti” , ex sottosviluppate, contavano per un terzo del pil – a parità di potere d’acquisto – del G 7, il gruppo dei sette paesi più industrializzati o ricchi. Oggi hanno il G 7 e il resto del mondo hanno peso uguale.

Lingue – Quante parole in una lingua? Borges calcolava nel 1927, “L’idioma degli argentini”, 60 mila parole per lo spagnolo - cifra che considerava eccessiva, cioè poco utile. E 34 mila del francese. Ma sono calcoli approssimativi. Luca Lorenzetti, “L’italiano contemporaneo”, calcola per l’italiano fra 215 e 280 mila unità lessicali (lessemi). Senza contare le coniugazioni e le declinazioni, i plurali, i plurali del genere (molti aggettivi ne hanno quattro maschile\femminile e singolare\plurale). Comprendendo queste forme, Lorenzetti stima in più di due milioni “il numero delle parole dicibili e scrivibili in italiano”.
Lo stesso linguista ricorda per di più che dei circa 260 mila lessemi costituenti il patrimonio lessicale dell’italiano, oltre 50 mila hanno più di un’accezione, oltre 27 mila hanno più di due accezioni, oltre 9 mila hanno più di cinque accezioni, 100 hanno più di 20 accezioni, una decina più di 30…
L’inglese ne ha tre volte tante: i 23 volumi dell’Oxford English Dictionary registravano vent’anni fa  più di 615 mila parole definite.
Al 2010, secondo il texano Global Language Monitor, l’inglese aveva un milione di parole, il cinese cantonese 500 mila, l’italiano 300 mila, lo spagnolo 250 mila, il francese solo 100 mila. Che però non si reputa meno espressivo.
Non si fanno i conti per il tedesco, che le parole usa spesso anche composte, e scomposte.

Lutero – Ribelle per caso, si è detto nella celebrazione cinquecentenaria, ribadita per la visita del papa alla federazione luterana in Svezia. E anzi controvoglia, costretto dalla cecità della chiesa. Mentre lo era di vocazione. E non lasciò il convento per la preghiera o la meditazione ma per l’azione, per la seconda metà della sua vita, da Wittenberg alla fine. Questa viene sottaciuta, in chiave ecumenica, che smussa e lima. Ma Lutero fu un condottiero, sebbene di poca arte e poca fortuna.
“I predicatori sono grandi assassiniperché sobillano alla rivolta e poi incitano l’autorità a punire i ribelli. Nella sommossa ho ucciso tutti i contadini. Ma rovescio la responsabilità su Nostro Signore che mi ha ordinato di parlare”. Questo non è Rabelais o Simplicissimus, né il diavolo: Lutero lo soleva dire, dieci anni dopo aver inforcato come moglie legittima l’ex monaca cistercense Katharina de Bora nell’anno fausto 1525. Lo stesso nel quale i suoi principi trafissero in battaglia, e accecarono, afforcarono, decapitarono, bruciarono vivi centomila contadini. Col pericolo che la Germania restasse senza patate. È Lutero epicureo dei “Discorsi a tavola”, che nega a Erasmo il libero arbitrio e poi dice: “Perfino Dio non può nulla senza uomini saggi”, alludendo a se stesso, i profeti anzitutto profetizzano di sé.

Antisemita convinto, e non perché gli ebrei considerasse deicidi.  Biblista e tutto, gli ebrei, diceva, leggono attraverso la merda. Famosa la sua “prova”: non so se gli ebrei uccidono i bambini e avvelenano le acque, però so che se lo potessero fare non gliene mancherebbe la volontà. Lutero è feroce sullo sradicamento degli ebrei che poi Hitler attuerà, l’Ausrottung, la parte che non si traduce del lungo trattato “Degli ebrei e le loro menzogne”: “Sono cani assetati del sangue della cristianità, e assassini di cristiani per volontà accanita, e poiché hanno provato un piacere immenso nel farlo, sono stati spesso giustamente bruciati vivi, rei d’avere avvelenato l’acqua e i pozzi e rapito bambini che poi furono smembrati e tagliati a pezzi”.
Una Ausrottung che Adriano Posperi, nella lunghissima introduzione alla traduzione Einaudi, s’ingegna di addossare agli altri cristiani.

Fino a Lutero i tedeschi erano teneri e mistici, virginali, golosi di litanie. È dopo che si sono messi sulla strada di Odino, Thor e Baldur, col Walhalla e i fuochi-forni – dopo le troppe guerre di religione.

Populismo – “È una parola fuorviante”, dice il papa a “El Paìs”, “perché il populismo in America Latina ha un altro significato. Lì significa che i popoli sono protagonisti, per esempio, i movimenti popolari. È un’altra cosa…”. I movimenti di base. E quelli politici, da Peron a Chavez, e incluso Castro, cioè antidemocratici?

Ma l’accezione che il papa introduce nella voce può spiegare il successo di Trump malgré Trump, con tutti i limiti dell’uomo cioè: una rivolta dell’America profonda contro l’establishment, che Hillary Clinton impersonava, e la stampa unanime che tuttora la asseconda: di buone intenzioni che coprono il peggiore sfruttamento della storia postbellica – dell’Occidente beninteso. A favore non più di una classe, di un ceto sociale, comunque permeabile, ma delle fortune di pochi speculatori.  

astolfo@antiit.eu

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