Opera prima a 25 anni, nel 1950-51, di
uno Zolla ancora non mistico, seppure minacciato dalla tubercolosi, questo
“Minuetto all’Inferno” fu pubblicato nel 1955 nei Gettoni Einaudi, con una
inedita messa in guardia del curatore della collana, Elio Vittorini: “Non so,
francamente, quanto valga questo romanzo (“satanico”)”. Pubblicato, sembra di
capire, per obbedienza massonica. Dopo che era passato al vaglio, per tre
lunghi anni, dei migliori lettori di Einaudi, tra essi Calvino e Fenoglio. Ma
tra essi c’era anche Fruttero, che questa Torino diabolica rifarà in abiti
civili, insieme con Lucentini, nella fortunatissima “La donna della domenica” e
in altre narrazioni, non edificanti, della ex capitale.
Questa la scheda che Vittorini premise
alla pubblicazione: “È un filone di letteratura che mi riesce inesplicabile:
quello in cui si avverte, deliberata, l’azione speculativa dell’intelletto,
come quando vediamo, a una radioscopia, il bario percorrere i visceri che vuol
rivelarci”. A lui, continuò, non piaceva: “Specie poi se si tratta della
sottospecie che ama sataneggiare io precipito in uno stato di allergia”.
Quindi: “Così ora non so…” Per concludere: “Ma è solo cervellotico o libresco?
Oha, in qualche modo, una sua validità realistica, una sua storicità, per oggi?
Nel dubbio lascio che sia il pubblico a giudicare”.
I lettori apprezzarono e il libro vinse lo Strega
opera prima, per virtù propria come usava allora e non per torte editoriali. Ma
è anche il libro di Zolla che meno ha circolato, e anche questa edizione sembra
già introvabile. Malgrado la ricostruzione della vicenda editoriale del libro
che Grazia Marchianò premette, ed è un altro romanzo. Calvino non si opponeva
alla pubblicazione, “purché poi lo si possa
presentare per la vecchia letteratura che è”. E siamo già nel 1953.
L’anno dopo era di turno Fruttero, cattivo senza remissione: il romanzo è “cupamente fantasticante”, “un incubo puramente
libresco”, “un libro… brutto e arcaico, presuntuoso e inattuale, cervellotico e
ingiustificato”.
La storia è di personaggi amorali o che
si ritengono tali, tra essi una fattucchiera, un figlio timido di padre
uxoricida, una coppia lesbica. Fluttuanti su una città dai gangli oscuri, dai
comportamenti eterodossi, con uso di droghe, orge da salotto e matrimoni di
calcolo, omicidi, suicidi, morti accidentali, aborti. Un romanzo molto alla
Huysmans, decadentismo pieno. Con un assaggio della gnosi che Zolla avrebbe
analizzato e coltivato. Già in apertura del romanzo, “Prologo in cielo”, con un
Demiurgo (“dittatore”), il Diavolo, e gli angeli, “bei giovani, abbronzati,
forti” – il Diavolo è un bel massone, come a Zolla piecevano, col pizzetto
curato, profumato, lettore di “Bouvard e Pécuchet”. Poi in lunghi dialoghi,
poco appetitosi. Ma, più veloci, personaggi, luoghi, atmosfere, perfino la
gnosi e il plot, sono i materiali che
che Fruttero metterà a frutto con Lucentini qualche anno dopo.
Lo stesso Zolla, malgrado la gnosi, prelude
al passaggio. Che in esergo alla seconda parte mette gli ingredienti proustiani
del “Santeuil”: “In quanto al regno dello spirito, egli lo
immaginava come sovrapposto alla terra, ma senza che dalla terra vi penetrasse
mai nulla, eccetto i profumi, la pietà, la corruzione, la malinconia, e i
gatti”.
Elémire Zolla, Minuetto all’inferno, Aragno, pp. 256 € 14
Elémire Zolla, Minuetto all’inferno, Aragno, pp. 256 € 14
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